duran.jpgIl trash deve morire. Il camp anche. Come tutti i generi, essi devono trasformarsi in cenere e polvere. Rinasceranno sotto nuove inaspettate forme. In questi anni, esattamente come è accaduto al giallo e al thriller, l’orripilante fabulistica trash ha ceduto il passo al manierismo della spazzatura. E’ quindi un congedo quello che pubblico qui, trattandosi di un’evocazione della mia formazione sottoculturale e non, avvenuta nell’arco di un ventennio francamente di merda (si spera non riciclabile). Tommaso Labranca aveva invitato chiunque a un raduno intitolato Union of the snake, dalla hit dei Duran Duran, che dopo vent’anni sono ancora in classifica, come memento vivere di inequivocabile significazione [nella foto, i Duran dopo la scissione, ai tempi di Notorius]. Non potendo intervenire al simpatico congresso, inviai la mia giustificazione a Labranca – che è ciò che segue. [gg]

A UNION OF THE SNAKE, PREFERIVO GIRLS ON FILM
… siccome adoravo le lesbiche, quando avevo un’immaginazione di vita sessuale e non una vita sessuale immaginaria come ora. Indossavo un saf acquistato alla Fiera di Sinigallia quand’essa si teneva nella vietta che termina in Molino delle Armi con un inspiegabile parcheggio di ambulanze private costantemente inanimate e su cui mai ho notato, in trentatré anni, un volontario o anche un guidatore occasionale. La testa dolicocefalica era coronata da un cappellino trotzkista stile Kronstadt. La giacca marinara si intonava con il bluastro dei baffetti adolescenziali.

Già ero in lutto per il crollo di categoria della Spal e mi irrita che attualmente la Ternana sia in testa al campionato cadetto – la supponevo estinta. Nel medesimo àmbito, alle geometrie fredde e ragioniere di Brady e al podismo precursore di Wilkins, prediligevo il genio dell’accoppiata genoana Skurhavy-Aguilera o già cadevo in malinconica ebetudine per il fu Silvio Dindino arruolato dalla Pistoiese. Ammiravo Lucio Flauto su AntennaTre, il garrulo gracidio da polipi in gola della sua voce mi rammentava esperienze canore vallone. La cover del Ballo del Mattone eseguita da Ivan Cattaneo mi faceva tremare i polsi. Quando cadde il muro di Berlino non so dov’ero, con chi, perché, cosa stessi facendo; ma ricordo nitidamente il servizio dell’allora inviata del Tg2, Lilli Gruber, che fenomenologizzava l’invasione, nel settore ovest, di folle del settore est in tutti i pornoshop dell’emimetropoli RFT. Alfredino Rampi fu ritrovato salma, natante in un blocco di ghiaccio, trascinato dalla corrente: lessi la notizia tornando da Chioggia, fermo a Ponte di Piave perché mi veniva da vomitare per l’odore della 128 di mio padre, dopo una vacanza chiozzotta in cui mio padre mi aveva spiegato chi era Teardo, mi aveva comprato una riduzione di Moby Dick, aveva visionato con me la finale di Wimbledon tra Borg e McEnroe. Mi appare il volto di Tatum O’Neal meno spesso di quanto avrei immaginato. Non mi è mai capitato di vedere dal vivo un punk, anche se risiedevo a Milano. Sandy Marton l’ho apprezzato troppo tardi, nel 2001, quando ho scoperto che è stato l’ultimo uomo a intervistare Bettino Craxi. Ero un esaltato per il mito fragile di Enrico Berlinguer, ma lucidamente attribuii alla sua dipartita (dopo lunga agonia in seguito a ictus durante un comizio a Padova) il sorpasso del PCI ai danni della DC alle elezioni europee (33.3% vs 33.2%). Otto mesi prima della fine del decennio, piansi la scomparsa del poeta Antonio Porta, la cui notizia fu perfino data al Tg2 di mezza sera, mentre io mi trovavo a casa del giornalista Franco Manzoni, che ora scrive sulla terza pagina del Corriere, e del videoartista Giorgio Longo, allora inquietantemente noto a Milano, il quale ci recitò una poesia appena composta e intitolata BASILISCO. Sono d’altronde confuso circa l’effettività storica e la collocazione all’interno del decennio di alcuni eventi cruciali: il periodo di esilio dalla Rai comminato a Pippo Baudo e il suo ritorno sugli schermi di Rete4, con un gioco a premi registrato in uno studio grande la metà di casa mia (vivo in un bilocale); la persistenza negli scomparti del PAM delle confezioni in vetro del formaggio Dover; il primo confronto televisivo di politici al di fuori della Rai, condotto su Rete4 da Eugenio Scalfari, tra Berlinguer e Craxi; la prima diretta calcistica al di fuori della Rai, uno Juventus-Celtic, che terminò 2 a 0, con gol di Virdis, commentata da Cesare Cadeo, assessore alla cultura della Provincia di Milano, recentemente comparso al festival letterario MILANESIANA a fianco dell’organizzatrice Elisabetta Sgarbi; l’apice del successo di Samantha Fox; il passaggio di Marco Ferradini, dopo Teorema, alla musica da spot col refrain delle Sottilette Kraft; il sosia del presidente della Commissione Telekom Serbia, Trantino, che si chiamava Guzzetti, al vertice di CARIPLO; la nascita della rivista Alfabeta; l’ultima apparizione tv di Nantas Salvalaggio; la prima apparizione di Diego Dalla Palma nel rotocalco DOMANI AVVENNE; l’arresto di uno dei Righeira, o forse di tutti e due; il salto quantico grafico da Space Invaders al videogioco del pinguino che spinge blocchi di ghiaccio componendo un labirinto ostativo e dinamico; l’uscita dalla scena commerciale della cintura di tela con chiusura ad anello metallico per tenere insieme e trasportare scomodamente quattro libri; Pippo Cristofalo e il caso del “catamarano”; Franco Reviglio presidente dell’Eni; la presenza di Dan Peterson nella sede dell’Olimpia Basket Milano, allora Billy, in via Archimede; il primo SuperBowl trasmesso in diretta notturna su tv italiana, tra Washington Redskins e Los Angeles Raiders, vinto da questi ultimi; la polemica tra l’editrice Rosellina Archinto e i vertici meneghini del Comune di Milano; la chiusura di un negozio locato all’inizio della Galleria del Duomo, che vendeva oggetti superflui, tra cui la lampada pelosa, l’alzacazzo a forma di forca, l’onda in moto perpetuo in parallelepipedo trasparente.
Per tutto ciò il trash deve morire e io devo morire, affinché nessuno ricordi la valanga di merda che mi hanno fatto ingollare con l’imbuto della mia storia personale.