di Giuseppe Genna
I prestigiosi Archives of General Psychiatry pubblicano nell’ultimo numero i risultati di una ricerca governativa USA che ha dello sconvolgente. Si tratta degli esiti di uno studio effettuato per dodici mesi su circa diecimila soggetti maggiorenni ambosessi (9.282, per la precisione). I risultati sono sconfortanti nella stessa misura in cui appaiono inquietanti. Dopo raffinate tare statistiche e approntando protocolli di controllo assai selettivi, gli studiosi si sono trovati a fronteggiare un verdetto che vale mille accuse alle politiche di condizionamento mentale attuate negli Stati Uniti. Dalla ricerca, condotta da specialisti delle più importanti università e istituzioni psichiatrice d’America, emerge che metà della popolazione USA è affetta da disturbi mentali. Sembra uno scherzo, non lo è affatto.
Parla chiaro infatti l’assoluta qualità del board di ricercatori: Department of Health Care Policy, Harvard Medical School, Boston; Division of Pharmacoepidemiology and Pharmacoeconomics, Department of Psychiatry, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School; New York State Psychiatric Institute, College of Physicians and Surgeons of Columbia University, New York; University of Pittsburgh, Pittsburgh; Department of Psychiatry and Biobehavioral Sciences, University of California, Los Angeles.
Le conclusioni farebbero impazzire una nazione, che però risulta essere già impazzita. Utilizzando gli strumenti dell’intervista clinica approfondita e dell’osservazione fenomenologica di eventuali disturbi mentali occorsi a parte del campione – disturbi classificati secondo gli obiettivi sta standard della World Health Organization -, i ricercatori americani sono arrivati a conclusioni destinate a fare epoca.
Le cifre infatti delineano un dramma collettivo di dimensioni mai prima riscontrate nella storia della psicologia. Il 41.1% dei soggetti del campione, nel corso dell’anno in cui la ricerca si è svolta, ha subito trattamenti tesi a limitare danni psichici di importante entità; il 12.3% è andato in cura da psichiatri; il 16.0% ha ricevuto cure psicoterapiche di varia natura; il 48.3% dei sottoposti a trattamento è risultato non ottenere benefici dalle cure mentali, mentre il 12.7% ha manifestato reattività alle terapie.
La ricerca del National Institute of Mental Health è la più completa intrapresa finora da un centro di studi del governo americano ed è destinata a fornire un nuovo metro di giudizio agli addetti ai lavori nei campi delle malattie mentali: “Il punto da ricordare è che i disturbi mentali sono altamente prevalenti e cronici”, ha dichiarato Thomas Insel, direttore dell’istituto federale che ha condotto lo studio puntando i riflettori sul fatto che “una buona percentuale delle vittime del ‘male oscuro’ negli Stati Uniti sono giovani”: della metà di americani vittima di disturbi mentali, il 50% ha cominciato ad manifestarne i sintomi a 14 anni e il 25% a 24 anni.
“I disordini mentali sono a questo punto la più imponente malattia cronica per la gioventù in America”, ha dichiarato Ronald Kesler, epidemiologo di Harvard e uno degli autori dello studio secondo cui “purtroppo all’avvento dei sintomi non fa riscontro una diagnosi precoce e men che meno una cura”.
I problemi piu’ comuni denunciati dai soggetti dell’indagine sono la depressione (17%) e l’alcolismo (13%). Sono risultate comuni anche le fobie (13%). Oltre un quarto degli interpellati ha denunciato un malessere assimilabile a un disordine mentale nel corso dell’ultimo anno.
Il rapporto del National Institute of Health incide sul dibattito, in corso negli Stati Uniti, sulla necessità di uno ‘screening’ di adulti e bambini per disordini mentali e anche sulla linea di demarcazione tra malattia e salute. Le risposte sono destinate ad avere un enorme impatto sui metodi di cura e, non ultimo, sul tipo di sindromi coperte dalle assicurazioni sanitarie. Secondo i ricercatori, il problema degli USA, a questo punto, risiede in una clamorosa sottovalutazione dell’ampiezza a cui è giunto il disagio psichico in tutta la nazione. Ciò comporta l’innesco di un drammatico circolo vizioso: sottovalutando l’enormità di un simile disagio, non vengono allestite unità di cura adeguate e non si promuovono programmi che permettano alla popolazione un accesso alla soglia terapeutica, in modo che il disagio, già quantitativamente esorbitante, è destinato a intensificarsi qualitativamente.
Del resto, basta considerare la persona che gli americani hanno spedito alla Casa Bianca. In questo caso, evidentemente, si tratta di autentica democrazia rappresentativa.