di William T. Whitby
Ancora prima di smascherare la falsità della teoria del cancro polmonare da fumo, mi sembra urgente ridimensionare le paure del «fumo passivo», detto anche «fumo involontario» o «di seconda mano ». Si tratta di un concetto del tutto infondato sul quale i fanatici nemici del fumo fanno affidamento per ottenere consensi e far sì che il fumo venga proibito su treni, autobus e dovunque. Se si potesse dimostrare — e io credo che sia facile — che si tratta di una pura assurdità, non sarebbe più possibile appellarsi ai pericoli per la salute per bandire il fumo dai luoghi pubblici.
Alla domanda: che prove ci sono? non si può che rispondere: non ve ne sono affatto. Tutto ebbe inizio all’improvviso, quando un ex capo dei servizi sanitari americani, un funzionario statale, dichiarò pubblicamente che respirare il fumo in una stanza o su un treno o in qualsiasi altro luogo dove vi siano dei fumatori ha effetti dannosi per la salute. Sfidato a fornire le prove, dovette battere velocemente in ritirata e ammettere che non ce n’erano e che l’unica cosa che si poteva dire è che era «sgradevole». Ma l’Oms fece propria la dichiarazione e pubblicò un rapporto che sosteneva la pericolosità del fumo passivo
Molti scienziati di fama internazionale hanno dimostrato, con esperimenti scientifici, che si tratta di una fantasia totalmente priva di basi. Il professor H. Shievelbein dell’Università di Monaco, che è stato membro della commissione di esperti dell’Oms su fumo e salute, svolse un’indagine accurata e affermò che non vi erano prove che il fumo passivo recasse danni alla salute. Il professor Aviado, dell’Università di Pennsylvania, ha dichiarato: «Misurazioni compiute dei livelli di monossido di carbonio in luoghi chiusi e della quantità di nicotina assorbita dai fumatori, ci permettono di concludere che respirare fumo nei luoghi pubblici non costituisce un rischio per i non fumatori». Il professor Klosterkotter, dell’Università di Essen, ha dichiarato che è « assolutamente impossibile» che il fumo passivo danneggi la salute. I professori Hinds e First di Harvard hanno condotto vari esperimenti e dichiarato (1975) che il presunto rischio era «fuori questione». Il dottor P. Harke nel 1970 compì il seguente esperimento: una stanza di metri 7,60 per 9, alta 2,40 venne riempita col fumo prodotto da 150 sigarette consumate meccanicamente. Le concentrazioni misurate di monossido di carbonio risultarono non perniciose.
Tra gli scienziati che hanno demistificato l’assunto, citerò i professori S. Hyden, F. Epstein, O. Gsell e E. Winter.
E necessario ricordare che il monossido di carbonio (CO), sul quale soprattutto si fa affidamento per suscitare timore, si trova comunemente nell’aria. Qualsiasi processo di combustione produce CO, per esempio i gas di scarico delle automobili, i falò di spazzatura, gli inceneritori, i fornelli da cucina. Numerosi scienziati affermano che il fumo di sigaretta è una fonte del tutto trascurabile di monossido di carbonio, al confronto di altre fonti naturali o artificiali. E tuttavia esso viene agitato come spauracchio dagli antifumo.
Il dottor Helmut Wakeham ha scritto su « Preventive medicine» (dicembre 1977) che il monossido di carbonio contenuto nel fumo di tabacco che si diffonde nell’ambiente non rappresenta un rischio per la salute poiché è infinitesimale. Dà poi la descrizione di un esperimento «al limite»: 21 persone vengono chiuse in una stanza di metri 3,70 per 4,50, alta metri 2,40. Sigillata la stanza, viene immesso il fumo di 80 sigarette e 2 sigari per la durata di oltre un’ora. Perfino in tali condizioni anormali, il tasso di monossido di carbonio contenuto nel sangue raggiunse solo il 2,6%, significativamente più basso del 4% raccomandato dall’Oms.
L. S. Jaffe pubblicò sugli «Annals of New York academy of sciences» del 1970 i risultati di ricerche da lui compiute, che mettevano in evidenza che la quantità di CO prodotta dal fumo di sigaretta, rispetto al CO totale contenuto nell’atmosfera, è talmente trascurabile da non poter essere neppure espressa in percentuale. Inoltre, il « Times » di Los Angeles ha pubblicato la notizia che gli abitanti della città vengono sommersi ogni giorno da 9.000 tonnellate di monossido di carbonio prodotto dalle industrie.
C. P. Yaglou nel 1955 compì un esperimento in cui venivano fumate 24 sigarette all’ora in una stanza di metri 4,80 per 3, alta 2,70. Risultò che la concentrazione di monossido di carbonio nell’aria era troppo bassa per danneggiare chi non fumava, per quanto la stanza fosse piena di fumo azzurrognolo (e bisogna tener presente che è impossibile produrre quella quantità di fumo in condizioni normali).
R. E. Eckhardt e la sua équipe sottoposero (come riferiscono su «Archives of environmental health», 1972) per due anni delle scimmie a un livello di monossido di carbonio superiore da due a sette volte a quello di sicurezza (stabilito dall’Environmental protection agency statunitense). Non furono trovate differenze significative rispetto alle scimmie di controllo.
La Società germanica per la medicina industriale trovò che il danno del fumo passivo non era stato riconosciuto e concludeva che non era giustificato proibire di fumare nei posti di lavoro. Un simposio internazionale patrocinato dalla Bavarian academy of industrial and social medicine giunse a conclusioni simili.
Il dottor Ragnar Rylander, un ricercatore svedese, ha affermato: « La maggioranza della popolazione è probabilmente molto meno esposta al fumo di tabacco diffuso nell’ambiente che non all’aria inquinata delle zone industriali ».
A un’udienza congressuale, il dottor E. Fisher, docente di patologia all’Università di Pittsburg, testimoniò che è prova di mancanza di informazione scientifica sostenere che il fumo di tabacco nell’atmosfera provochi dei rischi per la salute.
Il dottor H. Langston, ex presidente dell’American association for thoracic surgery, testimoniò che non vi è nessuna evidenza a sostegno dell’accusa di effetti dannosi per la salute da parte del fumo passivo.
È interessante far notare che perfino il famoso dottor Doll ha espresso l’opinione che non è provato che il fumo di tabacco nell’atmosfera sia causa di malattie nei non fumatori. Venendo dall’uomo le cui relazioni diedero il via a tutti i timori nei confronti del fumo, è veramente degno di nota.
Nel 1978 fu data grande pubblicità al resoconto di un esperimento compiuto da Aronow (su dieci pazienti soltanto, si noti bene) da cui risultava che il fumo del tabacco causava dolore cardiaco in pazienti con preesistenti malattie al cuore. Il professor Fisher criticò l’esperimento in una udienza del Congresso perché «non era stato condotto secondo criteri scientifici». Uno specialista del torace di Los Angeles, il dottor A. Niden, definì «discutibile» il rapporto. Il dottor S. Knoebel, un eminente ricercatore, dichiarò che non è accertato che il fumo di tabacco nell’atmosfera agisca sfavorevolmente sui malati di cuore.
In risposta all’affermazione che il fumo passivo provochi affezioni polmonari, gli scienziati Schmelz, Hoffman e Wynder hanno concluso che esso non aumenta il rischio per queste malattie, come venne confermato anche da Garfinkel dell’American cancer society.
L’affermazione che i bambini hanno la salute pregiudicata dal fumo dei genitori è stata categoricamente respinta da molti scienziati inclusi i ricercatori della Johns Hopkins University. Lebowitz e altri dell’Università dell’Arizona svolsero un’indagine su 1655 famiglie e non trovarono alcuna correlazione.
Kerrebjin, dopo cinque anni di studio sui bambini, concluse: «I genitori che fumano e quelli che non fumano hanno circa la stessa percentuale di bambini con affezioni respiratorie. Il numero di sigarette fumate non ha alcuna influenza sul sistema respiratorio dei loro bambini ».
Dopo uno studio su 376 famiglie con 816 bambini, Bouhuys, che è contrario al fumo, ammise che il fumo dei genitori non causava affezioni polmonari nei bambini o in altri membri della famiglia.
È evidente che suscitare timori per la salute dei bambini è solo un modo piuttosto vigliacco per ottenere consensi giocando sui sentimenti dei genitori. Tali timori sono stati dimostrati privi di fondamento.
Persone che non fumano dicono di manifestare sintomi che, secondo l’opinione di alcuni scienziati, sono dovuti più alla collera di vedere qualcuno che fuma che al fumo in se stesso.
Rummel e colleghi svolsero un’indagine su un campione di studenti universitari. Dopo alcune domande sul loro atteggiamento verso il fumo, furono esposti al fumo. Fu trovato che quelli cui non piaceva il fumo avevano un ritmo cardiaco più veloce dopo l’esposizione.
L’esperienza della Western Airlines dimostra come i fattori psicologici giochino un ruolo importante. Esperimenti sull’areazione avevano dimostrato che il modo migliore per non esporre al fumo le persone che non fumavano era di mettere i fumatori da un lato del corridoio e i non fumatori dall’altro. Quando si tentò di mettere in atto questa misura, i non fumatori si lagnarono. Sembra che a uno che non fuma basti soltanto vedere qualcuno che fuma per sentirne l’odore. La compagnia aerea dovette abbandonare il sistema, sebbene tutte le verifiche avessero dimostrato che in questo modo l’aria risultava meno inquinata.
Alcuni scienziati hanno commentato che le eventuali limitazioni al fumo vanno giustificate col disturbo che può provocare e non con i danni fisici. Il «British medicai Journal» nel 1978 specificò che qualunque divieto del fumo «deve essere basato su considerazioni di preferenza piuttosto che su gravi rischi accertati per la salute ».
Rendendosi conto che lo spauracchio della salute non ha funzionato, gli antifumo hanno lanciato una crociata per far sì che il fumo divenisse socialmente inaccettabile e per promuovere un’immagine sfavorevole del fumatore e del fumo. Questo, in un certo sènso, equivale ad ammettere che non c’è alcuna prova valida che il fumo passivo sia un pericolo per la salute.
Molto significativo è il rapporto del 1977 del Royal college of physicians, che evidenziò l’assurdità della guerra scatenata contro il fumo passivo, perché « non c’è chiara evidenza del danno alla salute derivante dalla normale esposizione al fumo altrui nei luoghi pubblici».
A un’udienza del Congresso del 1978 diciotto scienziati misero in evidenza che il fumo passivo non può causare alcun danno.
Non voglio annoiare il lettore con i numerosi nomi dei ben noti scienziati che hanno parlato contro questa mostruosa bugia, sono troppi per poterli elencare qui, ma sono tutti registrati.
Riveste un certo interesse che le seguenti organizzazioni abbiano clamorosamente fallito nella ricerca di validi indizi di danni arrecati dal fumo passivo ai non fumatori: l’Us Health Service, la Us Federai aviation administration, la Us Inter-state commerce commission e un gran numero di riviste mediche inclusi «Lancet», il «Journal of the New England medical association», «Environmental research» e «Environmental medicine».
In un interessante rapporto proveniente dalla Germania si legge che un tribunale, nel respingere la richiesta di proibire il fumo in certe aree, disse: « L’opinione predominante della scienza medica è che non esistano prove che ci sia rischio per la salute a causa del fumo passivo » (Nordrhein westfalen administrative court, 1981).
Alcuni medici antifumo con un certo senso di responsabilità hanno ammesso l’inesistenza di danni fisici, per esempio il dottor R. Stallones dell’American committee on smoking and health e il dottor J. Rhoads, presidente dell’American cancer society. Perfino il dottor E.C. Hammond, decano della Cancer Society il cui lavoro è stato usato ampiamente dagli antifumo, ha affermato: «Non vi è il minimo indizio che un non fumatore possa essere colpito dal cancro per il fumo di “seconda mano”, mentre vi sono moltissimi indizi che indicano che è addirittura impossibile. Dire che il fumo passivo può causare il cancro è disonesto». Potrebbe esserci qualcosa di più schietto?
L’Ash è un’organizzazione antifumo molto forte, tuttavia perfino il suo gruppo di esperti ammise nel 1973 che «il fumo passivo non rappresenta un pericolo significativo per la salute dei non fumatori tranne in condizioni abnormi, in locali privi di aerazione come quelli usati durante gli esperimenti ».
Nel suo più recente rapporto (1979), costato molti milioni di dollari, il Surgeon General statunitense aveva l’opportunità di alimentare l’allarmismo nei confronti del fumo passivo, ma, di fronte all’opposizione unanime del mondo scientifico, saggiamente lasciò correre. Su questo punto, io ho fatto il nome di moltissimi scienziati, nel rapporto ne vengono citati più di ottanta (nessuna delle loro ricerche fornisce prove plausibili sulla pericolosità del fumo passivo) ma, tranne un paio, non coincidono con quelli da me elencati. Forse perché al Surgeon General non sono noti studiosi come Schievelbein, Aviado e gli altri? O forse perché le loro ricerche non sono confacenti al suo rapporto? Lo lascio decidere al lettore.
Ignorino, o vogliano ignorare, tutti questi rapporti, i fanatici antifumo stanno ancora tentando di far introdurre dei divieti sulla base del conclamato pericolo del fumo passivo e sebbene sia stato dimostrato più e più volte che è assolutamente falso, insistono perversamente e con indicibile disonestà. Sanno bene che devono fare così perché è l’arma più potente del loro arsenale, più potente della paura del fumo, dal momento che spaventare i fumatori non ha avuto neanche lontanamente un successo pari a quello ottenuto spaventando i non fumatori. E lo hanno ottenuto con le menzogne che hanno suscitato paura e isterismo, con l’odio per i fumatori che uccidono con il fumo passivo. La gente spaventata gira con distintivi con su scritto: « II tuo fumo mi sta uccidendo». I fautori della campagna vanno intorno strillando « aria pura». Ma dov’è l’aria pura oggi? Nelle città l’aria è satura di agenti di inquinamento di tutti i generi. Perfino lontano dalle città non lo si può sfuggire.
Riguardo al fumo passivo, un’altra rivendicazione assolutamente infondata è che alcuni sono allergici al fumo di tabacco. Gli scienziati ci dicono che tale allergia non esiste. Ai giorni nostri è diffusa l’abitudine di usare il termine «allergia» per indicare che qualcosa da fastidio, il che vorrebbe dire che affermare che si è allergici alla propria moglie o viceversa è scientifico. L’ultimo rapporto del Surgeon General degli Stati Uniti stabilisce: «L’esistenza di un’allergia al fumo del tabacco non è provata».
Da William T. Whitby, Il fumo vi fa bene, Rizzoli, 1983. Il dottor William Whitby, australiano, è stato a lungo presidente della British Medical Association.
Le sue conclusioni sull’innocuità del fumo passivo hanno trovato conferma in un recente rapporto della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità: Multicenter Case—Control Study of Exposure to Environmental Tobacco Smoke and Lung Cancer in Europe, in Journal of the National Cancer Institute, Vol. 90, No. 19, Ottobre 1998.