…li ha spazzati via la grandine! Ancora da Trieste, ma stavolta è meteorologia operaia contro il meteorismo nazi. Gli Elementi si scatenano contro certi elementi. Forse un tal personaggio storico, tirato per la giacchetta con insistenza, si è leggermente rotto le balle… E ora se la ghigna :-) [WM1]
Dal “Piccolo” di Trieste del 26/04/2005
“Tito boia”. Poi grandine e pioggia li fanno scappare
Alla Foiba di Basovizza trecento naziskin e ultras da stadio hanno partecipato alla contromanifestazione del Gruppo unione difesa
Sono arrivati da Ravenna, Brescia, Vicenza, Verona, da Trento e dal Friuli.
Con loro tricolori con l’aquila, fasci littori e stendardi azzurri con la capra istriana
“Per noi è una giornata di lutto, onoriamo la Rsi, basta bugie partigiane”
Tuoni, lampi, pioggia, grandine, teste rasate, anfibi, e braccia tese nel saluto romano.
Ieri duecento naziskin a cui si sono aggiunti un buon numero di “ultras” da stadio, si sono radunati nella spianata che circonda la Foiba di Basovizza. Hanno celebrato a modo loro il 25 aprile, la festa della Liberazione. “Per noi è invece un giorno di lutto” ha affermato al microfono uno dei capimanipolo del “Gruppo unione difesa”, la sigla sotto cui si raggruppa l’estrema destra dell’estrema destra. Tanto destra che non vuol nemmeno essere definita tale.
Invece i simboli erano lì, chiarissimi, a dimostrare il marchio d’origine: aquilotti del ventennio, fasci littori, qualche tuta mimetica, magliette nere, richiami espliciti alla repubblica di Salò e alla Decima Mas, non quella del sommergibile Scirè e degli eroi di Allesandria, Gibilterra, Malta e Suda, ma quella al servizio dei nazisti dopo l’8 settembre 1943: operazioni sporche, eccidi, esecuzioni sommarie di partigiani, basti pensare a quella di Bassano del Grappa.
Per celebrare il loro giorno di lutto nella spianata di Basovizza, i naziskin sono arrivati da lontano. Ravenna, Brescia, Vicenza, Verona, Trento, ma anche Friuli. Questo dicevano le targhe delle automobili, delle moto e dei pullman posteggiati sul pietrisco e sulla landa carsica. Tricolori con l’aquila e il fascio di Salò, bandiere nere del Fronte veneto skinheads, striscioni dipinti amano, stendardi azzurri con la capra istriana.
La manifestazione è iniziata con qualche minuto di ritardo sull’orario annunciato. Poi l’ordine secco, da caporale in piazza d’armi: “Camerati inquadriamoci”. Si sono inquadrati, hanno alzato le aste con le bandiere verso il cielo, e il corteo si è mosso dal campo sportivo in direzione della Foiba sotto l’attenta sorveglianza di polizia e carabinieri. Poi mani pietose hanno deposto una corona d’alloro a poveri morti gettati nel pozzo delle miniera a guerra ormai conclusa. “Attenti, riposo, attenti”. Braccia tese, e prime gocce di pioggia. “Noi non dimentichiamo. Siamo noi un’altra Italia perchè crediamo negli eroi. Oggi è giorno di lutto nazionale”. La pioggia diventa scroscio. Il tuono si fa sentire dalle pendici del Cocusso. Acqua a catinelle. Tra la schiera di teste rasate, si aprono alcuni ombrelli. “Basta menzogne. Tito boia”. Inizia a grandinare. “Basta antifascismo e menzogne partigiane”. La grandine si fa sempre piu’ fitta. Le schiere e i manipoli sbandano, ognuno pensa a sè e corre ormai fradicio verso la propria vettura o il pullman e due piani. “Onoriamo la Rebubblica sociale”. Ma ormai la spianata è quasi deserta e i tuoni copronole parole.
Alcuni dei trecento mezz’ora più tardi, mentre il sole splende in cielo, entrano a Basovizza, si fermano davanti al ristorante Posta e ripropongono la loro analisi storico-politica-sociale. Nessuno li fronteggia, il silenzio è totale. Poi se ne vanno come sono arrivati. Anfibi, jeans, bomber neri, aquilotti. Le curve da stadio li attendono.