Robert Bork, Richard John Neuhaus, Robert Royal… Tutti cattolici venuti dal protestantesimo o dal progressismo. Sono molto ascoltati dalla Casa Bianca e con loro c’è anche un cardinale
di Sandro Magister
ROMA — Due di loro, in Vaticano, sono conoscenze d’antica data: George Weigel e Michael Novak [nella foto]. Il primo ha pubblicato nel 1999 una monumentale biografia di Giovanni Paolo II, “Witness to Hope”, tradotta in numerose lingue e molto apprezzata dallo stesso papa. Il secondo ha studiato teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e da allora è sempre stato di casa nelle facoltà teologiche romane e nei Palazzi Apostolici.
È con l’ultima guerra in Iraq che i rapporti tra loro e il Vaticano si sono raffreddati. Nel frattempo, però, negli Stati Uniti la loro influenza si è rafforzata, al punto che è nato un neologismo per designare loro e gli altri intellettuali della stessa area: “theoconservative”, o più in breve “theocon”.
Ecco qui di seguito un loro profilo, scritto da un intellettuale italiano che li conosce molto da vicino: Marco Respinti, redattore del settimanale di cultura “il Domenicale” e research fellow presso The Russell Kirk Center for Cultural Renewal di Mecosta, nel Michigan. Respinti ha tradotto e curato l’edizione italiana di opere di Edmund Burke, Charles Dickens, Thomas Stearns Eliot, Russell Kirk, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Ha scritto questo articolo per il quotidiano “Il Foglio”, sul quale è uscito il 19 settembre 2003:
Nei pensatoi d’America arriva la carica dei theocon
di Marco Respinti
Un neologismo si aggira per gli Stati Uniti. “To be borked”. Fare la fine del giudice Robert H. Bork, che, nominato nell’autunno del 1987 alla Corte suprema dal presidente Ronald Reagan, fu stroncato dal Senato — allora a maggioranza democratica — nelle udienze che, per legge, valutano il cursus honorum dei candidati.
Fin qui nulla di strano. Una prassi normale nel paese che di pesi e contrappesi costituzionali e di divisioni fra i poteri ha fatto un credo e una realtà. Ma il fatto è che Bork venne ricusato per ragioni squisitamente politiche. Il Senato, colmo di anti-reaganiani, entrò nel merito specifico delle sue opinioni giuridiche e filosofiche. In diversi casi il giudice Lewis Powell (1908-1998), che Bork avrebbe sostituito, era stato il vero ago della bilancia. Degli altri membri della Corte suprema (nove giudici) la monoliticità del giudizio era sempre stata, da una parte o dall’altra, certa. Bork avrebbe dunque portato a maggioranza certa il “partito dei decisi” di destra, con grande timore dei liberal (femministe e sostenitori dei diritti civili, ambientalisti, salutisti e sindacalisti, il Sierra Club, la Planned Parenthood, la National Mental Health Association, eccetera) che vedevano in lui una minaccia per i “diritti acquisiti”. Per esempio, la legalizazione dell’aborto avvenuta per decisione della Corte suprema con il caso Roe vs. Wade nel 1973.
Da qui il neologismo. Ribalzato persino nel titolo (“On Being Borked”) dell’autodifesa che lo storico e politologo Daniel Pipes, esperto di Medio Oriente e di terrorismo internazionale, ha affidato il 26 agosto scorso alle pagine del NewYork Post per rispondere alla gragnola di accuse degli avversari politici che ne contestano la nomina allo United States Institute for Peace (una istituzione indipendente creata dal Congresso nel 1984), decisa da Bush il 1° aprile.
Ma un secondo neologismo viene sussurrato negli States. “Theocon”: i neocon “teologici”. Fa quasi sorridere, giacché il Theocon è un medicinale a base di teofillina e di guaifenesina che combatte l’asma. Però potrebbe pure suggerire l’idea che i theocon siano una boccata di ossigeno per i neocon. Ebbene, il giudice Bork è certamente uno di loro. Prima da presbiteriano, la fede in cui lo hanno allevato i genitori che però appartenevano a due denominazioni presbiteriane diverse; oggi da cattolico. Ufficialmente dal 21 luglio, data del suo battesimo amministrato da monsignor. William Awalt e da padre C. John McCloskey III.
In un’intervista al settimanale National Catholic Register del 10 agosto, Bork ricorda che però la fede non ha contato granché nella sua adolescenza. Anzi, che per anni egli è stato completamente agnostico. La svolta è del 1982, data delle seconde nozze (era rimasto vedovo due anni prima) con Mary Ellen, cattolica, già suora del Sacro Cuore per quindici anni. Che ha cominciato a portarlo a messa alla domenica. Poi, nel 1996, Bork ha pubblicato “Slouching Toward Gomorrah: Modern Liberalism and America Decline” (ReganBooks, New York), una serrata denuncia delle per lui catastrofiche conseguenze della secolarizzazione di certi settori della società Usa, che il professor Bruce E. Johansen (uno dei bersagli del libro) si vanta di aver eliminato dalla biblioteca dell’Università del Nebraska, a Omaha, dove insegna Native American Studies.
Secondo monsignor Awalt, della St. Anne’s Catholic Church di Washington, il pensiero espresso in quel libro era già perfettamente in linea con il cattolicesimo. Poi Bork è passato attraverso “The Beliefs of Catholics” di Ronald Knox (1888-1957), consigliatogli da padre McCloskey, della prelatura dell’Opus Dei, firme fra le più note del mondo cattolico Usa e popolare volto tivù della Eternal Word Television Network, gestita a Birmingham, in Alabama, dalla famosa Madre Angelica. Per inciso, Knox è uno dei grandi convertiti del mondo letterario anglofono del Novecento (sulla scia di John Henry Newman e in compagnia di Gilbert K. Chersterton, Hiliare Belloc, Christopher Dawson, l’anglicano Clive S. Lewis, eccetera), autore di una traduzione del Nuovo Testamento che se non fosse stato per il Vaticano II oggi sarebbe quella inglese ufficiale. Ma senza la signora Bork sarebbe andata diversamente. In una nota inviata al National Catholic Register, Richard John Neuhaus ha scherzosamente affermato che finalmente ora gli angeli potranno riposarsi dalle insistenze di Mary Ellen.
Ex pastore luterano e oggi sacerdote cattolico, Neuhaus dirige il mensile First Things: The Journal of Religion and Public Life. Nel 1987 pubblicò l’apologetico “The Catholic Moment: The Paradox of the Church in the Postmodern World” (Harper & Row, San Francisco) prima di convertirsi nel 1990. Considerato uno degli intellettuali più influenti d’America, ha pure ricoperto incarichi pubblici nelle amministrazioni Carter, Reagan e Bush padre. Il che ne testimonia l’itinerario anche politico verso destra.
“Theocon”, del resto, è un termine che ampiamente si sovrappone alla sua figura, o meglio al suo periodico. Sul quale, infatti, scrivono tutti i neocon teologici. Michal Novak, il profeta del “capitalismo democratico”, e George Weigel, biografo di Papa Giovanni Paolo II e senior fellow all’Ethics and Public Policiy Center di Washington: fieri sostenitori della dottrina sociale cattolica, almeno dall’enciclica “Centesimus annus” del 1991. Ma pure Robert Royal, presidente del Faith & Reason Institute della capitale federale e autore di “I martiri del XX secolo. Il volto dimenticato della storia del mondo” (traduzione italiana Ancora, Milano, 2002), nel quale, fra l’altro, si racconta dell’assassinio di monsignor Oscar Romero, arcivescovo di El Salvador, avvenuto nel 1980, in modo diverso dalla vulgata.
I theocon sono molti di più, ma sono questi quelli che fanno la linea. Tra loro ex cattolici progressisti spostatisi a destra (analogamente agli ex trotzkisti che costituiscono il grosso del movimento neocon) o ex protestanti convertiti. Fra i cattolici americani non progressisti, i theocon, dottrinalmente piuttosto ortodossi, sono però i più disposti a un compromesso col “mondo”, in Italia diremmo i più democristiani. Eppure un recente articolo di Weigel — che se la prende con la nuova innologia cattolica americana, trasudante, a suo avviso, dosi massicce di pelagianesimo — conferma l’insufficienza delle sigle a descrivere gli uomini.
Oggi Robert Bork è senior fellow dell’American Enterprise Institute di Washington, in compagnia di Walter Berns, Lynne V. Cheney, David Frum, Newt Gingrich, Jean J. Kirkpatrick, Irving Kristol, Michael A. Ledeen, Joshua Muravchik, Michael Novak, Richard N. Perle e Ben J. Wattemberg. Con lui i theocon di questo pensatoio neoconservatore sono uno in più.
E i theocon hanno anche il loro cardinale
(s.m.) Tra le grandi firme di “First Things”, la rivista theocon diretta dall’ex luterano, oggi sacerdote cattolico, Richard John Neuhaus, figura anche il teologo gesuita Avery Dulles, fatto cardinale da Giovanni Paolo II nel 2001.
Anche Dulles è un convertito. Nato presbiteriano, si dichiarò agnostico durante i primi studi a Harvard. Ma poi si riavvicinò alla fede e nel 1940, a 22, anni, entrò nella Chiesa cattolica.
“La Civiltà Cattolica”, autorevole rivista dei gesuiti di Roma, sul numero del 6 settembre 2003 pubblica un interessante profilo di Avery Dulles teologo e cardinale, scritto da un suo confratello gesuita, Donath Herscsik.
“La Civiltà Cattolica” ricorda tra l’altro che Avery Dulles è figlio di John Foster Dulles, segretario di stato durante la presidenza di Dwight Eisenhower; che già un suo bisnonno, John W. Foster, e un suo zio, Robert Lansing, furono ministri degli esteri; che un altro suo zio, Allen W. Dulles, fu direttore della Cia; che una sua zia amministrò nel dopoguerra Berlino per conto degli Stati Uniti; e che suo nonno, Macy Dulles, fu un noto teologo presbiteriano.
[da L’Espresso – www.chiesa, a cura di Sandro Magister]