Scrittore belga di lingua francesce, Georges Simenon rappresenta senza alcun dubbio — ma non solo – un esempio ineguagliabile di prolificità letteraria.
Le sue opere attraversano buona parte del novecento, rendendolo uno degli autori più rappresentativi del secolo. La fama e il successo che lo hanno accompagnato durante la sua esistenza sono sopravvissuti alla sua morte, rendendolo ancora oggi uno degli scrittori più celebri e celebrati.
Conosciuto dal grande pubblico per il personaggio del Commissario Maigret (chi non ricorda, età permettendo, lo sceneggiato in bianco e nero della Rai degli anni sessanta interpretato da Gino Cervi?), lo scrittore Simenon ha però fornito le sue prove più convincenti al di fuori dei romanzi ispirati al Commissario.
Autore di circa 220 romanzi firmati col suo nome, più altri testi sotto pseudonimo, quello che colpisce di più è la qualità e lo spessore delle sue opere, assolutamente una spanna al di sopra della media e che ancora oggi conservano un’attualità che solo i grandi scrittori riescono a dare ai propri testi.
Simenon (1903 — 1989) comincia a scrivere molto presto, alla fine della prima guerra mondiale, per una piccola testata locale di Liegi, la sua città natale.
La sua facilità di scrittura si manifesta immediatamente. Ancora giovanissimo si trasferisce a Parigi e riesce da subito a vivere con le entrate che gli procurano i propri testi.
Gira il mondo come reporter, crea il personaggio Maigret e diventa ricco in pochissimo tempo. I suoi romanzi, spesso portati sul grande schermo, sono fonte inesauribile di diritti d’autore.
Simenon conduce una vita dispendiosa. Vive nel lusso, cambia frequentemente residenza, si concede parecchie relazioni extraconiugali, è talmente amante della buona cucina da farsi accompagnare sempre da un cuoco personale.
Una vita così piena di avvenimenti non frena però la sua produzione letteraria. Simenon, infatti, riesce spesso a scrivere un romanzo in sette giorni. Un ritmo davvero impressionante.
Quello che colpisce di più, proprio in relazione alla sua sterminata opera, è la qualità che Simenon riesce imprimere alla sua narrativa.
La struttura delle trame, la capacità di rendere l’atmosfera delle ambientazioni quasi respirabile con tre o quattro pennellate, la consistenza palpabile dei suoi personaggi fanno sì che le sue storie abbiano passato indenni lo scorrere del tempo, mantenendo una freschezza sia di argomenti che di scelte stilistiche assolutamente sorprendenti.
La sua penna, quasi come una bacchetta magica, ci immerge in realtà che possiamo riscontrare quotidianamente, sottolineando le meschinità dei piccoli paesi come delle grandi città. I contorni, i personaggi secondari sono appena accennati, ma con una maestria che lascia al lettore il gusto di andare oltre, di immaginare. I protagonisti dei suoi romanzi, piccolo borghesi, contadini arricchiti, persone comuni o liberi professionisti che siano, sono la bozza di un pittore che lentamente prendono corpo e colore con lo svolgersi della storia, con il dipanarsi delle proprie ossessioni.
E la psicologia dei personaggi gioca un ruolo determinante nelle storie di Simenon. Veri noir, dove i sentimenti e le sensibilità dei personaggi vengono portati allo scoperto in situazioni banalmente quotidiane, e proprio per questo coinvolgenti per il lettore. Ossessioni che prendono corpo, l’intreccio tra odio e amore, sentimenti estremi che hanno la meglio sulla razionalità. Donne e uomini che tradiscono, donne e uomini che rimangono fedeli nonostante tutto, vite solitarie al limite della sopportazione, commedie degli equivoci che sfociano in tragedie.
La camera azzurra, uno dei romanzi proposti da Adelphi, è un noir a sfondo psicologico, come molte altre opere di Simenon.
In un piccolo borgo francese, Tony ha una relazione con una donna bellissima, Andrée, che desiderava fin dai tempi della scuola. La camera azzurra — come la chiama la donna – è la stanza dell’albergo dove i due consumano i loro incontri clandestini.
Appagato dalla relazione, dai continui complimenti della donna, Tony non percepisce l’ossessione che comincia a rodere la sua bella amante. Che lentamente ma inesorabilmente comincia a chiedergli di più, senza che lui se ne accorga. Anzi, il suo silenzio viene interpretato da Andrée come un assenso ai propri piani.
Lo sviluppo della storia si dipana dal punto di vista di Tony che solo davanti al giudice preposto alle indagini, durante gli interrogatori, prende coscienza di ciò che è veramente accaduto e di come è avvenuto.
Immerso in una relazione almeno per lui solamente erotica, si rende conto di aver ignorato, quanto volutamente rimane un mistero, i chiari segnali inviatigli da Andrée e il fatto che nel piccolo borgo ormai tutti sapessero della loro relazione. Compresa la timida e remissiva moglie Gisèle.
Il finale, che non va svelato ma scoperto a poco a poco durante la narrazione, porta a un epilogo estremo, dove sentimenti come l’odio e l’amore si toccano fino a confondersi, dove l’istinto prende il sopravvento sulla razionalità. Un romanzo da godersi dall’inizio alla fine, che regalerà al lettore una storia che resterà stampata nella memoria, un’ambientazione assolutamente convincente e definita, una galleria di personaggi decisamente credibili e con un profilo psicologico costruito con lucida maestria.
Ma per chi già conosce Georges Simenon queste non sono novità perché rappresentano peculiarità che facilmente si incontrano in molti dei suoi romanzi.
Georges Simenon — La camera azzurra (La chambre bleue) — Trad. di Marina Di Leo — Edizioni Adelphi, pp. 153 — euro 13,50