di Riccardo Valla
Uno dei
fenomeni che mi ha maggiormente colpito negli ultimi anni è la
scomparsa della "social science fiction" dalle comuni letture.
Chi legge ancora i romanzi di Pohl e Kornbluth o i racconti di Sheckley?
I motivi sono vari, dall’affermarsi della fantascienza epica di Dune
o della Fondazione che nel periodo dell’edonismo reaganiano ha
cacciato via dal mercato la moneta diversa, alle carenze interne di
molte di quelle storie "sociali", la cui contestazione contro
l’establishment ci appare oggi come, parafrasando un vecchio titolo
di Ballard, "gioco degli schermi" e "scultura di nuvole"
e troppo grandi i peccati di omissione, per esempio nell’analizzare
il rapporto tra l’Occidente e il Terzo Mondo.
Le uniche opere dell’epoca che si leggano ancor oggi sono quelle di
Dick; questo suggerisce che siano capaci di evidenziare agli occhi del
lettore alcuni problemi dell’oggi, che siano opere forse classiche,
nel senso che ogni generazione vi trova riflessi i propri interessi.
A sostegno di questa seconda possibilità c’è la costante
corrispondenza "profetica" tra l’opera di Dick e la realtà:
in un suo vecchio romanzo, un candidato alla Presidenza veniva invitato
a mostrarsi uguale ai suoi elettori andando a visitare alcune case d’appuntamento
in orbita; qualche anno dopo, il candidato Jimmy Carter accoglieva un
analogo suggerimento facendosi intervistare su "Playboy".
Un esempio della corrispondenza "profetica" tra le immagini
di Dick e la nostra realtà ci può essere suggerito da
un suo romanzo del 1963-64, The Three Stigmata of Palmer Eldritch,
che fa parte del suo gruppo di romanzi sulla "droga". Lasciamo
da parte la tentazione di analizzare le scelte linguistiche dell’autore,
ma è curioso come Proxima diventi Prox e trasmetta il senso del
rappresentare qualcun altro; il protagonista Bulero sia in un certo
senso un bull-hero, i pre-cog siano insieme piccoli elementi meccanici
e truffatori, e soprattutto le due droghe Can-D e Chew-Z facciano venire
in mente can-do e choose: mentre una non fa fare nulla – i coloni si
lamentano di passare il tempo a litigare, sotto l’influsso della droga
– e l’altra toglie le scelte alternative e condanna a ripetere il proprio
passato, come accade a Mayerson quando cerca di ritornare, almeno nell’allucinazione,
con la ex moglie.
Sul linguaggio di Dick occorrerebbe uno studio completo, probabilmente
dalla sua accettazione e dal suo rifiuto di taluni termini per reinventarli
– prosthenics, tape transport – si potrebbero trarre suggerimenti
sul suo intero rapporto con il mondo della fantascienza e non solo quello.
Palmer Eldritch è un romanzo lineare nella prima parte
e caotico nella seconda – dal momento in cui Bulero va alla conferenza
stampa con l’intenzione di uccidere Eldritch – e alla solita indeterminatezza
del tema del viaggio nel tempo, o meglio del suo equivalente costituito
dalle informazioni fornite dai pre-cog, che presto degenerano in una
regressione infinita, perché ciascuno dei due avversari vede
nel futuro le mosse e le contromosse dell’altro, si somma lo spunto
della "vita è sogno" o della farfalla di Chuang-tzu,
non appena Bulero e Mayerson non possono più essere sicuri di
vivere nel "grado zero" dell’esperienza, il mondo reale, e
non in uno dei successivi livelli di allucinazione dentro l’allucinazione.
E anche la forma della narrazione, con i suoi stacchi da un punto di
vista all’altro, corrisponde al contenuto, tanto che come nella teoria
delle ambiguità di Empson, il significato è costituito
dalla somma di tutti i suoi significati, e si può solo ragionare
in termini di probabilità dei vari esiti: Bulero ha davvero ucciso
Eldritch nello spazio, e ha ucciso Eldritch o Mayerson? Sono tutti contaminati
dalle stimmate o sono in un’ennesima allucinazione?
Rispetto agli altri romanzi del periodo, PE è però quello
che contiene la maggiore quantità di riferimenti religiosi manifesti
o metaforici, e perciò soffermiamoci su quelli.
Tra i contenuti manifesti, la droga Can-D "è come la religione"
e porta a una conoscenza estatica: "in concert, the users’ minds
fused" (p. 26); a p. 36 apprendiamo che tra coloro che usano la
droga è sorta una teologia: Sam Regan è un credente, "he
affirmed the miracle of translation", in un episodio con la sua
vicina che inizia a p. 39, con discorsi casuistici si propone la superiore
realtà delle esperienze che si hanno sotto l’effetto del Can-D.
Anche Palmer Eldritch è collegato a una dimensione religiosa:
a p. 28 Bulero si chiede che cosa abbia trovato su Proxima quell’"Arcano
Pellegrino" e si domanda se non abbia trovato Dio. Alla stessa
conclusione arriva una delle sue ragazze, Miss Jurgens.
Quanto al discorso metaforico sulla religione, il romanzo è attraversato
da una struttura inferno-paradiso, in cui però solo la Terra
viene descritta come inferno – per l’alta temperatura che vi regna –
e i paradisi sono una struttura circolare: la residenza dei ricchi Winnie-ther-Pooh
Acresdove abita Bulero è identica al paradiso che i coloni marziani
sognano sotto l’effetto della Can-D, ma a sua volta Bulero invidia ai
coloni la loro possibilità di evasione ("what is there of
equal value to us?").
Che molte volte i luoghi abbiano un valore sacrale, è sottolineato
dal modo in cui ci sono presentati. Marte è introdotto da un
suono terribile che giunge dal cielo: "At ten in the morning a
terrific horn, familiar to him, hooted Sam Regan out of his sleep"
un clacson che è una sorta di "Tuba mirum spargens sonum
per sepulcra regionum". A sua volta Bulero si sente un Messia (i
suoi impiegati sono "all engaged in their various imitations of
him") e Eldritch è associato alla morte fin dall’inizio,
quando Bulero si chiede: "What did he find? Something worth his
terminal crash on Pluto". Ciò che ha trovato al di là
della vita ne valeva la perdita?
Il problema a questo punto è se tutti questi elementi religiosi
formino una struttura coerente e non banale. Naturalmente le strutture
che possono emergere sono diverse, a seconda del paradigma con cui si
cercano. Una struttura sufficientemente coerente e valida per il lettore
di oggi mi pare tuttavia quella che ci può essere suggerita dalla
fantascienza odierna, in particolare dalle ottiche derivate dai cyberpunk.
Grazie a nuovi paradigmi sul pensiero, per esempio, oggi abbiamo chiara
una distinzione tra software e hardware che trent’anni fa non potevamo
avere. Analogamente l’esperienza dei giochi elettronici ci permette
di dare nuovi significati ad alcuni vecchi dilemmi morali sull’opposizione
tra realtà e sogno.
L’autore che ho visto esprimere meglio il rovesciamento di prospettiva
post-cyberpunk sulla virtual reality è Gregory Benford nel racconto
del 1998 Al suono di una musica aliena. Nel racconto, i terrestri
in visita a un pianeta "impossibile" (ossia con realizzazioni
tecniche incomprensibili alla scienza dell’umanità) hanno l’impressione
che i suoi abitanti facciano parte di un grande consesso galattico che
vive in una realtà virtuale. Commenta il narratore:
"[Tra
la cultura del nuovo pianeta e quella della Terra], dove l’evoluzione
della società procedeva da più di un secolo parallelamente
a quella dei computer, si presentava un’inquietante analogia. Alcune
comunità delle regioni più progredite della Terra pensavano
che la vita in tempo reale fosse un’esperienza pallida ed effimera.
Dopotutto non si poteva archiviarla per riviverla, per riassaporarla
finché non fosse divenuta una vera parte di se stessi. La vita
reale serviva per una volta sola, poi veniva persa. Perciò, un
numero sempre crescente di persone preferiva vivere in mondi resi totalmente
volontari, troncati, mutilati, retti da tecnologie che esse potevano
a malapena percepire come i vaghi limiti di una scelta per tutto il
resto infinita."
Questo
commento ricorda i vecchi manifesti del Surrealismo che vedevano il
reale come un vincolo. Come si vede, Benford reimposta l’intero rapporto
tra vita reale e realtà virtuale, non più intesa come
una fuga dalle responsabilità o da se stessi, ma come accesso
a un mondo mentale più vasto e libero, e la priorità della
dimensione mentale su quella materiale.
Non mi sembra un caso che proprio mentre si scrivono considerazioni
come quelle di Benford cresca anche la celebrità di Dick, un
autore che sfiorò questi argomenti in gran parte della sua produzione.
Nelle Tre stigmate di Palmer Eldritch l’opposizione tra la realtà
e le allucinazioni, nella vita dei coloni marziani, corrisponde a quella
di Benford, con la differenza che oggi Benford può analizzare
senza dare giudizi morali una vita solo virtuale, mentre fino a poco
fa il suo discorso sarebbe stato visto come una difesa del "vizio":
ne nasce una tensione che potrebbe spiegare l’interesse di Dick per
un tema come la realtà della realtà.
Nel parlare del romanzo, Dick stesso riconosceva che le sue ispirazioni
erano state da una parte i giocattoli commerciali come la Barbie e dall’altra,
per la figura di Palmer Eldritch, varie immagini di guerra, dai soldati
della prima guerra mondiale in maschera antigas ai guerrieri con una
maschera di ferro sul viso.
Palmer Eldritch sembra dunque una figura di morte e infatti fin dall’inizio
si parla del suo terminal crash. Scorre anche per tutto il romanzo
l’idea del suicidio, di lasciare il mondo per raggiungerne uno migliore.
Una tentazione a cui Bulero si oppone, anche se lo attrae quella di
sacrificarsi messianicamente per il bene di tutti, ma che attira Mayerson
e gli fa prendere la decisione di raggiungere Marte, dove avrà
a disposizione i paradisi creati dalla droga di Bulero o da quella di
Eldritch.
A questo punto del romanzo, l’opposizione tra Bulero ed Eldritch è
tra chi crede e chi non crede nell’Aldilà: mentre Bulero vede
la sua droga soltanto in modo materialistico, fin dall’inizio Eldritch
si presenta con lo slogan "Dio promette la vita eterna, noi ve
la diamo". Dietro questa opposizione tra vita e morte, però,
ce n’è una seconda, più profonda, tra vita e sogno, che
oggi ci rimanda a quella, per noi più attuale, tra realtà
"reale" e virtuale.
Almeno, questo se consideriamo due aspetti del romanzo, il primo costituito
dallo stesso Eldritch, il secondo dalla differenza tra le due droghe
quale emerge dalla scena già citata tra i due coloni marziani.
Innanzitutto il protagonista eponimo. Palmer Eldritch è già
tale di nome e al suo ritorno lo è anche di fatto. Parte alla
ricerca di Dio e presumibilmente lo trova, visto che "had gone
to Prox a man and returned a god", p. 160. (E il Centauro è
un luogo molto dickiano per trovare gli dei: in un altro suo romanzo
incontriamo l’affermazione che Dio è morto, hanno trovato il
suo corpo in orbita attorno al Centauro.) Ma che dio può avere
trovato? La risposta più ovvia è il dio di cui porta già
le stimmate.
Il problema, qui come sempre, è se le stimmate siano metaforiche
o metonimiche. In genere vengono esaminate per il loro contenuto metaforico,
relativo alla loro posizione; però la natura delle stimmate in
generale è metonimica: non fanno semplicemente allusione alle
ferite di Cristo, come potrebbero fare se fossero solo dipinte, ma partecipano
della natura di ferite. Il Dio incontrato da Eldritch è perciò
il Dio dell’artificiale o più precisamente della sostituzione
del naturale con qualcosa di fabbricato, dell’uomo con la macchina,
della libertà con processi deterministici.
Del resto il legame tra Eldritch e la macchina è presente fin
da quando ci viene mostrato a p. 17 attraverso il punto di vista di
Hnatt: "He had accomplished miracles in getting autofac production
started on the colony planets". Miracoli inutili, perché
su quei pianeti non ci sono consumatori e le produzioni si deteriorano.
Nella scena sul pianeta Marte a cui mi riferisco, due coloni che avevano
incominciato un corteggiamento virtuale entro l’allucinazione indotta
dal Can-D, una volta terminato l’effetto della droga decidono di compiere
nella realtà l’adulterio che stavano per compiere nel sogno.
Questo corrisponde al modo in cui il produttore Bulero vede la droga
(p. 26): "It often was brought out to add color to what otherwise
might have passed as dull". Quindi l’opposizione sembra essere
tra la droga di Bulero, l’uscita temporanea dalla realtà, intesa
come un elemento inserito nella realtà stessa, e la droga di
Eldritch, che invece si sostituisce completamente alla realtà
e la cancella.
Tradizionalmente, questo secondo modo è condannato dalla cultura
umanistica, sia negli anni 60 sia una trentina d’anni prima, quando
Huxley parlava del soma del Mondo nuovo. Dick come umanista
lo condanna, associandolo alla figura di Palmer Eldritch, figura di
morte che simboleggia la morte del libero arbitrio e la sua sostituzione
con processi meccanici o esterni, ma Dick sente anche il fascino del
"sogno" e per risolvere questa tensione sdoppia le droghe
e i personaggi che le rappresentano. Dietro di essi però il lettore
odierno vede la tematica molto attuale delle parole di Benford e questo
fa sì che Dick sia pressoché il solo autore della sua
generazione a essere letto ancor oggi.