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Su Carmilla, Wu Ming 1 ha anticipato un intervento incluso nell’ultimo numero di Nandropausa, e dedicato alla proposta di Mitopoiesi di Sergio Endrigo. La blogsfera ha risposto in massa, segnalando un po’ dappertutto la proposta di matrimonio tra Sergio Endrigo e la narrativa, motivata dall’uscita del romanzo Quanto mi dai se mi sparo?, che il cantautore ha pubblicato per Stampa Alternativa. Per avanzare nuovamente l’invito a firmare la petizione on line a favore della ristampa del catalogo di Sergio Endrigo, riprendiamo da RaiLibro una bella intervista rilasciata dal grande istriano a Giancarlo Susanna

Il suo unico romanzo, Quanto mi dai se mi sparo?, è abbastanza diverso dai libri pubblicati da altri cantautori italiani. Come le è venuta l’idea di scriverlo?

Certe cose non so come mi siano venute in mente. Per esempio, non so… ho inciso Via Broletto 34 e il 34 non esiste, in quella strada. Me l’hanno detto a Milano quando ho fatto un concerto in un teatro…

Perché mi è venuta in mente quella cosa? Non lo so. Sembra che la creatività – con rispetto parlando – nasca da un ritorno quasi all’infanzia, senza i veti che abbiamo durante la vita in una società che ci costringe a fare questo e non quell’altro. Quando si inventa qualcosa, si è assolutamente liberi. E’ un ritorno all’infanzia.

8872268133mini.jpgCome mai si è rivolto a un piccolo editore svizzero? [prima di Stampa Alternativa, il romanzo di Endrigo uscì per una minuscola casa editrice elvetica, ndr]

L’ho proposto alla Feltrinelli e alla Garzanti e non c’è stato niente da fare. Forse perché non erano ancora usciti i libri di Guccini, Vecchioni, eccetera. Poi è diventata quasi una moda. Anche Pupo ha scritto un libro, ma non l’ho letto… Conoscevo una ex giornalista del Canton Ticino e una volta che ci siamo visti abbiamo cominciato a parlare di questo libro e lei voleva pubblicarlo. Però in Italia ne ha distribuite solo sessanta copie…

Solo sessanta?

Sessanta o seicento, non ricordo più!

Sono comunque molto poche…

Lei voleva fare pubblicità alla sua rivista, che si chiamava Il Mago Merlino ed era un periodico esoterico. E infatti tutti i giornali del Canton Ticino hanno parlato del libro, citando anche questo giornale che adesso non esiste più. Non l’ho più vista né sentita… sendrmb.jpgA un certo punto ho mandato una lettera di disdetta, perché non mi avevano neppure comunicato quante copie avevano venduto. Per risparmiare la carta, lo avevano pubblicato con dei caratteri lillipuziani… ma insomma… è andata.

Quanto mi dai se mi sparo? è ancora molto attuale. Anche se la realtà a volte va al di là di quel che si può immaginare.

Tutti gli amici che lo hanno letto lo hanno apprezzato moltissimo.

Ci si può ritrovare lo stile asciutto ed essenziale che ha rende così particolari le sue canzoni.

A settembre uscirà un mio nuovo disco con cinque successi, otto canzoni sconosciute al pubblico e una canzone inedita, una ballata che si chiama Altre emozioni. Farò anche un’ora di spettacolo con Michele Bovi su Rai2, Cinquant’anni di carriera, in cui canterò anche questa canzone.

Dal suo ultimo disco, Qualcosa di meglio, è passato un po’ di tempo…

Hanno buttato via cinque cd, dall’80 in poi: uno con la BMG Ricordi, che allora si chiamava BMG Ariola, due con la Fonit Cetra, uno con Edoardo De Angelis e uno con un produttore di Recanati. Sono usciti, ma in pratica non li ha ascoltati nessuno, perché oggi, se non si spendono un po’ di soldi in promozione, le cose non vanno. Non è come nel ’60, quando poteva aver successo improvvisamente Nico e i Gabbiani. Oggi questo non è più possibile.

Quali sono le canzoni classiche che ritroveremo nel nuovo album?

Io che amo solo te, Canzone per te, Adesso sì, L’Arca di Noè, Girotondo intorno al mondo… Quelle sconosciute sono Allora balliamo, Il giardino di Giovanni, Madame Guitar

Questa è una notizia che farà felici i suoi numerosi estimatori.

Una volta – avevo quarant’anni – è venuto qui a Roma il marito di una mia cugina di Grado, un bancario, e mi ha detto, “Ma canterai fino a novant’anni?” e io gli ho risposto, “Fino a 90 no, ma fino a 80 sì”…

Come i grandi bluesmen…

Purtroppo in Italia la memoria è un po’ corta. Anche se io non mi lamento assolutamente. E’ cambiato il mondo discografico, è cambiato il modo di consumare, di fruire il disco, però mi è andata benissimo. Io sono molto felice di quello che mi è successo.

Tornando alla scrittura e alla letteratura… da dove viene la sua passione per una forma di comunicazione che non si limita esclusivamente alla musica, ma possiede anche un forte valore poetico?

Avevo otto anni, stavo in una soffitta a Pola, la città dell’Istria in cui sono nato… in una soffitta, non una mansarda, e leggevo Salgari in ginocchio su una sedia col cuscino e col lume a petrolio. A quattordici anni, prima di entrare in collegio con i profughi giuliani dalmati, sono stato a Grado da un mio zio che aveva sì la mansarda e le camere anche per i figli e una libreria. Mi son letto I promessi sposi, i racconti di Maupassant, il teatro di Ibsen e un sacco di altre cose. Ho letto
moltissimo, nella mia vita. Adesso sono un po’ nauseato, sono pigro, ma ho letto moltissimo. Ho amato molto la poesia. Sono stato amico di Vinicius De Moraes, un grande amico suo. Ho conosciuto Rafael Alberti, di cui ho musicato La colomba. Ho musicato José Martí… la poesia me l’aveva data Bacalov per un film, La rimpatriata, in cui Walter Chiari faceva un ruolo drammatico, l’unico della sua vita. Non sapevo che Martí fosse il padre della patria, a Cuba, e quando mi hanno chiamato la prima volta, mi sono meravigliato del successo che ho avuto. Sono stato un sacco di volte a Cuba senza mai prendere un dollaro… per la revoluciòn si fa questo ed altro.

Un’altra collaborazione importante è stata quella con Gianni Rodari.

Io avevo fatto La casa e Il pappagallo… La casa era una cosa di Vinicius De Moraes e l’avevo messa in quell’album La vita, amico, è l’arte dell’incontro . Vinicius aveva visto il pappagallo che sta con me da 35 anni – sta urlando anche adesso; è in gabbia, ma quando stavo in campagna era libero in casa – aveva scritto su un bigliettino “Ma che bello pappagallo, tutto verde rosso e giallo”, e io, Bardotti e Bacalov abbiamo scritto parole e musica per Il pappagallo , che è stato un grandissimo successo. Con queste cose e con un disco che si chiamava L’arca – con tutte canzoni di Vinicius De Moraes: Il pinguino, Il pappagallo, L’anatra, La pulce; canzoni per bambini musicate e con gli arrangiamenti di Bacalov – andai da Gianni Rodari. Avevo preso un appuntamento e gli ho fatto sentire questo disco per fargli capire che non era la solita cosa per bambini fatta così alla buona. Era un disco molto serio, fatto molto bene. Lui mi ha dato una ventina di testi, io ne ho scelti dieci o undici e li ho musicati con Bacalov. Ci vuole un fiore è più popolare dell’Inno di Mameli.

Di questo lei può essere davvero molto orgoglioso…

Anche perché i soldi non fanno la felicità, no? Non si vive di solo pane.

Come mai è così difficile trovare questi dischi?

La BMG Ricordi ha ristampato su cd Ci vuole un fiore, ma non so in quante copie. Il mondo discografico è cambiato in peggio. Una volta c’erano dei musicisti come Giampiero Boneschi, alla Ricordi… persone come Nanni Ricordi, che suonava il pianoforte, si occupava di poesia, di musica… Fu lui a spingermi a scrivere canzoni, fra l’altro, perché io non lo avevo mai fatto. Oggi i consigli di amministrazione delle case discografiche sono fatti da gente che viene dalla pasta, dalla carta igienica, che non c’entra niente con la musica e la poesia. L’unica possibilità è che i produttori – che io chiamo le vannemarchi della canzone – riescano a convincere i consigli di amministrazione a tirar fuori dei soldi, e allora la cosa può funzionare.
E’ una cosa molto diversa da quello che succedeva una volta… Alla RCA con Ornato, Melis, sia andava lì, si parlava, si discuteva. Oggi è tutto diverso.