…ma finché non toccava i giochi di ruolo me ne stavo zitto

di Jari Lanzoni

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Premessa
Conobbi Accattoli quando, su consiglio del mio parroco, lessi il libro-provocazione “Io non mi vergogno del Vangelo”. Avevo appena cambiato città e, in parte, vita. Avevo molto più tempo per me e per riflettere su molti punti della mia esperienza di cristiano. Rimasi inorridito.
In dieci capitoli Accattoli tratta della vita cristiana, di come DEVE essere la vita cristiana, conformata ovviamente alla SUA vita cristiana. Con il cipiglio del primo della classe, con l’arroganza di chi dovrebbe chiedere “grazie” per ciò che ha ricevuto invece che “ancora”, Accattoli tratta di Casa, Giornata, Lavoro, Denaro, Potere, Amore, Figli, Mass Media, Tempo libero e Domenica.


Li tratta da persona che ha quattro o cinque figli e lo stesso può permettersi uno o due anni sabbatici senza lavorare, pensando placidamente a cosa fare in futuro. Li tratta da persona che è spesso sull’aereo del Papa o lo segue nei suoi spostamenti. Li tratta da persona che per lavoro fa il “giornalista cattolico”, quindi ben inserito in una struttura che ha tutto l’interesse a tutelarlo. Lui lo sa: finché segue la “retta vita” può dire e scrivere tutto quello che vuole: lavora nell’azienda di papà e papà lo copre bene.
In “Io non mi vergogno del Vangelo” Accattoli-Profeta tuona contro tutto e tutti. Mi correggo: tuona genericamente, rimanendo abbastanza vago da non prestare il fianco e abbastanza qualunquista in modo che chiunque lo interpreti come gli torna comodo. “Nella città secolare la notte è sempre più sinonimo di orgia e violenza”, declama, fornendo ai credenti la vera soluzione: niente film delle 20.30 e tutti a letto presto, salvo una o due volte l’anno per le veglie di preghiera.
Dieci capitoli che mi fanno capire di aver sbagliato tutto nella vita:
– svenandomi ogni mese pago il mutuo di un bilocale, quando il vero cristiano vive solo in affitto per non legarsi alle cose terrene,
– in casa ho due stanze e un solo simbolo cristiano in evidenza, la mia vecchia e logora bibbia “da battaglia”, quindi difetto ancora di un simbolo cristiano per stanza e non devo dormire sereno,
– faccio il pendolare, quindi sacrifico al lavoro il tempo del trasporto, quando il vero cristiano non sottrae così tante ore a lodi mattutine, vespri e compieta,
– al lavoro ho dovuto fare degli straordinari, ebbene sì. Ho dovuto perché eravamo in ritardo sulle scadenze contrattuali, perché il cliente aveva tempi stretti e il mio stipendio non mi arriva dal cielo. Ho fatto degli straordinari, quindi non ho mantenuto quell’Accattolico distacco dal lavoro che caratterizza i veri cristiani,
– alla sera esco, mentre il vero cristiano rifiuta la notte, già citata come fonte di peccato. La rifiuta e sta in casa con la sua famiglia. In casa, chiaro? Blindato. Qui però ho un dubbio: se uno fa di lavoro il giornalista (magari cattolico), e quindi è spesso in giro e ha rapporti sociali con parecchie persone, stare in casa alla sera con la sua famiglia è un buon modo per riposarsi. Ma se uno è un impiegato o un operaio, vive da solo e alla sera si chiude in casa senza vedere nessuno, dopo qualche mese non si taglia le vene?
– no, gli altri argomenti non posso trattarli. Voglio troppo bene al mio parroco.

Il fattore scatenante
Preso atto del mondo di ebeti cristiano-Accattolici che il testo incoraggiava, ho provveduto a riporlo nella seconda fila della mia libreria, tra “Indagine non autorizzata” di Carlo Lucarelli e “La Chiesa oltre le rughe” di Don Luigi Bettazzi. Una scelta indegna di cui ora mi vergogno molto: è stato come mettere una sfoglia di fango tra due fette di buon pane. Sarebbe rimasto lì fino a un probabile trasloco o alla mia morte naturale (eh, tra “orgia e violenza”, prima o poi…), quando una mail ha risvegliato il mio interesse per quel discutibile tomo.
Una mail, sì, posso dirlo. Adesso che internet e tutti i nuovi mezzi di comunicazione hanno l’avallo papale posso dire mail, posso dire forum, posso dire yahoo: non è più solo roba di pedofili.
Non nominerò il tetro e longilineo personaggio che mi ha inviato la mail ma, lo giuro sulla mia contusa bibbia del ’89, i suoi romanzi fanno parte della prima fila di libri sul medesimo scaffale. Proprio quello più complesso e meglio riuscito occultava da tempo l’infame “Io non mi vergogno del Vangelo”, che nel frattempo credo sia stato vittima di sevizie e nonnismo da parte dei romanzi attigui.
L’oggetto della mail era “La natura satanica dei giochi di ruolo” e il testo segnalava il seguente link (clicca qui)
ma in realtà si trattava di un blog (posso dire blog!) che si rifaceva ad un altro link sul Corriere della sera (clicca qui)
in cui era contenuto l’articolo “Vaticano, primo corso contro il maligno“.
Leggo il sottotitolo: “Lezioni in videoconferenza, 120 iscritti. «Tra i giovani cresce un satanismo fai da te, colpa anche dei giochi di ruolo»” e a quel punto, come ho risposto al personaggio longilineo e con barba clinteastwoodiana, arriva la rabbia.

Effetto Santa Barbara
La mia eredità paterna include un’istintività repentina e piuttosto vulcanica che mi fa salire il sangue al cervello (e il flusso trova, invero, molto spazio) e la mia formazione cattolica mi fa elevare un’automatica preghiera a Santa Barbara, Patrona degli Artiglieri nel secondo conflitto globale.
Sono fuori di me. Sì, perché l’hanno fatto per l’ennesima volta: non impareranno mai. Hanno abbassato gli occhi, hanno voluto non vedere. Hanno fatto omissione di coscienza, e non poteva non essere un personaggio come Accattoli a dare fuoco alle sterpi del rogo inquisitorio.
Davanti a un paese in guerra, colpevole di appoggiare una falsa missione di pace in un paese che non poteva più rappresentare una minaccia per qualsiasi nazione …
Davanti ad una nazione in costante declino costituzionale, in cui i diritti del singolo cittadino vengono quotidianamente contratti e svenduti, la stessa nazione ritenuta a rischio dittatura dall’ONU (notizia che guarda caso non trovo mai riportata tra le curve delle veline o il servizio sul perizoma che il Principe Carlo ha ordinato per il viaggio di nozze)…
Davanti a un pubblico del tutto succube di un lurido tsunami di revisionismo storico di matrice fascista, che lede la dignità umana, a cui non sono minimamente estranei membri del governo che sta provocando all’Italia più danni dei bombardamenti americani della 2° Guerra Mondiale
…si va a cercare il Maligno tra i dadi, i pacchetti di patatine, le birre, i manuali, le noccioline e le miniature dei giochi di ruolo. Eh sì, ce n’era proprio bisogno. Non si poteva proprio farne a meno: bisognava mostrare i muscoli e affrontare questa minaccia grave e incombente.

The smoking gun
Esistono dei precedenti (come il delirante Miodiosalvami), che sarebbe fonte di risate se non si avvertisse immediatamente il sentore stagnante della mediocrità), ma soprattutto delle aggravanti. Sì, ci sono delle aggravanti che favoriscono l’attacco al gioco di ruolo come forma di intrattenimento, e sono tante:
– anzitutto è un prodotto di nicchia, certo ci sono case grosse come la Wizards of the Coast, ma in generale non si diventa ricchi o famosi (caratteristiche indispensabili per la forma mentis che si vuole far passare sulla scia del protagonismo) con i giochi di ruolo. Naturalmente parlo in proporzione di un mercato editoriale vasto: in un campione di cento persone dai 15 ai 55 anni solo un 10% (rigorosamente in “abiti neri e magliette con immagini blasfeme”) sa cos’è un gioco di ruolo. D’altronde in un campione di cento persone dai 15 ai 55 anni solo un 5% (rigorosamente vestiti da famiglia del mulino bianco) sa chi ha inventato la pennicellina e come mai non l’ha brevettata.
– è un prodotto d’intelletto, che richiede una buona capacità di immaginare situazioni, mondi, tempi e vite diverse anche senza i supporti multimediali (tv, cellulari ecc ecc…) a cui la gente delega la propria espressività, emotività ed estroversione.
– è un gioco di relazione, chiusi in un cassetto manuali e dadi si può andare avanti a giocare relazionandosi con i personaggi reali o immaginari che fanno parte del gioco.
– è un gioco d’immaginazione, che difficilmente potrà mai sposarsi con l’appiattimento e il conformismo imperanti, due mali che hanno ormai raggiunto livelli hitleriani/mussoliniani, due sintomi di un tumore culturale contratto mediante l’assuefazione medianica.
– è un gioco d’interpretazione, in cui il divertimento stesso sta nell’interpretare qualcun altro, nel cambiare il proprio modo di pensare per accettarne un altro. Qualcosa di inconcepibile in un mondo che ha una morbosa e schizofrenica necessità di temere/odiare una qualsiasi minaccia.
– è un gioco in cui non si vince e non si perde nulla, e quindi esce da quelle regole di creazione della necessità e vendita della soddisfazione che stanno alla base dei grandi giochi di potere con cui si masturba chi non sa sognare.
– è un gioco che può diventare autarchico, perché basta l’immaginazione per crearsi le proprie regole o ambientazioni, e non dover comprare manuali, espansioni o altro. Colpa gravissima: nessuno dirà mai “grazie” ai giocatori di ruolo per la strada, non fanno girare l’economia.
– è un gioco che non va sullo schermo, non ci sono giocatori che fanno conferenze stampa per aver litigato con il loro master, non fanno notizia se vanno a letto con una valletta, non c’è modo di renderlo uno sport su cui lucrare.
è un gioco. E’ un gioco, punto. In un gioco di ruolo nessuno si può estraniare dalla realtà come avviene durante l’assunzione di una droga, perdendo ogni contatto con il mondo e il reale. E’ un gioco e lo si gioca per divertirsi, perché non c’è bisogno di aver sconfitto qualcuno per sentirsi vincente.

Ergo
Tutte queste sono aggravanti, non c’è scampo. Immaginare, imparare a relazionarsi in maniera sempre nuova, sognare altri posti o altre situazioni, giocare sviluppando individualmente una maggiore apertura mentale. Sono tutte aggravanti agli occhi di chi ragiona in termini di potere ed economia.
Ma c’è un problema: come si fa a portare un attacco credibile? In fondo, proprio per la loro scarsa visibilità, i giocatori di ruolo non si pestano negli stadi e non fanno striscioni. Durante una partita di ruolo si sta in casa o in qualche locale seduti a un tavolo: difficilmente si potrà accusare i giocatori di un qualche incidente mortale.
Facile: non spiegando mai alla gente cosa sono davvero i giochi di ruolo. Bisogna descriverli con tinte fosche, mischiarli con vicende torbide molto note, anche se ne sono del tutto estranei. Tutto fa brodo, tanto nessuno controllerà.
Bestie di Satana, il suicidio di qualche ragazzo che casualmente aveva nella stanza una copia di Vampiri the Masquerade, Bambini di Satana, gente in mimetica che si spara con repliche di armi, carte di Magic, un accenno a Marylin Manson, un bambino che ha una crisi epilettica perché per 12 ore ha giocato alla playstation, musica metal, illustrazioni fantasy che di possono confondere con immagini demoniache, qualche problema psichiatrico non chiarito. Ecco, il polpettone è fatto.
In un celebre episodio di La Squadra, una fiction Rai, i giochi di ruolo vengono addirittura confusi tra giochi da vivo, il Gladiatore e pazzi in costume che si sventrano in castelli medievali. Una decifrazione del gioco più confusa non si poteva avere.
In quest’opera di delazione, l’importante è collegare il disagio giovanile ai giochi di ruolo e non hai problemi reali. Non bisogna parlare del flusso di oppiacei che l’Afghanistan “liberato” ci sta smerciando in casa, né di una politica che sta minando il futuro dei ragazzi, sull’educazione al successo per forza e dall’individualismo sfrenato, nessuna parola sulla disoccupazione o l’instabilità, meno che meno su di un vuoto emotivo e immaginativo che sta crescendo come un tumore e che si guarirebbe staccandosi dalla miseria del potere e dell’economia, re-imparando l’empatia, la comunicazione, la relazione.
Ma questo richiede coscienza, una cosa complessa. L’omissione è la via più facile.
Lo scopo di questo sfogo (articolo è un termine che possono usare solo i giornalisti e gli intellettuali reali) non è quello di accusare direttamente Luigi Accattoli, figuriamoci, ma la mentalità cieca e ottusa che si cerca di far passare attraverso questi attacchi insensati. Una mentalità retrograda, non direttamente malvagia ma piuttosto squallida e grigia, tipica di chi non riesce a capire che le proprie sicurezze in realtà sono solo paure, e per questo le diffonde come una versione corrotta del Buon Seminatore. E’ anche una mentalità vigliacca, supplice con i poteri forti e spietata con quelli deboli, capace di lasciar correre su vicende torbide avvenute sotto gli occhi di tutti e nel contempo di rivolgere tutta la brutalità che l’ignoranza genera contro qualsiasi manifestazione, addirittura di stampo puramente ludico, che potrebbe ledere il suo mediocre concetto di normalità.
Lo rifaranno. Oh, se lo rifaranno. Per fortuna a casa di Erika o Omar non è stata trovata una copia de “Il Richiamo di Cthulhu”, né a Cogne organizzano tornei di “Fading Suns” o “Lupo Solitario”. Ma lo rifaranno, una scusa si trova sempre per impedire alla gente di andare oltre certi steccati della mente. Intanto io finisco di impacchettare una copia di “Vampire the Dark Age”, a cui ho sostituito la copertina con “Le Confessioni” di Sant’Agostino. Destinazione Roma. Se tutto va bene e Don Bosco mi assiste, il corrotto germe del gioco di ruolo striscerà tra le stanze sterilizzate e linde delle famiglie Cristiano-Accattoliche.

Jari Lanzoni,
giocatore di ruolo da 15 anni
catechista da 10 anni