La Corte costituzionale cancella l’accompagnamento coattivo alla frontiera e l’arresto obbligatorio per chi, dopo essere stato espulso, non ha lasciato il paese. Pesante il presidente del senato Pera: «Troppe garanzie danneggiano la sicurezza»
Affondo della Consulta contro la Bossi-Fini. Secondo i giudici la legge sull’immigrazione è incostituzionale due volte: la prima perché vìola il diritto alla difesa quando prevede che l’immigrato possa essere espulso senza che prima si sia svolto un reale contraddittorio. La seconda quando stabilisce l’arresto obbligatorio in flagranza per i clandestini che non abbiano rispettato l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro i cinque giorni previsti. Una norma quest’ultima che, secondo la Corte, «non trova alcuna copertura costituzionale».
Per il governo e la sua politica sull’immigrazione – che ha uno dei suoi punti di forza proprio nella rapidità delle espulsioni – si tratta dell’ennesimo colpo duro, anche se non inaspettato. Solo pochi mesi fa, ad aprile, sempre la Corte costituzionale aveva infatti anticipato la bocciatura di un altro aspetto cardine della Bossi-Fini, relativo alla possibilità di espellere subito l’immigrato accompagnandolo forzatamente alla frontiera. Forse anche per questo le due sentenze di ieri non hanno sorpreso più di tanto la maggioranza che, seppure non lesinando aspre critiche alla Consulta, ha fatto sapere di aver già pronte le contromisure necessarie. Il ministro dell’Interno Pisanu, in particolare, ha annunciato per il consiglio dei ministri di oggi un provvedimento in grado di adeguare alcune norme della legge sull’immigrazione alle indicazioni espresse dalla Corte.
Le sentenze Nel mirino della Consulta sono finiti due dei punti più discussi della Bossi-Fini e sui quali hanno presentato ricorso le procure di Torino e Firenze (ma le eccezioni di costituzionalità presentate sono in tutto più di 400). Il primo riguarda l’obbligo di arresto in flagranza di reato per lo straniero che, espulso dal prefetto, si trovi invece ancora sul territorio nazionale. Si tratta di una provvedimento «irragionevole», spiega la Corte, perché prevede l’applicazione di misure coercitive che «possono essere applicate solo quando si procede per un delitto», e per di più particolarmente grave. In questo modo si contraddice quanto previsto da due articoli della Carta, il 3 che sancisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il 13 che legittima l’adozione da parte dell’autorità amministrativa di provvedimenti che incidono sulla libertà personale solo in casi eccezionali di necessità e urgenza. Oltretutto, aggiunge la Corte, l’arresto «è privo di qualsiasi sbocco sul terreno processuale» visto che la legge impedisce che si possa disporre la custodia cautelare in carcere per un reato contravvenzionale, come quello previsto dalla legge sull’immigrazione.
Ma i giudici sottolineano anche un paradosso, ovvero come la legge non venga applicata allo stesso modo neanche tra immigrati. E’ il caso di quanti, dopo essere stati espulsi, rientrano in Italia come clandestini e per i quali l’arresto è solo facoltativo.
La seconda sentenza riguarda invece la norma grazie alla quale un immigrato oggi può essere espulso prima della convalida della misura di allontanamento, impedendo così un reale esercizio del diritto di difesa.
Le reazioni Prima che intervenisse Pisanu a tranquillizzare gli alleati, la decisione della Corte costituzionale ha l’effetto di scatenare la maggioranza. E a usare i toni più duri è ovviamente i leghisti. Per il Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, si tratta di «una sentenza ideologica che va contro la gente», mentre per il vicepresidente della Lega Nord a Montecitorio, Federico Bricolo, «i giudici si sono bruciati in un solo colpo quel poco di credibilità che ancora avevano». Pesanti anche le parole usate dal presidente del Senato Marcello Pera, per il quale «se si insiste molto sulle garanzie, una misura di sicurezza come ad esempio un’espulsione amministrativa diventa praticamente impossibile da eseguire». Più cauti altri esponenti della maggioranza, come Giuseppe Consolo (An) per il quale «la decisione della Corte, con l’unica eccezione della norma relativa all’arresto obbligatorio, conferma in buona sostanza la fondatezza generale della Bossi-Fini», o l’Udc Luca Volonté che assicura come il «il governo correggerà gli aspetti controversi» della legge.
Di tono ovviamente opposto le reazioni dell’opposiozne. «Grazie a Dio esiste la Consulta», esulta Pierluigi Castagnetti della Margherita, mentre Livia Turco (Ds) chiede che «il governo prenda atto del fallimento della Bossi-Fini». Soddisfatto per la decisione della Corte anche Fausto Bertinotti (Prc) per il quale è «ora di riaprire il capitole dei diritti degli immigrati». Un pensiero condiviso anche dai Verdi: «Dalla Corte è arrivato un richiamo di civiltà», dicono Alfonso Pecoraro Scanio e Paolo Cento. «La Bossi-Fini è incostituzionale e razzista e va cancellata».
[da Il Manifesto del 16 luglio 2004]