di Matteo Fagotto
[da WarNews]
Non c’è pace per le missioni ONU nei Grandi Laghi. Oltre alle frequenti accuse di non essere in grado di proteggere la popolazione civile dagli attacchi dei vari gruppi armati operanti nella zona, la MONUC e la ONUB, rispettivamente le missioni di pace ONU in Congo e Burundi, sono state travolte nelle ultime settimane dalle pesantissime accuse di stupri, pedofilia e sfruttamento della prostituzione perpetrati contro la popolazione civile dai propri soldati.
Nonostante la “tolleranza zero” predicata dal Segretario Generale Kofi Annan, i casi al vaglio delle commissioni di inchiesta nominate dal Palazzo di Vetro sembrano essere piuttosto numerosi: ben 150 in Congo, solo 2 in Burundi, dove la scorsa settimana due Caschi Blu etiopi sono stati sospesi con l’accusa di aver violentato alcune ragazze locali.
Ma la lista delle nefandezze commesse dal personale militare e civile dell’ONU non si ferma qui. Alcuni Caschi Blu avrebbero infatti tentato più volte di ostacolare le indagini tramite minacce dirette agli investigatori e tentata corruzione dei testimoni, affinché modificassero le proprie deposizioni.
Un cancro che sembra essere particolarmente diffuso e che rischia di macchiare indelebilmente l’immagine dell’ONU nel mondo, dopo i casi simili rilevati negli anni 90 nelle missioni in Cambogia, Bosnia e Somalia. Lo scorso mese Kofi Annan è stato costretto ad ammettere gli abusi commessi dalle truppe ONU in Congo, aggiungendo però che le persone coinvolte sarebbero un numero esiguo.
Il comportamento non certo esemplare tenuto dai Caschi Blu in Congo non è sfuggito alla popolazione civile, che negli ultimi mesi ha organizzato numerose manifestazioni di protesta per il comportamento dei soldati della MONUC, accusata di essere incapace di bloccare gli scontri in Ituri ed in Kivu anche perché dedita ad attività più “redditizie” quali contrabbando di armi, estorsione, violenze contro i civili, abusi sessuali (anche nei confronti di ragazze minorenni e bambini).
Alla luce delle recenti scoperte la preoccupazione principale dell’ONU sembra quella di non perdere la faccia di fronte all’opinione pubblica internazionale. Il problema è che accuse simili sono state lanciate contro il personale ONU anche per quanto riguarda le missioni di pace nell’Africa Occidentale e a Timor Est. Ora che il tappo è saltato, gli abusi delle truppe ONU rischiano di venire alla luce del sole tutti assieme.
Nonostante Kofi Annan abbia promesso una punizione esemplare per i responsabili, il Palazzo di Vetro può fare ben poco contro gli abusi dei soldati, che devono rendere conto principalmente alle nazioni di appartenenza. Difficile ipotizzare quindi che India, Pakistan, Nepal, Sudafrica ed Uruguay prendano troppo a cuore il problema. E’ più verosimile che i casi vengano insabbiati, come già successo per gli abusi sessuali compiuti a Bunia dalle truppe ONU negli anni scorsi.