[Questo racconto di Antonio Moresco non è un racconto. E’ il brano finale di un articolato intervento apparso sulla rivista Fernandel e ripreso ora su Nazione Indiana. Abbiamo scelto questa straordinaria prosa di Moresco per il suo elevatissimo valore poetico e filosofico, ma chi desiderasse leggere nella sua integralità l’intervento dell’autore dei Canti del caos può farlo cliccando qui e qui]
Prima delle feste, in un buio pomeriggio d’autunno, mentre stavo seduto dietro la piccola porta-finestra del mio abbaino e guardavo senza pensare a niente il cielo nero e pieno di nubi plumbee sopra tetti e camini della casa vicina, in una giornata piovosa e senza speranza, d’un tratto qualcosa di indescrivibilmente emozionante è successo.
Il cielo si è aperto di colpo, si è squarciato. Ha cominciato improvvisamente a pulsare, hanno cominciato a pulsare dentro di esso migliaia e migliaia di puntini neri in movimento esplosivo. Le rose delle esplosioni nascevano continuamente, da tutte le parti, irrompendo da punti sempre diversi della visione, dal basso, dall’alto, da sinistra, da destra. Guardavo senza fiatare per l’emozione, dietro il vetro bagnato, mentre continue cannonate di uccellini esplodevano senza soluzione di continuità dentro il cielo.
Sono andati avanti per ore, per giorni. «Ma quanti uccellini c’erano qui in città, vicino a noi, che nessuno vedeva?» mi dicevo. «E dove andranno adesso, dopo essersi comunicati l’un l’altro in un fremito percettibile solo a loro nelle vibrazioni dell’aria l’inizio di questa sbalorditiva migrazione che capovolge lo spazio? Cos’è accaduto, cosa starà accadendo in questo momento in quei loro minuscoli cervelli di pochi grammi? Da quale esplosione sono attraversate quelle piccole materie cerebrali in volo che sono uscite da loro stesse dando vita a questa monumentale esplosione di spazi che fa esplodere il cielo e lo spazio, connettendo in una serie di vortici senza fine minuscole creature fino a un istante prima isolate tra i rami e che nessuno vedeva, che conducevano la loro vita invisibile ai nostri occhi umani e che ora hanno messo al mondo questa colossale esplosione di traiettorie e di sogni, un secondo prima sconosciuti gli uni agli altri e adesso tutti dentro la rosa di queste esplosioni che capovolgono il cielo? Da cosa nascono queste continue, commuoventi esplosioni che mandano in frantumi il piano conosciuto dello spazio e del cielo e si inventano un nuovo cielo? Che cosa ne sapevamo noi — che sappiamo tutto — un secondo prima, che ci sarebbero state queste esplosioni? Da quante cose siamo tagliati fuori, ci siamo tagliati fuori con le derive delle nostre piccole storie e interpretazioni umane! Succederà qualcosa di simile anche a noi, a un certo punto? Succederà anche a me? Per dove partirò, quando verrà il momento? Perché anche i miei pochi grammi di cervello sono in questo istante così attraversati dalle stesse traiettorie e dagli stessi sogni e dalle stesse esplosioni anche se non riesco a sollevarmi fisicamente da terra per gettarmi anch’io a capofitto nella rosa non umana di quell’esplosione?»