di Gabriele Romagnoli
Su una cosa Andy Warhol e la sua corte dei miracoli avevano sicuramente ragione: loro arrivavano prima. Fecero un film su “un marchettaro della 42ma” con largo anticipo su un Uomo da marciapiede e avvertirono con stupore e allarme che Hollywood e tutto l’apparato commerciale stavano «entrando nel loro territorio». Cercarono di spostarsi oltre quel confine, ma non riuscirono a immaginare un’altra zona franca, una nuova Factory. L’epitaffio di quegli anni Sessanta in cui non era chiaro se «succedevano piu’ cose perche’ la gente stava sveglia piu’ a lungo e le faceva accadere o se la gente aveva cominciato a prendere l’anfetamina perche’ c’erano tante cose da fare», e’ una frase emblematica: «Le superstar dei vecchi tempi non venivano molto spesso alla nuova Factory, alcune dicevano che la bianchezza del loft li faceva sentire a disagio».
Un’epoca si chiuse (anche) per una questione di gusto cromatico. Possibile, perche’ era un periodo cosi’: tanto intenso quanto fatuo, pieno di slanci ma strangolato dal narcisismo. Andy Warhol e Pat Hackett lo raccontano in questo Pop, uscito in America nel 1980. Tra le frasi famose di Warhol resta: «Mi piacciono le cose noiose (ma non significa che non mi annoino)». Filmo’ un dormiente per ore. Alla proiezione legarono uno spettatore, ma l’autore si alzo’ dopo pochi minuti.
Il testo di Pop risente di questa passione. Scorre senza picchi, non esalta l’aneddotica, srotola un elenco di nomi di persone (famose), ristoranti, night, marche d’abbigliamento. Diviene, alla fine, un atlante sponsorizzato su cui ripercorrere un tempo fuori sincronia. Di chi lo visse colpisce il distacco dalla storia che non sia quella che sta facendo: «Quando spararono al presidente Kennedy seppi la notizia dalla radio mentre stavo dipingendo da solo nel mio studio. Non credo di aver perso una sola pennellata». Ci sono considerazioni in qualche modo memorabili. Una su tutte: «Se ci tieni alla tua privacy non farti mai sparare». Richiudendo l’albume congedandosi dalle sgargianti fotografie che conteneva l’impressione e’ che davvero abbiano precorso i tempi e con quella passione per l’apparenza, la celebrita’, il transitorio, la vita senza elaborazione ci abbiano lasciato in eredita’ questo reality show che e’ il nostro presente.
[da ‘la Repubblica’, 8 gennaio 2005]
Andy Warhol – POP – Andy Warhol racconta gli anni Sessanta – traduzione di Camilla Scapini – Meridiano Zero – 17.00 euro