Desecretate le istruzioni agli agenti per gli interrogatori in vigore fino al ’91. Ecco le regole per sfibrare i detenuti.
di Alberto Flores D’Arcais
Le “torture” fanno da sempre parte della storia peggiore dell’umanità; le tecniche usate dai riservisti americani nella prigione di Abu Ghraib per abusare dei prigionieri di guerra e renderli più “docili e disponibili” a parlare hanno però molte somiglianze con quelle insegnate e descritte in due manuali della Cia negli anni Sessanta e Ottanta.
Questi due documenti “top secret” sono stati declassificati dagli archivi nazionali di Washington insieme a un report segreto sullo stesso argomento scritto nel 1992 dall’attuale vicepresidente Dick Cheney (allora segretario alla Difesa nella Casa Bianca di Bush padre).
Il primo manuale della Cia (“Kubark Counterintelligence Interrogation”), dove Kubark è un nome in codice per definire la stessa Cia, risale al luglio 1963 ed è di 127 pagine.
Ha una dettagliata sezione che si intitola “Coercive Counterintelligence Interrogation of Resistant Sources” divisa a sua volta in tre capitoli che si chiamano Minacce e paura, Dolore e Debolezza. Dopo diverse pagine accademiche che riprendono studi universitari e dotte citazioni sulla tortura il manuale descrive nei dettagli il modo migliore per “ottenere informazioni da fonti resistenti”.
Due i metodi base: non-coercitivi e coercitivi. Con il primo si tenta di far parlare il prigioniero convincendolo che è per il “suo” bene, che nessuno vuole fargli del male e così via. Più importante ovviamente il secondo, quello usato per far parlare chi non vuole, dove coercizione finisce per diventare facilmente tortura. Alcuni dettagli sono sottolineati. Ad esempio si raccomanda che scegliendo il luogo dell’interrogatorio “si conosca in anticipo che tipo di corrente elettrica ci sia, così che il trasformatore o gli altri apparecchi modificati siano a portata di mano”.
Nella sezione 9 (pagine 82-104 del manuale) sotto il titolo “Minacce e paure” gli agenti Cia autori del documento scrivono che “la minaccia di coercizione normalmente indebolisce o distrugge la resistenza più di quanto possa la coercizione stessa”. La minaccia di infliggere una dolore può in molti casi “suscitare una paura più grande di quanto non possa l’immediata sensazione fisica del dolore stesso”. Anche la voce “dolore” viene ampiamente analizzata. Si discutono le diverse teorie del dolore sottolineando come spesso la resistenza del soggetto cede per un dolore che lui ha l’impressione di infliggersi da solo “piuttosto che con la tortura vera e propria”. Un esempio? Costringendo il detenuto a stare in piedi per un lungo periodo di tempo si fa in modo che crolli la sua autofiducia, la certezza della resistenza sua e del suo fisico.
Dettagliata anche la descrizione della cella dove “interrogare”: deve essere “insonorizzata”, ci si deve portare solo un “soggetto” per volta, si deve avere chiaro che quella cella “è il campo di battaglia dove l’interrogante e il soggetto si incontrano e dove l’interrogante ha il vantaggio di avere il controllo totale del soggetto e del contesto ambientale”. La cella deve essere massimo 3 metri per 4, senza finestre, possibilmente con le mura bianche; deve avere uno specchio “a due vie” in modo che il soggetto possa essere guardato e “fotografato” dall’esterno.
Il secondo manuale (“Human Resource Exploitation Training Manual”) è di venti anni dopo ma riprende quasi per intero il primo, saltando le pagine più accademiche e richiamando in diverse pagine anche un altro manuale (questa volta redatto dall’intelligence dell’esercito), il cosiddetto “Project X”, in uso durante i primi anni della guerra del Vietnam per addestrare il personale militare alla controguerriglia. Lo “Human Resource” riprende in pieno le tecniche degli interrogatori coercitivi incluse le minacce di uso della violenza e la capacità – da parte dell’interrogante – di “manipolare l’ambiente del soggetto per creare una spiacevole e intollerante situazione, per fargli perdere ogni conoscenza di tempo, spazio e percezione sensitiva”.
Quando il Congresso durante gli anni Ottanta inizia ad indagare sulle atrocità commesse in America Centrale e sulle eventuali responsabilità di Cia e “istruttori” americani nelle torture decine di pagine dello “Human” vengono corrette a mano, per cambiare i passaggi più imbarazzanti, soprattutto quelli che sembravano un vero e proprio invito ad “abusare” dei prigionieri. La Cia rifece da capo l’introduzione con una frase che non lascia adito a dubbi: “L’uso della forza, la tortura psichica, le minacce, gli insulti o l’esporre un prigioniero a un trattamento disumano di qualsiasi tipo come aiuto per un interrogatorio è proibito dalla legge, internazionale e nazionale, non può essere mai autorizzato e non sarà mai perdonato”.
Nonostante questi cambiamenti, il manuale nella sua versione originaria viene tradotto in spagnolo per sette edizioni diverse e distribuito – tra il 1987 e il 1991 – in migliaia di copie ai vari corpi militari e di intelligence delle allora dittature militari: in Salvador, in Guatemala, in Ecuador, in Honduras, in Perù e nella “School of the Americas”, dove vennero addestrati alcuni dei più feroci torturatori dell’epoca. Solo nel 1991 venne aperta un’inchiesta quando il Comando Sud dell’esercito americano decise di usare il manuale nei “programmi di aiuto militare” alla Colombia, dove il governo era in duplice guerra contro i “narcotraficantes” e la guerriglia di estrema sinistra.
L’indagine interna, durata nove mesi, produce un rapporto che finisce sul tavolo di Cheney al Pentagono. Analizzando le istruzioni su come picchiare i prigionieri, condurre interrogatori pesanti e fare false esecuzioni, gli ispettori dell’esercito risalgono al “Project X”, scoprendo che quel manuale ormai vietatissimo, è, di fatto, sia pure con un altro nome, ancora in pieno uso. Secondo gli ispettori tutto questo può creare gravi problemi alla “credibilità dell’esercito degli Stati Uniti e provocare gravi e significativi imbarazzi”.
Cheney aggiunge alcune raccomandazioni per una “azione correttiva” e chiede che ove è possibile i manuali vengano ritirati e distrutti. L’ultimo documento declassificato è quello in cui un maggiore del controspionaggio dell’esercito, responsabile dei manuali in lingua spagnola, dice nel corso di una telefonata che i manuali sono stati mandati al Pentagono e che sono tornati indietro “approvati senza alcun cambiamento”.
[da La Repubblica, 13 maggio 2004]