di Silvia Bizio
Dal tramonto all’alba, tutto in una notte sulle strade di Los Angeles. Un taxi e il suo guidatore, quasi come De Niro in Taxi Driver: stavolta però l’autista è Jamie Foxx, attore nero che proviene dalla comicità. Nel suo sguardo c’è tutta l’apatia per il suo lavoro, ma si scuote quando nello specchietto retrovisore vede salire l’ultimo avventore della giornata: Tom Cruise con una pistola in mano, i capelli grigi come il metallo di una Colt e la faccia stanca ma concentrata di chi ha visto di tutto, fatto di tutto. Stavolta, e per la prima volta, Cruise è cattivo per davvero. Con il thriller Collateral, del regista Michael Mann (uscito in Usa il 6 agosto), è giunto anche per lui il momento di interpretare un criminale: Vincent, sicario ingaggiato da un’organizzazione malavitosa per eliminare una serie di persone finite su una lista nera.
Un Terminator umano con una missione da compiere: c’è di mezzo un traffico di droga, un processo imminente, dei testimoni. Per realizzare il suo compito Vincent prende in ostaggio il malcapitato tassista e si fa condurre da un luogo del delitto all’altro, finché l’ultima vittima designata, con polizia e Fbi ormai alle calcagna, risulta essere proprio la donna che il tassista ama (Jada Pinkett Smith). Nel cast ci sono anche Mark Ruffalo (il detective dell’Fbi) e Javier Bardem, il boss locale a cui Vincent deve riferire.
La cosa paradossale in questo film di suspense con un tocco di assurdo è che Vincent, con tutta la solerzia di un automa programmato a fare il suo lavoro, risulta alla fine, se non simpatico, umano. È una coincidenza che si chiami proprio come il killer interpretato da John Travolta in Pulp Fiction (Vincent Vega)? «Il mio Vincent è convinto di fare la cosa giusta, è un caso clinico nella fenomenologia del male», risponde Tom Cruise. «Con il Vincent di Travolta, un semplice balordo, condivide solo il fatto che entrambi appartengono all’universo del cinema, non certo della realtà». E aggiunge sibillino, riferendosi alle dubbie qualità morali del suo personaggio: «Pensiamo alle atrocità commesse in grande scala da Hitler, Mussolini o Napoleone nella campagna di Russia. Erano ovviamente nel torto, ma erano convinti di essere dalla parte della ragione. Non è interessante perlustrare una mente così?« Il regista tesse le lodi di Cruise, che con questo film mette in gioco la sua immagine: «Tom tira fuori una carica di aggressività e un’energia impressionanti. Rivela il suo lato oscuro oltre il sorriso famoso e lo condisce con un humor nero sorprendente. Interpreta uno psicopatico all’ultimo stadio«, puntualizza Mann. «Eppure – ed è questa la forza di Cruise come attore – finisci per volerne sapere di più sul suo conto, ne rimani quasi affascinato». Cruise, noto per l’agonismo con cui si prepara ai suoi film e l’attenzione maniacale per i dettagli, non sembra preoccupato dalle implicazioni che interpretare un personaggio negativo e ossessivo come Vincent potrebbe avere sulla sua immagine e quindi sulla sua carriera: «Non mi preoccupo mai di cosa gli altri potrebbero pensare quando scelgo un film», afferma senza battere ciglio l’attore, 41 anni, incontrato sul set di Collateral, in un grattacielo nel downtown di Los Angeles dove si svolge il regolamento dei conti finale del film (il tassista troverà la forza per prendere in mano le redini del proprio destino, dopo esser stato troppo a lungo sottomesso). «A me interessa solo la storia e le dinamiche del personaggio, e il copione di Collateral è così intonato che ci si potrebbe accordare il piano».
Un personaggio così, del resto, una sfida per un attore che è stato spesso accusato di puntare troppo sul sicuro, soprattutto da chi lo ricorda come interprete di thriller di cassetta come la serie Mission Impossible, della quale sta proprio per girare la terza puntata. «Detesto quando sento dire che gioco sempre sul sicuro: non è vero«, ribatte Cruise. «Ho iniziato la mia carriera di attore con Taps, in cui interpretavo uno fuori di testa, e ho fatto film per niente scontati come Nato il 4 di luglio, Intervista col vampiro, Rain Man e Magnolia: tutti ruoli per lo meno ambigui. Dopo Top Gun tutti volevano che facessi “Top Gun 2 e 3”. Li ho fatti? No. A me interessano i film più diversi, rischiare se è necessario. E decisamente mi interessava lavorare con Michael Mann».
Mann, 61 anni, divenuto famoso negli anni 80 come creatore della popolare serie televisiva Miami Vice, ha lasciato poi un marchio nel cinema con film come The Insider, Heat e il recente Ali, facendosi la reputazione di autore capace di combinare nei suoi film emozione e cervello. Non c’è attore quotato a Hollywood che non lo citi come il regista con cui sogna di lavorare. A Mann piace riciclare divi in ruoli inusuali, come Russell Crowe in The Insider e Will Smith in Ali. «Ho sempre sospettato che Tom avesse qualità che non sono mai state viste sullo schermo«, racconta. «Tom ha sia lo spirito artistico che il
coraggio di esplorare questi luoghi reconditi della sua personalità, di giocarci sopra per esprimersi come attore». Per lavorare con Mann, Cruise ha accettato un ingaggio di gran lunga inferiore ai suoi consueti 25 milioni a film, consentendo alla produzione (DreamWorks) di lavorare con un budget di 60 milioni di dollari, ormai sotto la media per un film di una major. L’attore si è preparato al ruolo di Vincent studiando anche tecniche di armi da fuoco e pugnali con un ex marine delle forze speciali britanniche. C’è una scena in Collateral in un night club a Koreatown (quartiere di Los Angeles), in cui Vincent fa fuori dozzine di guardie del corpo e membri di gang per arrivare alla vittima designata, una sequenza vertiginosa di spari, lanci di coltelli e lotta che ha impiegato nove giorni di riprese e che si snocciola in un tutto fluido senza visibili tagli: ricorda la scena del club in Matrix 2, ma senza effetti speciali. L’abilità dell’attore era essenziale alla resa finale dell’immagine. «Tom è uno che si prepara a recitare ripetendo all’infinito gli stessi gesti» ricorda il regista. «A volte, senza distogliere un attimo il suo sguardo dal mio, smontava una pistola e la rimontava mentre improvvisava una storia sull’in-fanzia traumatica di Vincent. Non faceva parte del film, ma per lui era parte essenziale del processo teatrale.
Collateral è stato girato interamente di notte, con un’illuminazione minima, usando una speciale cinepresa digitale ad alta definizione, Viper Film-Stream, sviluppata ad hoc per il film, in grado di rivelare colori ricchi invisibili su pellicola normale. «L’intero film si svolge in meno di nove ore», spiega Mann. «Inizia esattamente alle 18.02 e termina intorno alle quattro del mattino. Mi intrigava il fatto di poter raccontare una storia la cui cronologia accade sotto i nostri occhi». La città di Los Angeles, in cui Mann aveva già ambientato il poliziesco Heat, con Robert De Niro rapinatore e Al Pacino commissario, svolge un ruolo fondamentale nel film. «È una città con un fascino notturno speciale», dice Mann, nativo di Chicago. «Non mi interessano i cliché delle palme, dei surfisti e dei ghetti culturali dove si rinchiude la comunità di Hollywood. Los Angeles nel film è City of Commerce e Compton, è Pico Rivera e Leimert Park, è Koreatown: la metropoli multietnica e poliglotta le cui tribù disparate formano un tutto cacofonico. Una città in cui è facile fare e disfare identità, perfino quella di Tom Cruise».
Da L’Espresso, 29 luglio 2004