di Giuseppe Genna
Non esiste differenza tra il regime tecnocratico che ha deciso di creare un continente unico (quello che già esisteva, cioè il Vecchio) e il regime fondamentalista che ha deciso di distruggere un continente differenziato (cioè l’ultimo arrivato tra i continenti: il Nuovo, sezione nord). I grandi innovatori sono conservatori: neocon, appunto, i reazionari che propalano il nuovo che è vecchio. Neocon è, risaputamente, la maggioranza dell’Amministrazione Bush e, soprattutto, la quasi totalità dell’esercito ideologico che ne ha ispirato la matrice filosofica. Al potere ci sono sempre andati, i filosofi. Soltanto di una specie, però, tranne rare e numinose eccezioni. La specie dei divoratori, la razza rettile di chi conserva lo status quo oppure ne decide l’evoluzione secondo determinate traiettorie.
Qualcosa si muove anche in Europa – ed è lo stesso tipo di “nuovo”, l’evoluzione del reazionariato, il tecnocratismo eletto a norma di potere e di vita. Di rientro dall’Olanda, ecco lo specchio fedele e simbolico di un Paese che sta crollando grazie ai sofismi disumani che provengono da Bruxelles, dove vipere neocon si aggrovigliano e sibilano i loro devastanti precetti.
Siete olandesi e avete un bambino da mandare all’asilo? 1.000 euro al mese.
Siete olandesi e vi tagliate un tendine con il coltello? Andate sì al pronto soccorso, ma a quello tedesco, oltreconfine.
L’Olanda è oggi il simbolo dello smantellamento sciagurato del Welfare o, come mi pare più corretto dire, dei diritti acquisiti con anni di lotte. Una devastazione nazionale che non ha confronti in Europa per velocità di applicazione e studio a tavolino. Questa era la nazione libera, multietnica (ma non multiculturale: su questo torneremo a fine articolo), dedita al rispetto della parola dell’altro, pronta ad accogliere non soltanto le genti ma anche i bisogni. L’Olanda era uno stato modello quanto a modernità delle strutture e a facilità di accesso delle stesse. Un sistema educativo all’avanguardia, nicchie di ricerca di eccellenza, ampio dibattito su temi morali (dall’eutanasia ai diritti di genere sessuale). Infrastrutture funzionanti, efficienza umana coi minimi dell’alienazione, comunità calda e reti di solidarietà. Una diffusione della cultura impressionante (per fare un esempio: il mercato editoriale olandese surclassa qualunque altro in Europa per rapporto abitanti/lettori).
Di colpo, tutto finisce.
Comincio con un aneddoto personale. Una sera devo rientrare da Utrecht ad Amsterdam: 30 minuti di treno, i treni in Olanda passano ogni dieci minuti, è una rete straordinaria, sembra un’immensa metropolitana. Però, da due anni e mezzo, le ferrovie dello Stato olandese sono state privatizzate. Gli effetti si sono visti subito: disagi, crolli della linea, sporcizia ovunque, lamentele dei passeggeri che solo qualche tempo prima erano semplicemente impensabili.
Arrivo in stazione a Utrecht, mi dicono che il treno per Amsterdam ha problemi. Forse devo passare la notte lì. Esco dalla stazione, cerco un taxi, contratto un viaggio ad Amsterdam. Ecco come: il taxista – un immenso gorilla neerlandese che tiene al PSV Eindhoven e non all’Ajax – mi propone cento euro, rilancio con trenta, ci accordiamo a quarantacinque. Il primate biondochiomato accetta, scende dall’auto, apre il cofano, armeggia e rientra. Io non sono scemo e ho capito perfettamente cosa ha fatto: ha staccato il contachilometri. Quando gli dico che mi pare di essere a Napoli più che a Utrecht, mi risponde: “Ho due figli, non ce la faccio a tirare la fine del mese, sono sul taxi dalle sette di stamane, sedici ore di lavoro, se non stacco il contachilometri devo farti pagare cento euro e tu non accetti il viaggio e io perdo la mia percentuale”.
Ero reduce da una conversazione con una giovane mamma olandese, le cui notizie ho pluriverificato nelle ore seguenti: ci vogliono due milioni di lire per mandare un figlio all’asilo. Il sistema educativo olandese è in crollo. Non ci sono i fondi per le elementari, così il governo, di ispirazione cristiana (e che di cristiano ha per l’appunto solo l’ispirazione), ha deciso di concedere cinque settimane all’anno in più di vacanze – col risultato di gettare nella disperazione i genitori dei bambini, che devono lavorare e non possono badare ai figli.
All’università, si contesta la nuova riforma dell’istruzione, con una mobilitazione imponente delle leve docenti e studentesche. I capifila del movimento universitario denunciano l’impoverimento della cultura a cui la riforma (grossomodo come quella Moratti) costringe le giovani generazioni. E’ una riforma “all’americana” e il modello non si capisce bene perché sia stato adottato. Non c’era alcuna ragione di mutare una delle migliori strutture di scolarizzazione del mondo (in media, ormai, un olandese parla tre lingue). Opporsi a questa riforma del sistema scolastico espone a discriminazione e a rischi personali.
A maggio si è tenuta ad Amsterdam una manifestazione che non ha pari negli ultimi quarant’anni di storia del Paese: erano in trecentomila a protestare contro i provvedimenti antisindacali della nuova politica del lavoro (grossomodo la nostra legge Biagi). Sarebbero stati molti più di trecentomila, se la polizia non avesse bloccato l’intera rete ferroviaria olandese, impedendo a chi veniva da fuori di raggiungere la capitale in treno. Su strade statali e autostrade la polizia ha organizzato civilissimi blocchi, con enormi cartelli che recavano lo sconcertante messaggio: “Amsterdam irraggiungibile”. Gli olandesi, civilissimi come la loro polizia, ci hanno creduto e hanno fatto dietrofront.
Capitolo sanità (grossomodo la riforma Formigoni): qui siamo al surreale. Sono state cancellate le visite a domicilio, anche a pagamento. Il che presupporrebbe un rafforzamento di pronti soccorsi e ospedali. Non è così. Il pronto soccorso è attualmente una lista: si va lì e ci si iscrive. Si viene convocati dopo una settimana. L’Olanda è una nazione piccola, raggiungere i confini è facile. Ormai gli olandesi migrano: in Belgio e Germania, per trovarsi un dottore se hanno un’otite particolarmente grave.
Ed ecco il motivo per cui elevo il crollo olandese a simbolo dell’assalto neocon all’Europa. Come si sa, l’Olanda è sotto choc per l’omicidio del regista Theo Van Gogh, pronipote del pittore [nella foto a destra]. E’ l’equivalente dell’omicidio Olof Palme in Svezia o di quello Aldo Moro in Italia. In piazza Dam, nel pieno centro di Amsterdam, la sera dell’assassinio si sono riunite in manifestazione spontanea ventimila persone. Lo sguardo degli olandesi, in questi giorni, era traumatizzato, confuso. La matrice islamica dell’attentato ha sconvolto un intero popolo. La premeditazione dell’omicidio, col macabro particolare della lettera di cinque pagine appesa allo sterno di Van Gogh con un coltello dall’assassino, ha letteralmente sconvolto ogni olandese.
La reazione non si è fatta attendere. Si contano per ora una decina di attentati, per fortuna senza morti o feriti, in varie sedi islamiche, tutti rivendicati da cazzutissime fratellanze ariane e antimusulmane.
Si respira un’aria da complotto generalizzato, da esteso scontro di civiltà – il che è incredibile per l’Olanda.
Questa perdita di verginità viene tuttavia gestita – e questo è il punto. Nel momento di massimo sisma sociale da cinquant’anni a questa parte, emerge un crimine che segna la memoria e l’immaginario collettivi.
La prima occorrenza informativa dell’omicidio Van Gogh, per me, è stata la trasmissione di Giuliano Ferrara, il neocon pilotato dalla moglie americana, Selma, che prima si occupava di sesso e ora di Cia. Era la sera delle elezioni americane, che qui da noi sono state vissute come una finale spagnola di un Mundial di calcio. Ferrara apre non con lo scontro Bush-Kerry, ma con l’omicidio Van Gogh. Ha perfettamente compreso che tra la vittoria dell’idiota e l’omicidio del regista non corre alcuna differenza – anzi, è che la seconda innesca la prima. Ferrara presenta infatti l’assassinio dell’olandese, con una malizia nemmeno tanto raffinata, come lo sbarco del clash of civilizations in Europa. A poco valgono le precisazioni del giornalista olandese in studio, quando Ferrara lega il caso Van Gogh all’omicidio del candidato elettorale Pym Fortuyn, avvenuto due anni prima, per mano di un vegano impazzito (ironie di Ferrara sui pacifisti che uccidono, tentativi di legare il terrorismo fondamentalista musulmano al movimento pacifista).
Il giornalistone rosso di capelli e barba ripete l’exploit televisivo al convegno organizzato con Rocco Buttiglione per lanciare il movimento teocon: chiede alla platea milanese un minuto di silenzio in ricordo di Theo Van Gogh. Van Gogh ovviamente non avrà gradito, perché autenticamente contrario a ogni “teoconismo”, soprattutto di marca giornalistico-paravaticana. Ma a Ferrara non importava: bisogna mantenere la salma, come diceva Ellekappa a proposito di Arafat.
Gestiamo la salma.
Puliamola con sapone teocon.
Mettiamola in freezer e tiriamola fuori alla prossima riforma.
Il risultato è che la gestione del caso Van Gogh permette un’ulteriore gestione: quella delle riforme indegne che stanno abbattendosi ovunque in Europa. Una grandinata di leggi quadro e protocolli reazionari, che hanno l’unico intento di distruggere la vivibilità della vita in Europa, per ridurla a mera sopravvivenza. Un innalzamento senza pari delle quote di ansia sociale sta aggirandosi come un fantasma per l’Europa. La riforma sanitaria di Parigi dà il braccetto a quella scolastica di Roma e a quella del lavoro in Germania.
Sia chiaro: i ritmi e i modi dello sviluppo in occidente sono vergognosi. Però sono stati imposti dai medesimi quaccheri che ora predicano i tagli. Si può fare diversamente. Si può evitare di ridurre Amsterdam a Blade Runner.
Un altro sviluppo è possibile ed è l’unica alternativa al blocco della creatività e della vitalità a cui guardano questi reazionari innovativi, siedano e respirino essi a Washington o a Strasburgo.