La percezione olfattiva sullo sfondo di desideri, conflitti e controllo sociale nell’Europa del Sette-Ottocento
di Gioacchino Toni
Alain Corbin, Storia sociale degli odori, Bruno Mondadori, Milano 2005, pp. 332, € 15,00
L’elevata quantità di studi relativi alle modalità percettive visive ed uditive, contribuisce a rendere del tutto “normale” che si continui ad indagare in tali direzioni. Se non proprio stupore, almeno una certa curiosità, è invece destinata a suscitare una dettagliata analisi relativa ai mutamenti subiti dalla percezione olfattiva nel corso del tempo. L’uscita in lingua italiana del testo Les miasme et la jonquille di Alain Corbin rientra a pieno titolo in quella categoria di studi “insoliti” che dovrebbero non mancare di risvegliare un certo interesse tra coloro che assegnano un ruolo importante alle ricostruzioni della vita quotidiana e dell’immaginario nell’analisi storica di società, culture e classi sociali.
Lo studio dei sensi si è storicamente sviluppato secondo una certa gerarchia; è certamente lo sguardo ad aver focalizzato l’attenzione degli studiosi sull’onda del grande sogno panottico e nel suo legarsi all’estetica. Inoltre, la società contemporanea sembra caratterizzarsi da una vera e propria ipertrofia visiva, pertanto, come dicevamo, appare del tutto normale il primato concesso allo sguardo anche nelle trattazioni recenti.
Se udito e vista sono stati spesso trattati con attenzione dai filosofi, riaffermando il pregiudizio platonico, tatto ed olfatto sono stati storicamente relegati ai livelli inferiori della gerarchia sensoriale umana. L’olfatto è stato di fatto svalutato e considerato poco utile nella vita sociale. Inoltre, l’impressione olfattiva, nel suo risultare discontinua e fugace, ostacola la memorizzazione e la comparazione. Storicamente, tra gli stessi studiosi è a lungo serpeggiato il timore (più o meno inconscio) che l’acutezza olfattiva, ed il prestarvi eccessivo interesse, significasse in qualche modo “ridurre l’uomo all’animale”, ad uno stato precedente la civilizzazione.
Lucien Febvre, che ha inaugurato (anche) lo studio della storia della percezione olfattiva, ha avuto modo di sottolineare come la crescente importanza riservata allo studio dell’aria da parte della chimica e dalla medicina infezionista, abbia comportato un atteggiamento di inquietudine nei confronti degli odori avverti come anticipatori di una potenziale minaccia. Successivamente, però, l’attenzione olfattiva non si è limitata a vigilare sul rischio di infezione, ma si è preoccupata di verificare lo stato di dissoluzione dell’essere umano a partire dal monitoraggio olfattivo del corpo.
Sin dall’antichità l’intensità degli effluvi viene vista come segno di “intensa animalità”, di vigore dell’individuo (es. la capacità di seduzione viene considerata maggiore in chi poco “snatura” il proprio corpo con pratiche di pulizia), dunque si spiega una certa ritrosia all’igiene personale, tanto che sul finire del Settecento non mancano neppure vere e proprie messe in guardia nei confronti del “lusso della pulizia”. Sempre secondo tradizione, si ritiene anche che l’eccessivo fetore sia segnale di negatività (San Filippo Neri, ad esempio, individua le anime destinate alla dannazione dal tanfo emanato dal peccatore).
Alla vigilia della Rivoluzione francese il tema dell’attrazione e della repulsione degli odori altrui è ricorrente nella letteratura ed è sempre nel corso del Settecento che si sviluppa l’ossessione per l’accalcarsi dei corpi nei bastimenti, nelle carceri e negli ospedali. Tale inquietudine per l’assembramento umano riguarda successivamente l’abitazione operaia cittadina e le discussioni sull’insalubrità dell’habitat lavorativo. In quest’ultimo caso, a creare repulsione non sono tanto le condizioni lavorative infernali, quanto piuttosto la calca umana: «a terrorizzare è l’odore dei corpi ammassati, non quello dei corpi sottoposti al lavoro».
È sull’onda di tali riflessioni che Alain Corbin sviluppa la sua ricerca sul mutamento settecentesco della percezione olfattiva, in particolare a partire dalle suggestioni ricavate dalla lettura delle Mémories di Jean-Noël Hallé (primo titolare della cattedra d’igiene pubblica istituita a Parigi nel 1794), in cui sono narrate le rilevazioni olfattive eseguite lungo la Senna e la “lotta per la deodorizzazione” da lui condotta. «Scoprire i flussi che costituiscono la trama olfattiva della città, equivale a reprimere i reticoli miasmatici attraverso i quali si infiltra l’epidemia. Da questa nuova ottica dello spazio urbano trarrà origine, ma solo in un secondo tempo, una nuova lettura della società. […] Spetterà al XIX secolo di dar vita a questa nuova lettura, e la strategia che verrà allora applicata istituirà una netta separazione tra borghese deodorato e popolo infetto».
Lo studio di Corbin rivela come attorno alla metà del Settecento sia sopraggiunto un mutamento epocale nelle modalità di percepire gli odori. Una volta individuata tale trasformazione percettiva, l’autore parte alla ricerca delle motivazioni sociali che stanno dietro a tale metamorfosi analizzando attentamente le diversità nei comportamenti percettivi all’interno della società.
Il saggio di Corbin risulta avvincente come un noir ambientato tra i miasmi urbani ed il nauseabondo ordine sociale perseguito con ogni mezzo necessario. La narrazione del modificarsi della percezione degli odori procede, capitolo dopo capitolo, presentando tasselli di immaginario e di quotidianità, oltre che della forma mentis che guida le ricerche scientifiche, in grado di fornire al lettore una dettagliata mappatura dell’epoca.
Scrive l’autore relativamente a quello che individua come trasformazione epocale della percezione olfattiva: «tra il 1760 ed il 1840, l’igienista è promosso al rango di eroe che “sfida le più tenaci ripugnanze”, premessa di quell’ “immensa ode della pulizia” cantata dall’Ottocento. Con ogni evidenza la rivoluzione olfattiva non poteva che passare per l’epopea del nauseabondo, per i res gesta della cloaca, per la palude di discorsi consacrati alla sozzura con lo scopo di abolirla. Il malessere frutto dell’iperstesia […] non poteva che essere temporaneo, in quanto implicava la creazione di un ambiente deodorizzato: il nostro. Ed è un’idea stimolante quella che il processo sia stato indotto dalla storia politica, vale a dire la creazione di uno stato forte, premessa per una nuova gestione dell’escremento.»
L’affermarsi del concetto di persona e di una nuova spazialità del corpo possono essere viste come cause di quella “privatizzazione” dei rifiuti e degli odori che ha avuto un ruolo importante nella crescita delle intolleranze. «Il fatto che gli odori dell’io siano stati meglio definiti, più intensamente avvertiti, non poteva non accentuare la repulsione per gli odori dell’altro». Lo studio della percezione degli odori si rivela uno strumento importante nell’analisi sociale, un terreno di ricerca troppo a lungo accantonato al pari del depotenziamento olfattivo nell’essere umano. L’habitat ed i corpi dell’essere umano occidentale sono divenuti ai giorni nostri sempre più asettici o profumati, tutto ciò non ha finito soltanto per minimizzare la componente istintiva dell’individuo, ma per regolamentare la sfera sensoriale e desiderante. La Storia sociale degli odori di Alain Corbin ha il merito di indagare l’immaginario di un’epoca (Sette-Ottocento) che ha fornito le basi su cui si è strutturata la contemporaneità. Un approfondimento plurisensoriale della storia sociale dei secoli XVIII e XIX aiuterebbe a comprendere lo stato di cose presenti.
Indice del testo:
Introduzione di Piero Camporesi
Prefazione
I. Rivoluzione percettiva ovvero l’odore sospetto
1. L’aria e la minaccia putrida
Uno spaventoso brodo
Gli odori della corruzione
2. I poli della vigilanza olfattiva
La terra e l’archeologia del miasma
La palude delle sanie
3. Le emanazioni sociali
L’odore dei corpi
La gestione del desiderio e della repulsione
La sentina e gli odori della città malata
4. Ridefinire l’insopportabile
L’abbassamento delle soglie di tolleranza
L’antico alibi terapeutico
L’incriminazione del muschio
Il deprezzamento dell’aroma
5. Il nuovo calcolo del piacere olfattivo
Il piacere e l’acqua di rose
Il profumo di Narciso
II. Purificare lo spazio pubblico
1. Le strategie della deodorizzazione
Selciare. Drenare. Ventilare
Sfoltire. Disinfettare
I laboratori delle nuove strategie
2. Gli odori e la fisiologia dell’ordine sociale
La breve età d’oro dell’osmologia e le conseguenze della rivoluzione lavoiseriana
L’utilitarismo e gli odori dello spazio pubblico
La rivoluzione dei cloruri e il controllo dei flussi
3. La politica e le nocività
L’elaborazione del codice e il primato dell’olfatto
L’apprendistato della tolleranza
III. Odori, simboli e rappresentazioni sociali
Cabanis e il senso delle affinità
1. Il puzzo del povero
Le secrezioni della miseria
La gabbia e la tana
Sgrommare il miserabile
2. «Il fiato della casa»
La fobia dell’asfissia e l’odore ereditario
Le esigenze degli igienisti e la nuova sensibilità
I gesti e le norme
3. I profumi dell’intimità
«La pulizia perseverante»
Il sapiente calcolo dei messaggi corporei
Le brevi oscillazioni della storia della profumeria
4. L’ebbrezza e il flacone
Il respiro del tempo
Il turibolo dell’alcova
Una nuova gestione dei ritmi del desiderio
5. «Risate in sudore»
La difficile battaglia contro l’escremento
Due concezioni dell’aria
Le virtù della sporcizia
Il libertinaggio del naso
Finale. «Gli odori di Parigi»
Il declino delle mitologie prepasteuriane
Il circuito ermetico o il torrente
Il ristagno o la diluizione
Epilogo
Conclusione