Un affare da 21 mila miliardi l’anno. “Per noi i rifiuti erano oro” ha detto un pentito. Discariche abusive. Affondamenti sospetti di carrette del mare cariche di sostanze tossiche.
di Raffaella Galli
[da Quale consumo]
Le attività illecite legate allo smaltimento dei rifiuti hanno avuto, negli ultimi anni, un allarmante sviluppo. E’ il nuovo volto dell’ecomafia che ai profitti derivati dall’abusivismo edilizio ha affiancato quelli determinati dal traffico illegale di rifiuti. Secondo Legambiente, che nel gennaio dello scorso anno ha presentato il rapporto “Le nuove frontiere dell’Ecomafia”, l’intero business supera i 21 mila miliardi di lire all’anno. Un affare davvero remunerativo tanto che, nel corso di un interrogatorio, un pentito affermò “per noi i rifiuti erano oro”. I guadagni legati al traffico dei rifiuti sono, infatti, paragonabili a quelli derivati dal commercio della droga ma i rischi sono decisamente inferiori, basti pensare agli scarsi e disattenti controlli e alle inadeguate misure sanzionatorie.
“Monnezza connection”
Il preoccupante fenomeno ha il suo epicentro nel Mezzogiorno dove si registra il 40 per cento dei 78 mila reati contro l’ambiente denunciati nel triennio ’94-96. Le regioni più interessate sono, infatti, la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e la Calabria, ma il triste primato di illegalità ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti sia a quello del cemento, spetta alla Campania. Nell’area vesuviana la Guardia di Finanza ha sequestrato un numero impressionante di discariche abusive, anche di grosse dimensioni (una di queste presentava un’estensione di ben 4 km e una profondità di 30 m!), utilizzate per smaltire illegalmente sia i rifiuti urbani che quelli tossico nocivi (che richiederebbero, invece, specifici trattamenti, da effettuarsi in adeguati impianti, prima del loro smaltimento). Si tratta, in genere, di discariche illegali realizzate all’interno di ex cave per l’estrazione, altrettanto illegale, di sabbia e inerti. Il meccanismo è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia: parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce alla trasformazione delle cave in discariche per ogni sorta di rifiuti. E’ evidente come, in relazione alla pericolosità dei rifiuti, sussista un proporzionale rischio per l’ambiente e la salute pubblica. Emblematico è il caso del rinvenimento di una discarica abusiva in cui circa 20 mila m3 di rifiuti industriali tossico nocivi sono stati interrati, senza alcuna precauzione, e ricoperti con un sottile strato di terreno sopra il quale è stata, in seguito, avviata una coltivazione di ortaggi. Le analisi chimiche condotte sui vegetali hanno naturalmente accertato la presenza di elevate concentrazioni di metalli pesanti.
La terra dell’ecomafia
Tra i clan mafiosi delle province di Caserta e Salerno si è diffusa una nuova e inquietante pratica che consiste nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione di vasche per l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare invece come discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Nella provincia di Caserta, che è stata definita dalla Commissione parlamentare d’inchiesta la “terra dell’ecomafia”, si riscontra una delle realtà più gravi sia dal punto di vista ambientale che sanitario; sono state individuate diciotto discariche abusive, di rilevanti dimensioni, che erano state utilizzate per lo smaltimento illegale dei rifiuti nel periodo ’88-93, il quinquennio d’oro dei traffici Nord-Sud. Una grossa fetta del traffico di rifiuti provenienti dal Nord è destinato anche alla provincia di Matera, che presenta un territorio particolarmente idoneo a questo tipo di attività in quanto scarsamente abitato e con numerose vie d’accesso. In quest’area sono stati riscontrati ripetuti smaltimenti abusivi lungo il fiume Basento, con conseguenti episodi di morie di pesci, mentre una vicina discarica consortile si trova in condizioni di semi abbandono! Oltre 30 mila tonnellate di rifiuti tossico nocivi, provenienti soprattutto dall’Emilia Roma-gna e dal Lazio, sono stati interrati in numerosi siti di smaltimento abusivo, individuati nella provincia di Bari, secondo le modalità tipiche delle organizzazioni mafiose: i camion carichi di rifiuti giungono, nelle ore notturne, in corrispondenza di buche che, dopo essere state riempite, vengono immediatamente coperte. I fanghi di depurazione e i rifiuti industriali liquidi, formalmente destinati a inesistenti impianti di depurazione e riciclaggio, sono più spesso sversati direttamente nel territorio.
I rifiuti del Nord
Se le regioni meridionali sono un terreno fertile per la criminalità organizzata, quello che accade nelle altre aree settentrionali ha spiegazioni più complesse. Fino a due anni fa le discariche e gli impianti per la termodistruzione potevano soddisfare solo i due terzi del fabbisogno. La spregiudicatezza di alcuni imprenditori e il carente sistema di smaltimento dei rifiuti industriali ha favorito il dilagare di fenomeni di abusivismo e illecito, realizzati in tutte le varianti possibili. In Lombardia, le inchieste di Mani Pulite hanno messo allo scoperto un efficace sistema di corruzione per la realizzazione di discariche. Ma in questa regione operano prevalentemente, con modalità non sempre legali, società impegnate nello smaltimento dei rifiuti nel Mezzogiorno. Fra le regioni settentrionali si segnala la gravità del fenomeno della gestione illecita dei rifiuti in Liguria. Nei dintorni di Alassio, diverse cave e discariche sono state trasformate in veri e propri cimiteri di rifiuti tossici. La scoperta più clamorosa è avvenuta in una cava dalla quale sono stati estratti circa 100 fusti, contenenti 200 litri ciascuno di rifiuti tossico nocivi; considerate le dimensioni della cava, questo rinvenimento sembra essere solo la cima di un iceberg! L’interramento risale agli anni ’82-85 ma i primi sopralluoghi effettuati dai tecnici della USSL sono giunti solo nel 1992. Nella relazione tecnica si apprende che i materiali si presentavano accatastati e ricoperti senza alcuna precauzione; dai fusti lesionati fuoriuscivano sostanze di varia natura, liquidi neri e maleodoranti e notevoli quantità di medicinali. Un autentico disastro ambientale che mette in luce le responsabilità delle imprese italiane che, aggirando la legge, prediligono forme di smaltimento più “facili” ed economicamente convenienti, anche se a scapito dell’ambiente.
Le “navi a perdere”
Accanto all’incontrollato diffondersi di velenose ferite inferte al suolo si moltiplicano anche gli episodi di inquinamento delle acque marine. In seguito a numerose denunce da parte di Legambiente, il Ministero dell’Interno ha condotto recenti indagini su affondamenti sospetti di navi al largo delle coste ioniche e allo scopo di accertare il loro eventuale carico di materiale radioattivo. I primi rilevamenti hanno confermato le ipotesi dal momento che sono stati misurati anomali valori di radioattività nelle acque circostanti una motonave affondata. Si tratta in genere di vere e proprie “carrette” dei mari, coperte da premi di assicurazione per incidenti di questo tipo, che consentono all’organizzazione mafiosa di realizzare un evidente duplice affare! Al largo della costa salernitana sono state rinvenute, invece, le più tradizionali discariche marine, determinate dallo scaricamento in mare del pericoloso contenuto delle stive, come testimoniano i rifiuti che più volte restano impigliati nelle reti utilizzate per la pesca a strascico. Per cercare di arrestare questi fenomeni malavitosi da più parti si invoca l’introduzione di più severe sanzioni penali per i reati contro l’ambiente, di strutture investigative specializzate nella repressione delle frodi ambientali e di una maggiore responsabilizzazione delle aziende che conferiscono i propri rifiuti alle imprese smaltitrici.
Intanto il Corpo Forestale dello Stato si appresta a fare un nuovo censimento delle discariche abusive presenti nel nostro paese con l’aiuto di un sofisticato strumento, messo a punto dal CNR, che consentirà il rilevamento aereo delle discariche sfuggite ai controlli da terra e l’individuazione delle zona a rischio.