di Massimo Romano
Jean-Patrick Manchette, nato a Marsiglia nel 1942 e morto di cancro poco più che cinquantenne nel 1995, è considerato un maestro e innovatore del noir. Tra il ’71 e l’81 ha scritto una decina di romanzi in cui la psicologia dei personaggi è ridotta al minimo, ciò che conta sono le azioni e i dialoghi, secchi e nervosi, i comportamenti, gli sguardi, i gesti, le smorfie, i rantoli. E’ considerato dai critici l’esponente di punta del “neopoliziesco”, “neo-polar” come lo chiamano i francesi, per distinguerlo da quello più tranquillo e tradizionale dei vari Albert Simonin, Auguste Le Breton e José Giovanni, in cui la logica narrativa aveva le sue scansioni ordinate e tutto sommato prevedibili. Piovono morti (1976), che ha ispirato un brutto film diretto e interpretato da Alain Delon, Per la pelle di un poliziotto (1981), è una storia spietata e violenta in cui si trova invischiato Eugène Tarpon, squinternato investigatore privato che si è licenziato dalla polizia dopo aver pestato a morte un contestatore durante una manifestazione, già protagonista del precedente Un mucchio di cadaveri.
La molla dell’intrigo è la scomparsa di una ragazza, Philippine Pigot, orfana del padre, morto in guerra, e cieca dalla nascita. La madre è una vecchia signora che gli telefona per incontrarlo alla stazione Saint-Lazare, ma viene uccisa con un colpo di pistola mentre lo attende all’appuntamento. Minacciato e più volte pestato a sangue da misteriosi sicari, ma sempre pronto a tornare all’attacco, Tarpon gira con la sua duecavalli per le strade di Parigi e dintorni a caccia della ragazza scomparsa.
La strage finale, in cui non si salva quasi nessuno, avviene in una fattoria pseudo religiosa gestita da fraticelli e suorine messi lì per mascherare una fabbrica che trasforma la morfina in eroina.
Posizione di tiro (1981) da cui è stato tratto Il bersaglio (1982), un altro mediocre film con Alain Delon e Catherine Deneuve, è l’ultimo romanzo pubblicato dall’autore in vita, narrato con lo stile secco e violento degli hard-boiled americani e in particolare del suo maestro Dashiell Hammett. L’incipit, riscritto molte volte con cura maniacale, è memorabile: «Era inverno e scendeva la notte. Un vento gelido, che proveniva direttamente dall’Artico, soffiava sul mare d’Irlanda, spazzava Liverpool, sibilava attraverso la pianura del Cheshire (dove i gatti reclinavano le orecchie per il freddo, quando lo sentivano sbuffare nel camino) e, infilandosi attraverso il vetro abbassato, andava a colpire gli occhi dell’uomo seduto nel furgone Bedford. L’uomo non batteva ciglio». Siamo a Worcester, in Inghilterra, dove Martin Terrier, un killer infallibile addestrato a Odessa dal Kgb e legato ai servizi segreti e al terrorismo internazionale, compie il suo ultimo delitto prima di ritirarsi a vita privata, ma l’organizzazione spionistica per cui lavora gli impone un ultimo incarico, un attentato contro un arabo. Terrier, munito di una mitraglietta con silenziatore e un cannocchiale a raggi infrarossi, deve sparare da un furgone, ma c’è di mezzo una donna e… Egli cova un’antica passione per questa «ragazza piuttosto alta, ben proporzionata, con i seni floridi, una bocca generosa, gli occhi verdi molto chiari, la carnagione pallida e i capelli biondi» che vive in provincia col marito, dice di amarlo ma si fa scopare anche da altri uomini. Terrier sopravvive dopo un foro di pallottola in testa e uno nei polmoni, l’unica conseguenza sono i belati che emette nel sonno, ma lei non regge alla noia di una vita in provincia, accanto a un uomo che fa il cameriere in una birreria.
NDR. Segnaliamo un errore dell’autore della recensione a proposito di Posizione di tiro. Non è affatto vero che Martin Terrier sia stato addestrato a Odessa dal KGB. Quella è la storia di copertura che viene scritta alla fine mentre lui è in clinica. Terrier non ha mai avuto rapporti col KGB e il suo addestramento militare lo ha fatto nella Legione Straniera.
[da La Stampa, 10/7/2004]