di Keith Harmon Snow
Il 26 novembre 2004 le stazioni televisive di Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), cominciarono a trasmettere allarmi secondo i quali era in corso un’invasione ruandese. Ciò faceva seguito a giorni di ripetute minacce da parte del presidente Paul Kegame di attaccare i ribelli Hutu con basi nella parte orientale della RDC. Fonti militari belghe e USA a Kinshasa dissero che almeno cinque battaglioni (dai 1.500 ai 3.000militari) erano penetrate nelle province del Kivu settentrionale e meridionale da cinque punti differenti. “Si tratta di una consistente avanguardia dell’esercito ruandese”, sostenne una fonte militare di Kinshasa. Mentre il governo del Rwanda continuava a negare l’invasione, il 4 dicembre 2004, a quanto riferito, 6.000 soldati ruandesi sono penetrati nella parte orientale della RDC, facendo di questa la terza invasione – per grandezza – del grosso vicino occidentale da parte del piccolo Rwanda.
Secondo il governo della RDC, soldati delle forze armate della RDC, all’inizio di dicembre, si sono scontrate in numerose località con le Forze di Difesa Ruandesi. Il Monitor, quotidiano ugandese, il 6 dicembre ha riferito che militari delle Forze di Difesa Ruandesi (FDR), che hanno passato illegalmente il confine con l’Uganda, si sono scontrati anche con soldati ugandesi. Il Monitor ha riferito che migliaia di profughi congolesi sono scappati in Uganda.
Secondo l’IRIN, l’agenzia stampa dell’ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli interventi umanitari, il 6 dicembre migliaia di civili congolesi sono fuggiti dalla provincia del Kivu settentrionale, denunciando esecuzioni e massacri di civili da parte dei soldati del FDR, che al loro passaggio hanno bruciato e saccheggiato ogni cosa. Il personale delle ONG nella regione si adopera per fornire il cibo a decine di migliaia di sfollati.
A queste denunce hanno fatto eco i gruppi guerriglieri ruandesi con base nella RDC. “Secondo nostre fonti cinque battaglioni ruandesi sono già nella RDC, pronti a creare confusione, “ha dichiarato Jean-Marie Higiro, ex capo dell’Esercito Democratico per la Liberazione del Rwanda (EDLR), “il governo Kagame continua a sponsorizzare le milizie ribelli nella RDC. Il regime di Kagame è in grado di continuare a influenzare le vicende interne alla RDC”.
Ha respinto le pretese, secondo cui l’esercito ruandese agirebbe per autodifesa: “Il Rwanda e gli eserciti, che agiscono nella RDC per suo conto, mantengono un cordone sanitario impenetrabile al confine fra il Rwanda e Congo”, sostiene Higiro, “come possono i ribelli hutu rompere questo cordone sanitario e attaccare il Rwanda e poi rientrare nella RDC senza essere intercettati?”
Higiro afferma che potenti interessi di Washington, fin dal 1989, hanno tracciato le linee generali della strategia, ora manifesta, dei Tutsi per l’annessione della parte orientale della RDC e che a Washington, DC, c’è una potente lobby tutsi.
L’ultimo tentativo del Rwanda di annettersi le province di Kivu della RDC, è stato definito “la terza guerra di occupazione del Congo orientale” dagli studenti congolesi, scesi a protestare il 4 dicembre per le strade di Kisangani. Nonostante le smentite ufficiali del Rwanda, i dirigenti ruandesi hanno di recente lanciato messaggi chiari. “Per avere la pace si deve fare la guerra”, ha dichiarato il 23 novembre il presidente ruandese Kagame agli osservatori della missione dell’ONU per il mantenimento della pace in Congo. “Ci stiamo preparando a far ritornare le nostre truppe nella RDC”, ha dichiarato il 25 novembre – secondo la Reuter – il ministro ruandese per la cooperazione regionale, Protais Mitali, “non possiamo stare a guardare mentre questi estremisti entrano nel nostro territorio”.
Il 26 novembre il corrispondente della Reuters a Kinshasa, David Lewis, ha riferito che l’esercito congolese ha detto alle Nazioni Unite che i suoi soldati si sono scontrati con militari ruandesi all’interno della RDC, benché _: secondo le fonti ONU di Lewis – le forze di pace dell’ONU non abbiano trovato alcuna traccia di combattimento. Lewis ha scritto che degli scontri ci sarebbero stati anche all’inizio di quella settimana.
A Kinshasa, per conto dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale il vecchio leader del Partito d’opposizione a Mobutu, Etienne Tshisekedi, ha rilasciato un comunicato che avverte che, se il Rwanda dovesse nuovamente invadere la RDC, il popolo congolese dovrebbe dimostrare contro la missione dell’ONU. A maggio e giugno del 2004 in tutta la RDC ci sono state imponenti manifestazioni, durante le quali mezzi della missione dell’ONU e case affittate a personale della missione sono state incendiate per protestare contro l’evidente fallimento della missione nella difesa della città di Goma da forze di invasione di gruppi ribelli filo ruandesi di stanza in Congo. Della missione dell’ONU in Congo non fa parte nessun soldato USA.
Gruppi guerriglieri ruandesi e ugandesi continuano a mantenere una presenza destabilizzante nella parte orientale della RDC: fra questi l’ex Force Armee Rwandais (FAR, l’ex esercito ruandese), Interahamwe (la milizia in massima parte responsabile del genocidio del 1994), le Forze Democratiche Alleate per l’Uganda (FDA) e l’Esercito popolare per il Riscatto (EPR). Il governo della RDC e la comunità internazionale non sono riusciti a attuare il processo di disarmo, smobilitazione e reintegrazione, richiesto dagli accordi internazionali di pace.
Il Rwanda ha ripetutamente minacciato di invadere la RDC per attaccare i ribelli hutu accusati di genocidio (Interahawe e ex FAR). I “genocidi” sono scappati dal Rwanda nel 1994 e si sono stabiliti nei campi profughi hutu nello Zaire orientale (come si chiamava allora la RDC) con l’aiuto della forza d’intervento francese (Operazione Turchese) e l’appoggio di Mobutu Sese Seko, al tempo dittatore del Congo da 32 anni. Il Rwanda ha sostenuto anche che deve difendere i Banyamulenge – i Tutsi congolesi – dal genocidio in corso.
La missione dell’ONU in Congo è iniziata dopo gli accordi di pace firmati a Lusaka, in Zambia, nel 1999.
I successivi accordi di pace del 1999 a Sun City, in Sud Africa, e i negoziati con i ribelli e le milizie presenti nelle regioni orientali della RDC avviarono un processo di pace sotto un governo transitorio unitario, che attuasse il programma congiunto dell’ONU e della RDC per il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione, e la promessa di elezioni nel 2005.
Per lo più il programma di disarmo, smobilitazione e reintegrazione è stato una vuota promessa. Il 23 novembre 2004 al Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è fatto formalmente riferimento alla RDC per la sua mancanza di cooperazione all’arresto di persone accusate d’aver preso parte al genocidio del 1994 in Rwanda. Secondo una dichiarazione stampa delle Nazioni Unite, il Procuratore del Tribunale Internazionale per il Rwanda (TIR), Hassan Bubacar Jallow, del Gambia, ha detto al Consiglio di Sicurezza che 14 accusati erano ancora latitanti e che “la maggioranza dei rifugiati continuava a risiedere nella Repubblica Democratica del Congo”. Il comunicato stampa specificava che l’ambasciatore USA all’ONU, John Danforth, aveva richiamato la RDC e il Kenya ad arrestare i rifugiati, accusati di provocare conflitti nella regione dei Grandi Laghi, sul confine tra RDC e Rwanda.
Nelle province orientali della RDC di Orientale, Equateur e delle due Kivu l’impunità per i soldati del governo e i guerriglieri resta endemica. Secondo un recente allarme lanciato da Survivor’s Rights International, resoconti provenienti da diverse e distanti regioni del paese indicano che le popolazioni continuano a patire indiscriminatamente estorsioni, sfruttamento illegale, furti, saccheggi e altre forme di violenza.
I gruppi per i diritti umani accusano tutte le parti di sfruttare il conflitto etnico della regione. “Le relazioni fra i Banyamulenge e gli altri gruppi congolesi sono state rese più tese e spesso manipolate dai politici sia in Rwanda che nella RDC”, come ha scritto, nel suo rapporto del giugno 2004, intitolato “Crimini di guerra a Bukavu”, Human Rights Watch. “Gli ultimi sei anni di guerra hanno contribuito a far crescere l’ostilità nei loro confronti, perché, da parete di altri Congolesi vengono sempre più identificati come ‘Ruandesi’ . Il Rwanda spesso giustifica la sua presenza nella RDC in parte come un tentativo di proteggere i Banyamulenge, benché ciò sia stato messo in discussione nel 2002, quando hanno attaccato i villaggi Banyamulenge uccidendo parecchi civili, sparando addosso a loro da elicotteri ruandesi”.
In un coraggioso articolo del 4 dicembre, che ha sorpreso la principale stampa internazionale, il giornalista della BBC, Robert Walker, che ha sorvolato la regione del Kivu del Nord su un elicottero della missione di pace dell’ONU, ha scritto che il “presidente Kabila stava cercando di cavarsela”, perché il governo della RDC falsificava i resoconti sulla guerra e sul coinvolgimento ruandese nelle regioni orientali della RDC. Comunque, il 20 dicembre 2004, l’UNICEF riferiva di “milioni di sfollati a causa dei recenti combattimenti”.
Il genocidio in corso in Africa Centrale
L’Esercito Patriottico Ruandese (EPR), formato da Tutsi, di Paul Kagame invase il Rwanda dal’Uganda nel 1990, dando inizio a quattro anni di guerra di guerriglia. L’aperto sostegno dei paracadutisti francesi al governo ruandese, al tempo composto dagli Hutu, non riuscì a impedire nell’agosto 1994 la vittoria dell’EPR, che faceva seguito al genocidio – durato da aprile a giugno – coordinato di centinaia di migliaia di Tutsi ruandesi da parte di estremisti Hutu (FAR) e militanti Interahamwe (Hutu).
Studiosi, come Wayne Madsen, autore di Genocide and Covert Operations in Africa 1993-1999 (Genocidio e operazioni segrete in Africa: 1993-1999), affermano che Kagame e l’EPR hanno organizzato, il 6 aprile 1994, l’assassinio dei presidenti del Rwanda e del Burundi, abbattendo il loro aereo nel corso del suo atterraggio all’aeroporto di Kingali con missili terra-aria SAM-7 prelevati in Iraq dalla Francia nel 1991, poi consegnati dall’esercito USA all’Uganda, la base delle operazioni di guerriglia dell’EPR contro il Rwanda prima del 1994.
Il 6 aprile 2001, in occasione del settimo anniversario degli assassini, nel corso di un incontro speciale promosso presso il Rayburn House Office Building di Washington da Cynthia Mc Kinney, Rappresentante al congresso è stata fornita la prova. Il giornalista Charles Onana, del Camerun, autore di “The Secrets of the Rwandan Genocide” (I segreti del genocidio ruandese) ha pubblicamente denunciato il coinvolgimento dell’EPR nell’incidente e è stato denunciato per diffamazione da Paul Kagame. Un tribunale parigino si è pronunciato in favore di Onana. Avvocati che lavorano presso il Tribunale Internazionale per il Rwanda (TIR) affermano che la cifra, solitamente citata, di 800.000 Tutsi uccisi nel genocidio del 1994 è stata grossolanamente gonfiata. Negli USA circolano almeno tre importanti filmati, che sostengono la versione filo EPR e filo Tutsi del genocidio degli Hutu.
Paul Kagame, che è stato addestrato dall’esercito USA a Fort Leavenworth nel Kansas, è stato ospite abituale dell’Università di Harvard, James Baker III Institute di Houston, Texas, della Casa Bianca e del Pentagono. Interessi militari europei e sudafricani hanno continuato a sostenere in Africa Centrale diverse fazioni, armando milizie e gruppi ribelli attraverso eserciti che agivano su loro procura dall’Uganda, dal Rwanda, dal Burundi e attraverso l’Esercito Popolare per la Liberazione del Sudan (EPLS). La presenza della Francia in Africa Centrale ha la sua base principale nel Gabon, il principale punto di penetrazione francese nel continente.
In Rwanda il terrore è continuato sotto il nuovo governo dell’EPR di Paul Kagame, con Amnesty International che ha documentato una serie di assassini, di incarcerazioni arbitrarie e di “sparizioni”. Quasi tutti i contendenti politici – siano essi Tutsi o Hutu – sono stati definiti “genocidi” e Amnesty International ha denunciato che alcuni processi e esecuzioni di collaboratori “accusati” di genocidio sono stati inquinati e politicamente pilotati.
La prima invasione ruandese del suo grosso vicino occidentale è avvenuta nel 1996. Secondo l’influente newsletter “Africa Confidential”, il Magg. Gen. Paul Kagame ha fatto visita al Pentagono nell’agosto 1996, consultandosi con Washington prima di lanciare un grande piano per defenestrare Mobutu Sese Seko. Mentre il popolo USA era impegnato nelle elezioni presidenziali del 1996, il Rwanda preparava la sua guerra contro lo Zaire. Essa iniziò con il bombardamento con razzi katusha dei campi dei rifugiati Hutu nel Congo orientale, uccidendo non combattenti.
L’EPR si alleò con le Forze Popolari di Difesa dell’Uganda (FPDU) e l’esercito guerrigliero dell’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (AFDLC) di Laurent Kabila nella “guerra di liberazione”, che in seguito pose fine al lungo regno del presidente del Congo (Zaire), Mobutu Sese Seko. Fonti della RDC aggiungono rapidamente che personale militare USA è stato visto fungere da consigliere all’invasione congiunta FPDU/EPR, che si è mossa velocemente attraverso le vaste foreste dello Zaire.
A quanto è riferito, i generali di Mobutu sono stati contattati in anticipo da funzionari USA di alto livello presenti nella regione; molti di loro, che si sono dichiarati d’accordo con l’invasione USA, continuano a mantenere le loro alte cariche nell’odierna RDC; gli altri alti esponenti militari di Mobuu, in un modo o nell’altro sono stati sacrificati.
Wayne Madsen riferisce che gli USA hanno stabilito le loro principali stazioni di comunicazione e d’ascolto sulle montagne Ruwenzori in Uganda.
Testimoni sentiti a Kampala, capitale dell’Uganda, sostengono questa pretesa. Materiale per comunicazioni è stato visto anche sull’isola di Idjwe sul Lago Kivu, alla frontiera fra Rwanda e RDC.
Recenti informazioni, raccolte presso sopravvissuti in tutto il paese, documentano crimini contro l’umanità e episodi di genicidio, commessi contro civili congolesi da tutte le parti nella guerra che ne è seguita. “Nel maggio 1997, centinaia di rifugiati hutu disarmati sono stati massacrati nella città di Mbandaka dai soldati della AFDLC di Kabila, operante apparentemente sotto il comando dell EPR”, ha scritto nel giugno 1998 Human Rights Watch. In un rapporto dell’ottobre 1997 (intitolato “Cosa nasconde Kabila: uccisioni di cvili e impunità in Congo”). Human Rights Watch concludeva che “le truppe ruandesi hanno avuto un ruolo in alcune uccisioni di Hutu ruandesi rifugiati nel territorio dello Zaire”.
Migliaia di rifugiati Hutu sono stati massacrati a Mbandaka nel maggio 1997, quando ci arrivò l’AFDLC. Un testimone oculare ha detto: “Corremmo giù alla riva, perché sentimmo sparare. Ho visto due persone colpite, ma c’erano molti corpi allineati sulla riva. I soldati gettavano anche cadaveri nel fiume [Congo]. C’erano parecchi soldati tutsi, ma non abbiamo potuto riconoscerli. Ho visto dei soldati fare delle domande a una donna. La donna non sapeva il lingala [congolese]. Uno le disse: “Sì, tu sei fra Hutu ruandesi. Girati, con la faccia rivolta al fiume, prega il tuo dio, perché stai per incontrarlo”. Poi le sparò alla schiena con un fucile automatico”.
Un capitano dell’esercito della RDC, sentito di recente, ha dichiarato che “erano coinvolte le forze speciali USA”. Ha dichiarato che l’AFDLC comprendeva le FPDU, l’EPR e consiglieri militari USA.
Si dice che il colonnello James Kabarebe, ora capo si stato maggiore delle Forze di difesa Ruandesi, abbia condotto la campagna per l’eliminazione dei rifugiati Hutu in fuga. Kabarebe è stato inserito nei rapporti ONU per numerose violenze nell’Ituri. Come hanno scritto gli investigatori dell’ONU nel “Rapporto speciale sui fatti dell’ Ituri dal gennaio 2002 al dicembre 2003”, “secondo quanto riferito, Kabarebe sarebbe stato il più grande sostenitore dell’aiuto ruandese alle milizie [etniche]”. Il Rwanda, secondo le rivelazioni del rapporto, ha armato, addestrato e offerto consulenza alle milizie ad Ituri, così come ha fatto nelle province del Kivu settentrionale e meridionale. Per le atrocità si fa parimenti riferimento all’esercito ugandese.
L’EPR, con l’FPDU, ha nuovamente invaso la RDC nel 1998, dopo che il capo dell’AFDLC Laurent Kabila ha respinto i programmi degli USA e della Bechtel Corporation per il paese, da poco liberato, e rescisso i contratti minerari sottoscritti, prima che giungesse al potere, con alcune potenti compagnie occidentali (fra cui l’America Mineral Fields, con sede a Hope, Arkansas, legata, a quanto pare, all’allora presidente Clinton attraverso gli investitori “Amici di Bill”). Kabila scacciò anche gli alleati militari ruandesi e ugandesi, che lo avevano portato al potere.
Il popolo congolese la chiama la “guerra d’aggressione”, ma è stata definita dalla stampa occidentale la Prima Guerra mondiale dell’Africa, poiché ha coinvolto sei nazioni della regione, oltre ad armi e a consiglieri provenienti dai paesi occidentali. Truppe provenienti dal Rwanda e dall’Uganda (che adesso sostengono i ribelli anti-Kabila), mentre lo Zimbabwe, alleato con il governo della RDC, collaborava con agenti commerciali per saccheggiare avorio, diamanti, oro, legname, cobalto e altre risorse naturali. Agenti stranieri hanno immesso queste risorse rapinate sul mercato internazionale, mentre i gruppi militari hanno rastrellato profitti.
Secondo un rapporto dell’International Rescue Commitee sulla regione, in Congo sono morte per la guerra almeno tre milioni e mezzo di persone. Dal 1999 al 2001, attraverso le reti dei militari e degli agenti commerciali ruandesi, gli interessi ruandesi, legati allo stato, hanno fruttato almeno 240 milioni di dollari nella vendita del coltan (columbo-tantalite), un minerale prezioso essenziale per le Playstations della Sony, per i computer portatili e per i telefoni cellulari. Nel dicembre 2000 solamente il principale gruppo di ribelli sostenuto dall’EPR ha guadagnato 600.000 dollari dalla vendita di coltan . Il coltan è stato fornito da racket criminali a clienti USA, svizzeri, belgi e tedeschi. Secondo quanto affermano fonti locali, i racket ruandesi continuano a controllare il mercato del coltan fuori della RDC.
Friends of the Earth (gli Amici della Terra) e il gruppo britannico Rights and Accountability in Development (RAID: Diritti e Responsabilità nello sviluppo), il 4 agosto 2004, hanno presentato al Dipartimento di stato Usa una denuncia formale contro tre compagnie USA, accusate dal Comitato USA contro la guerra per le forniture. L’indagine di tre anni fa del Comitato accusava la Cabot Corporation (di Boston), la Eagle Wings Resources International e il Gruppo OM di George Forrest nell’Ohio di trafugare dalla RDC il coltan con l’aiuto di vari gruppi di ribelli. L’attuale vice-direttore del Dipartimento del Tesoro USA, Samuel Bodman è stato dirigente e presidente della Calbot dal 1997 al 2001.
E’ importante sottolineare che il conflitto nell’Africa Centrale non ruota attorno ai “governi”, quanto attorno a blocchi di potere militare e alleanze di multinazionali, che sono transnazionali. Così, mentre potenti interessi del governo USA forse sostengono i regimi di Kagame e di Museveni per stabilizzare l’Africa Centrale e per annettere le Province di Kivu e la provincia Orientale, altri potenti interessi – come l’International Rescue Committee (IRC) – mantengono una costante presenza di media internazionali, che sembrano essere in conflitto con quell’agenda, ma che – tuttavia – esiste come lobby in sostegno o in difesa di certi interessi a spesa di altri. Fra le personalità di rilievo, dirigenti o supervisori dell’IRC, figurano Morton Abramowitz, Tom Brokaw e Henry Kissinger.
Un processo di pace destinato a fallire
La frontiera fra Uganda, Rwanda e Burundi è rimasta una zona di instabilità e di guerriglia fin da almeno il 1994 – di gran lunga prima della prima invasione ruandese del Congo nel 1996 – e la crescente insicurezza e il terrorismo hanno quasi annientato la popolazione civile locale. Le province del Kivu settentrionale e meridionale continuano a subire una diffusa violenza e le uccisioni nelle aree di Goma e di Bukavu crescono continuamente. La regione di Ituri nella provincia Orientale, che confina con l’Uganda, il Sudan e la Repubblica Centro-africana, è citata da numerose agenzie per i diritti umani come uno degli angoli più sanguinosi del mondo. Il “Rapporto Speciale sull’Ituri” del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, tratteggia la storia del conflitto nell’Ituri, il ruolo delle forze governative ugandesi e ruandesi nell’armamento delle diverse fazioni, il bombardamento di villaggi, il massacro e la tortura di civili, l’istigazione e, talvolta, il favoreggiamento di atti di genocidio.
Data la crescente insicurezza dell’Ituri negli ultimi mesi, con omicidi e sparatorie notturne, la popolazione di Bunia considera la Missione degli Osservatori dell’ONU come una forza straniera d’occupazione ostile e aggressiva. Un ex dipendente della Missione a Bunia ha dichiarato: “E’ opinione comune che la Missione degli Osservatori dell’ONU non abbia fatto nulla. La gente pensava che la Missione fosse venuta qui, per portare la pace, ma con sua sorpresa la gente si è accorta che la Missione è come uno spettatore a un incontro di calcio. In sua presenza le persone muoiono. In sua presenza, le persone sono vittime del terrorismo. In sua presenza, le persone vengono uccise e la Missione non fa nulla”.
“Si verificano quotidianamente scontri a fuoco”, ha ammesso une responsabile per l’informazione della Missione, “non penso che ci sia nessuna area, salvo forse la città di Bunia, dove la situazione dei diritti umani sia in via di miglioramento”.
Sono anche molto frequenti notizie su acquisti e contrabbando di beni (pelli di leopardo e okapi, oro, avorio) da parte del personale della Missione; un fotoreporter occidentale è stato testimone di un acquisto di avorio da parte di militari belgi; i militari sono esentati dalle verifiche e dalle restrizioni doganali.
Nella regione continuano ad affluire armi. Il quotidiano governativo dell’Uganda, New Vision, il 23 novembre riferiva che spedizioni di armi, a quanto pare destinate all’Unione Patriottica Congolese (UPC), una milizia regionale alleata del Rwanda, erano state intercettate dalle Forze Armate Popolari Congolesi (FAPC), una milizia congolese rivale, che controlla i redditizi presidi doganali della provincia di Ituri, nella regione nord settentrionale della RDC.
“Secondo fonti locali, a Misasi, nel Kivu settentrionale, da tempo regione di conflitti fra diversi gruppi politici e militari, funzionari del governo locale hanno consegnato armi da fuoco a civili”, ha scritto il 19 novembre lo Human Rights Watch. “Altre partite sono state consegnate a Ituri, un’altra regione continuamente agitata del Congo del Nord est. Fonti ONU hanno riferito che circa 300 studenti liceali congolesi, sfollati nel vicino Rwanda, hanno improvvisamente lasciato le loro scuole e si dice che siano sottoposti a addestramento militare”.
Secondo notizie recenti, provenienti dall’Ituri del Nord, le FAPC – a quanto pare – avrebbero giustiziato dei soldati bambini, che cercavano di entrare nella RDC, poi avrebbero attaccato le famiglie e devastato le case dei soldati bambini reintegrati. L’UPC e la Forza di Liberazione Nazionale, un’altra milizia, continuano a estorcere ai cittadini una tassa settimanale di guerra, a perseguitare quelli che si rifiutano di pagarla e a terrorizzare la popolazione.
Investigatori della Missione dell’ONU hanno scritto che “nell’Ituri tutti i gruppi armati hanno integrato bambini nei loro ranghi”. La Missione ha stimato prudentemente “che almeno il 40% di ogni milizia è composto da ragazzi sotto i 18 anni, con una significativa minoranza sotto i 15 anni di età”. L’indagine della Missione ha accertato che l’esercito ugandese e quello ruandese spesso hanno addestrato bambini rapiti e reclutati, a forza o meno, dalle milizie operanti nella RDC. La Missione ha documentato casi in cui centinaia di bambini sono stati portati via terra o aria in Uganda o Rwanda per l’addestramento militare.
L’UPC e la Forza per la Liberazione Nazionale continua ad estorcere ai cittadini una tassa di guerra settimanale, perseguita quelli, che si rifiutano di pagare e terrorizza la popolazione. Un testimone ha detto: “L’UPC raccoglie denaro. Dicono: ‘Paga 100 franchi congolesi o veniamo di notte!’ Poi vengono, ti tagliano una mano o violentano le donne”.
Come ha scritto Survivors Rights International (SRI) in una segnalazione del 5 dicembre 2004, “la violenza sessuale è, nella repubblica Democratica del Congo, un’epidemia nazionale, che ha contagiato tutte le fazioni militari, come le forze militari oggi e in passato coinvolte negli affari interni della RDC, e sembra essere autorizzata dai comandi militari ad ogni livello.”
SRI ha anche riferito che la presenza di centinaia di ragazze e di donne sfollate, attualmente residenti a Mbandaka, ha provocato commercio sessuale e la prostituzione, coinvolgendo sia le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) che le truppe della Missione ONU. SRI scrive che “inoltre le FARDC depredano le lavoratrici sessuali, forzando le relazioni sessuali, violentando quelle che si rifiutano e, in generale, derubando le donne, ormai ridotte alla disperazione, dei loro stessi mezzi di sostentamento”.
Guerre dimenticate per le materie prime
Il Rwanda e l’Uganda continuano godere di accordi militari di alto livello con gli Stati Uniti. Entebbe, in Uganda, è una base avanzata per le operazioni della US Air Force in Africa Centrale. Secondo il Global Policy Watchdog, di stanza permanente a Entebbe ci sarebbe un personale USA di servizio di undici persone. Fonti dell’Uganda e della RDC confermano che le armi passano liberamente per l’aeroporto di Entebbe grazie all’interessamento degli USA. Il 23 marzo 2004 la BBC ha dato notizia che il generale USA Charles Wald aveva confermato che gli USA erano direttamente coinvolti nei combattimenti contro l’Esercito di Resistenza del Signore in Uganda. Wald ha dichiarato alla BBC: “Ho incontrato il presidente [dell’Uganda] Musuveni. Ho personalmente sentito dirgli che era veramente soddisfatto dell’aiuto che gli diamo…Non è propriamente un aiuto morale…Ma è necessario che molte cose siano tenute un po’ più riservate”.
Nel luglio 2004 esponenti dell’esercito della RDC sono volati fino a Tampa, in Florida, per partecipare a un programma “antiterrorismo” USA aperto, chiamato “Golden Spear” [lancia dorata].
Le imprese minerarie canadesi Barrick Gold e Heritage Oil & Gas arrivarono [in Congo] con gli eserciti Ugandese e ruandese durante la “guerra d’aggressione” per sfruttare le opportunità minerarie del nord del paese. Fra i dirigenti della Barrick compaiono l’ex premier canadese Brian Mulroney e l’ex presidente degli USA George H.W.Bush. La Heritage si è assicurata contratti per lo sfruttamento delle grosse riserve petrolifere del bacino del Semliki, sotto il lago Albert, sui versanti congolese e ugandese del confine. L’Heritage, a quanto si dice, sfrutta le riserve petrolifere del Semliki dalla parte ugandese, dove ora è all’opera un lungo oleodotto per Mombasa, in Kenya, del valore di miliardi di dollari.
Secondo un rapporto sulle prospettive petrolifere (Africafront), l’Heritage Oil sarebbe pronta a sfruttare i bacini settentrionale e meridionale del lago Alberto, il bacino del fiume Semliki e del lago George in partnership con il Zhongyuan Petroleum Exploration Bureau (ZPEB) cinese. In partnership con lo ZPEB, attualmente l’Heritage sfrutta il petrolio del Congo-Brazzaville devastato dalla guerra. Lo ZPEB, vale la pena notare, è l’impresa petrolifera che attualmente sta dietro al genocidio del popolo indigeno degli Anuak nell’Etiopia sud-orientale (vedi il rapporto di Genocide Watch del 12 dicembre 2004, “Operation Sunny Mountain”).
Ashanti Goldfields, a quanto si riferisce, si è assicurato un contratto per le grosse riserve auree di Mongwalu, nel Bunia settentrionale. Ashanti ha collegamenti col Sud Africa e con la Corona britannica e alcune fonti di Bunia riferiscono che l’interesse di Astanti per il vicino Mongwalu è protetto da Gurkha nepalesi, forse il Gurkha Security Group con sede in Gran Bretagna. Nel maggio 2004 la multinazionale clintoniana American Mineral Fields ha cambiato il suo nome in Adastra Minerals; l’impresa ha in corso progetti minerari multimiliardari per il rame e il cobalto in partnership con il governo di Kabila, nella provincia del Katanga. Altre parti della RDC sono interessate a contratti stranieri per lo sfruttamento minerario e il disboscamento.
Nel frattempo i morti della guerra del Congo hanno superato i cinque milioni.
Fonte: Zmag via Nuovi Mondi Media
Traduzione di Giancarlo Giovine