di Giuseppe Genna
La vicenda dello svelamento degli omissis nel rapporto della commissione americana sull’omicidio del povero Calipari, avvenuto il primo maggio scorso, assomiglia inquietantemente a un’evenienza medievale (il che è opportuno: stiamo vivendo forse una sorta di medioevo in chiaro). E’ come la storiella del ragazzino che, vedendo il re nudo, mentre tutti i sudditi tacciono per pudica paura, con gioiosa ingenuità urla ai quattro venti la scandalosa verità. In questo caso l’ingenuo ragazzino è tutt’altro che ingenuo e ragazzino, anche se i media di casa nostra lo dipingono per tale: si chiama Gianluca Neri [nell’immagine a destra], ha gli anni di Cristo quando morì, ha lavorato a Cuore, ha fondato lo storico portale web Clarence e oggi gestisce un popolarissimo blog (macchianera.net). Con un taglia & incolla di quelli che chiunque pratica in ufficio, ha levato le pecette al rapporto, sfondando il Fort Knox in cui gli Usa avevano rinchiuso l’estremo insulto a Calipari e all’alleato italiano.
Come la vicenda del bambino irriverente che urla alle pudenda del re, questa storia esprime una morale o, più credibilmente, ben più di una morale. Per esempio, ci insegna che oggi i re sono molti e sono tutti nudi.
Nudo è per esempio il monarca militare-tecnologico a stelle e strisce. Non tanto perché, in un frangente drammatico che vede scontrarsi due diplomazie, si permette di affidare a un operatore distratto il criptaggio di dati sensibili. Quanto perché si mostra nell’atto di evitare di dichiarare a tutto il pianeta che, essendosi intronato su un’arteria fondamentale che conduce all’aeroporto di Baghdad, subisce 166 attacchi settimanali da parte di una resistenza che i media sovrani relegano all’esercizio cruento delle decollazioni in video. Un bel controllo del territorio, non c’è che dire. E una chiara ammissione di quanto si fondi sulla completezza dell’informazione la democrazia federale mediatica più obesa del mondo. Il tutto è arricchito, al contrario che nei thriller di Tom Clancy, da una disarmante assenza di intelligence. I servizi americani possono avere intercettato Calipari che, a mo’ di battuta, diceva giorni prima della liberazione di Giuliana Sgrena che l’avrebbe riportata a casa in tempo per Sanremo, ma faticano a intercettare le carcasse di animali che arrivano su carretti ai check point con ordigni nascosti tra le interiora. Fa specie che la nostra stampa non si sia appuntata su questi dati sconcertanti, su questa vera verità svelata. Lo svelamento dei nomi degli assassini di Calipari è fortemente simbolico, oltre che reale, ma lo svelamento dei 166 attacchi settimanali è storia. Segnaliamo quindi di sfuggita che i media nazionali non hanno più nulla a che vedere con la storia. Sottolineiamo che il disvelamento delle regole d’ingaggio americane è un’operazione di controinformazione da fare girare la testa e che, quindi, i media tradizionali non hanno nulla a che vedere con la controinformazione, oltre che con l’informazione. Con cosa diavolo hanno quindi a che vedere i media tradizionali?
Scansioniamo il reale – il reale nudo, cioè. E’ nudo e vilipeso anche il re dei media, dunque, che sembra un sovrano ma in realtà è un vergognoso valvassino. Non soltanto i media, tradizionali e non, hanno cercato di denegare il fatto che fosse un blogger italiano il responsabile di questa surreale operazione da 007 ma, quando si sono trovati costretti a rivelare il nome del ragazzino 33enne, si sono esibiti finchè hanno potuto in acrobatici contorcimenti per evitare di pronunciare ciò che è potentemente simbolico in questa vicenda ingloriosa: le identità dei colpevoli della morte di Calipari (nomi simbolici perché c’è poco da illudersi sulla punibilità delle persone che rispondono a quei nomi…). La stampa radiotelevisiva e quella web hanno subìto una débacle storica. Il Primo maggio è festa dei lavoratori ma non dei navigatori del Web. Il controllo diffuso delle fonti, grazie alla Rete, non è solo in grado di riservare sorprese che interessano la Farnesina, ma getta un’ombra lunga sul sistema mediatico nella sua totalità. E’ soltanto un esempio, sebbene non marginale, del fatto che è attraverso la Rete che va componendosi un rinnovamento generazionale dei protagonisti della cultura — anche giornalistica — nel nostro Paese. Non esiste ormai più alcuna gerarchia consolidata: è tutto messo alla prova della pubblica interazione. Si agisce come in un’enorme gogna pubblica e si deve stare attenti. La precarizzazione sociale a cui siamo devastantemente sottoposti noi, ragazzini trentenni, giunge fino alle soglie dell’immaterialità e fa tremare l’etere: è tutto precario, basta un post o un sms per mandare a gambe all’aria la più solida delle certezze, com’era quella della supposta infallibilità tecnologica USA. Le notizie vengono passate a un vaglio anonimo e collettivo, il gossip si fa spesso pubblica tragedia, i segreti sono di Pulcinella e quello festeggia il carnevale in piazza davanti agli occhi di tutti. Nessuno è più al sicuro, soprattutto gli operatori del mondo comunicativo, messi sotto torchio dall’idea stessa della comunicazione, che si è violentemente rinnovata.
C’è un ulteriore simbolo da evidenziare in questa comica messa a nudo del re, e che pare inverare la profezia di Guy Debord. Nel 1988, introducendo i suoi Commentari alla società dello spettacolo, il filosofo francese additava nell’Italia l’esempio di una provincia dell’Impero all’avanguardia per quanto concerne i rapporti tra potere, comunicazione e rivoluzione culturale. Debord si occupava specificamente del valore del segreto e del complotto, la cui dittatura ben conosciamo nella nostra storia nazionale, che è sempre sembrata un’enorme cospirazione, di volta in volta sottoponibile a revisionismi e nostalgismi di ogni ordine e grado. L’atto compiuto da Gianluca Neri è simbolico in quanto, con tre clic di mouse illuministici e privi di ombre, cancella l’occultamento di una verità di Stato e svela una bugia internazionale. Se questo è il portato della rivoluzione culturale che si annuncia imminente, sarà il caso che corrano a mettere i sacchi di sabbia alle finestre coloro che ritengono di mistificare tutto a puntate, come in un thriller seriale, distorcendo e reinventando mefistofelicamente la storia, dalle foibe a Mattei a De Lorenzo ai Settanta. Sta sorgendo un sole su questo paese: non sarà magari quello dell’avvenir, ma certo illumina con estrema chiarezza ogni zona d’ombra.