di Mauro Suttora
[dal libro del libro «Pannella & Bonino Spa», edito da Kaos]
Dal 1995 i radicali hanno congelato il Pr: niente più congressi per decidere la linea politica, né elezione dei dirigenti. Nessuna sede locale: i dirigenti periferici non hannoaccesso neppure agli elenchi regionali di iscritti e simpatizzanti – è tutto concentrato e controllato a Roma. Il Pr è diventato così “un’area” formata da vari “soggetti imprenditoriali”, una holding con bilanci da decine di miliardi, unpatrimonio stimabile in 150 miliardi e più di 200 dipendenti: Torre Argentina Società di servizi (proprietaria della sede romana del Pr, situata nellavia omonima), la società per azioni Centro di produzione (con Radioradicale e il suo archivio, in via Principe Amedeo), il Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva. Oggi il Pr è quindi una azienda a tutti gli effetti, una struttura economica icui costi annui di solo funzionamento ammontano a otto miliardi. Insomma,una vera e propria “Pannella&Bonino spa”, con un notevole tasso di efficienza.
Il nuovo modo di fare politica dei pannelliani è ad alta intensità di capitale e basso apporto dimanodopera volontaria: applicano alla propria attività gli stessi criteri di “produttività” e “flessibilità” che predicano con la loro filosofia liberista. Così per le strade i tradizionali banchetti apparentemente rimangono gli stessi, ma non sono più i famosi “tavolinari” volontari a raccogliere le firme: vengono assuntigiovani con contratto “interinale”, pagati centomila lire algiorno. Del resto, a Pannella del singolo iscritto (militante, volontario, tavolinaro) non è mai importato granché: “I nostri risultati elettorali sono indipendenti dalla presenza di radicali in loco. Anzi, spesso passano il tempo a litigare fraloro”. Così la politica radicale viene ormai diffusa attraverso campagne di marketing, con i miliardi drenati dal call center (4 all’anno), e le firme raccolte “a pagamento”: 28 miliardi spesi per gli ultimi referendum, 2.800 lire a firma.
Nei 685 metri quadri della sede romana di via di Torre Argentina 76 hanno sede il Partito radicaletransnazionale, il Cora (Coordinamento radicale antiproibizionista), l’Esperanto radikala asocio, “Nessuno tocchi Caino”, “Non c’è pace senza giustizia” e l’Associazione politica nazionale Lista Pannella (la Lista Bonino, che si è presentata alle europee 1999 e alle regionalidel 2000, non ha personalità giuridica: è solo un’appendice della Lista Pannella). Nella sede romana lavora un’ottantina di dipendenti fissi. Altre 27 persone lavorano a tempo pieno per i radicali al Parlamento europeo di Bruxelles. Al Parlamento italiano l’unico senatore radicale, Piero Milio, ha un assistente part-timea palazzo Madama. Alla regione Lombardia con i tre eletti radicali operano quattro persone. In Piemonte ci sono due consiglieri regionali etre assistenti. Nell’ufficio del consigliere Pannella al comune di Roma (sospeso dall’incarico perché condannato per “spaccio” di droga, e sostituito da Rita Bernardini) lavorano trepersone. Nelle sedi del Partito radicale transnazionale (eccetto Bruxelles) sono attive infine dieci persone: quattro a Mosca, due a New York, due aTirana e due a Budapest
Ci sono poi quelli che i radicali chiamano “i soggetti economico-imprenditoriali”, che impegnano 82persone. Nel Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva diRoma sono attive 24 persone, divise in due strutture. Nei mille metriquadri del Centro di produzione spa, società editrice di Radioradicale (organo ufficiale della Lista Pannella), in via Principe Amedeo,lavorano 58 persone. Della cosiddetta “arearadicale”, dunque, si occupano a tempo pieno ben 218 persone, e il tesoriere Danilo Quinto ha calcolato perfino che esse svolgono la loro attività su una superficie totale di 2.571 metri quadri. Per le sedi della loro struttura, nel 1999 i radicali hanno pagato ben 680 milioni: 460per mutui e 220 per affitti.
I radicali sono i pionieri dell’uso di Internet in politica. Nel 1985 il pannelliano Roberto Cicciomessere ha inventato il primo provider italiano, Agorà, e l’idea di costruire unportale di politica, sul modello americano di voter.com, si starealizzando. Da tempo il forum di www.radicali.it è fra imigliori e più liberi d’Italia. Nel 1999 viene messo a punto unprogetto editorial-politico curato dal web editor dei siti radicali, Rino Spampanato. L’ex eurodeputato napoletano di Forza Italia Ernesto Caccavale studia le strategie di marketing e di reperimento della pubblicità, avviando contatti con aziende interessate a investire sulnuovo mezzo. I radicali, primo partito internettiano d’Italia, sono all’avanguardia nelle tecnologie.
A Bruxelles ogni eurodeputato radicale dispone di un ufficio con due stanze: una per il deputato,l’altra per l’assistente. A Strasburgo, dove il Parlamento europeolavora una settimana al mese, ogni deputato dispone di un altroufficio. Una delle armi preferite dairadicali sono i “mailing”. In un database denominato “Tesoro”hanno registrato circa 750 mila nominativi, dei quali oltre 350 milaall’estero. Ma il target maggiormente utilizzato sia per il mailing sia per il contatto telefonico è limitato ai loro sostenitori dal 1993 a oggi, e ai soggetti inseriti negli ultimi due anni: circa 130 mila indirizzi. I radicali possiedono poi altri indirizzari specifici, gestitiall’esterno e utilizzati per un’intensa attività di mailing nellecampagne elettorali e referendarie: quelli degli operatori economici (circa 3 milioni di nominativi), dei giovani (2,5milioni), dei capi-famiglia (17,8 milioni), tutti estratti da fontipubbliche (elenchi telefonici e liste elettorali), e infine i firmatari dei referendum del 1999 (780 mila). Un indirizzario di oltre 15 mila e-mail è gestito dalla sede di Bruxelles.
La miracolosa macchina che dal giugno1996 autofinanzia i radicali alla media di quattro miliardi l’anno (aumentati a sei nel 2000) si chiama Call center. Si tratta di 28 operatori (più tre coordinatori e due supervisori) che telefonano incontinuazione ai simpatizzanti radicali e ai firmatari delle loro richieste di referendum e petizioni. Il loro turn-over è assai alto: inquattro anni hanno lavorato al call center oltre 250 persone, soprattutto giovani donne. L’obiettivo principale di questa valanga di telefonate è l’autofinanziamento, ma c’è anche la raccolta di adesioni politiche e il monitoraggio delle iniziative politiche in corso. Il target principale del telemarketing è sorprendentemente limitato: circa 80 mila persone, le quali hanno contribuito finanziariamente dal 1993 a oggi. “Però i contatti ripetuti nel tempone hanno valorizzato le potenzialità, e rappresentano una fontefidelizzata e consistente di autofinanziamento”, spiegano soddisfatti idirigenti radicali.
Ma come funziona, in concreto, il Call center? Si tratta di un sistema di 17 postazioni informatiche (in grado di svolgere attività di contatto telefonico e data-entry) e 43 postazioni analogiche (telefoni), che effettuano contemporaneamente 60 telefonate utilizzando due distinte numerazioni. L’attività di dieci postazioni, che operano per 12 ore al giorno alla media di 20 telefonate all’ora ciascuna, produce una media di 2.400 tentativi di contatto quotidiani. Per “tentativo di contatto” siintende tutto: il “non risponde”, l’appuntamento el’avvenuto contatto. Il 60 per cento dei tentativi fallisce. Ma restano mille contatti utili al giorno, a loro volta suddivisi fra 600 appuntamentie 400 risposte che si ricevono in tempo reale dalle persone contattate (somma di versamenti con carta di credito,preannunci e altro tipo di risposte), che vengono chiamati “contatti a buon fine”.
In quattro anni sono stati effettuati più di tre milioni di tentativi di contatto telefonico, producendo mezzo milione di risposte e oltre 65 mila versamenti, per untotale di ben 17 miliardi (di cui 11 miliardi con carta di credito).L’attività ha un costo del 20 per cento rispetto alle entrate, per operatori, telefono e invio di mailing dopo i preannunci di versamento. Il lavorio radicale non finisce con l’incasso delle sottoscrizioni. Entrano in funzione a quel punto i 5 operatori del centro elaborazione dati, i quali assegnano i versamenti ai vari soggetti (Pr, Lista Pannella, Cora, varie campagne), stampano everificano le sottoscrizioni giornaliere e aggiornano i dati anagrafici dei nominativi contattati dal “Call center”. E non basta. Per il futuro i radicali coltivano progetti ambiziosi: “Vogliamo arrivare a poter inviare più volte nella stessa giornata svariate e-mail e messaggi telefonici ad alcune centinaia dimigliaia di persone”, minaccia Daniele Capezzone.
Ovviamente i proventi non arrivano solo dalle sottoscrizioni telefoniche. Tra il 1996 e il 2000 quasi 30 mila persone hanno determinato 78 mila tra iscrizioni o contributi infavore dei radicali, per un totale di autofinanziamento di 23 miliardi. Nel marzo 2000 l’imprenditore bolzanino Marco Podini (già padrone della catena di supermercati A&O e dei discount Md) acquista per 25 miliardi il 25 per cento di Radioradicale, il cui valore totale quindi è stimato in cento miliardi (la Rai nel ’98 voleva comprarla per una ventina di miliardi). Nel dicembre 2000 Podini annuncia che aumenterà la sua partecipazione al 50%.
La radio pannelliana nel 1999 ha ricevuto 9,5 miliardi dal ministero delle Comunicazioni per trasmettere lesedute parlamentari, e otto come organo di partito. Totale: 17 miliardi e mezzo. Ne ha spesi però quattro in più: 21,5. Il deficit è statocolmato vendendo Radio radicale Due per 10 miliardi, e questaplusvalenza straordinaria ha generato anche un utile lordo di 5,8 miliardi (2,8 al netto delle imposte). I quattro miliardi di deficit rispetto alleentrate ordinarie del 1999 corrispondono esattamente all’aumento dei costi di gestione sul 1998, causato dagli investimenti sulla rete di trasmissione (un miliardo), dalla produzione programmi (un miliardo), da spese pubblicitarie (1,5 miliardi) e oneri finanziari (mezzo miliardo).
La produzione programmi del sito Internet www.Radioradicale.it ha avuto un forte sviluppo: vuole diventareun punto di riferimento, per addetti ai lavori e utenti comuni, su tuttociò che riguarda l’informazione istituzionale, politica e giudiziaria. Il risultato è quello di fornire uno strumentomultimediale, affiancando all’audio e ai testi anche la componente video. Le spese pubblicitarie consistono soprattutto in pagine diquotidiani acquistate per annunciare e organizzare convegni della cosiddetta “area radicale”. Per il futuro l’ambizione è di rendere Radio radicale e il suo archivio capaci di fornire anche adaltri soggetti grandi quantità di contenuti pronti per l’utilizzo sumezzi tradizionali e di nuova tecnologia. Assumerà quindi un ruolo fondamentale l’attività su Internet, e la Radio si prepara a essere presente in tutte le forme di evoluzione della comunicazione: Umts e satelliti. La convenzione per la trasmissione delle sedute parlamentari,scaduta nel novembre 2000, è stata rinnovata per un triennio con un aumento dei contributi statali da dieci a quindicimiliardi l’anno: il 50% in più, un vero e proprio regalo da parte delgoverno di centro-sinistra, ottenuto senza il pressing del 1998.
Quanto al contributo dalla legge sull’editoria per gli organi di partito, i radicali sono preoccupati per un disegno di legge che ne prevede la riduzione del 25 per cento l’anno a partire dal 2000, e quindi la soppressione entro quattro anni. Poiché i soldi agli organi di partito sono una forma di finanziamento pubblico, la contraddizione per i pannelliani – nemici giurati del finanziamento pubblico – è imbarazzante.
Nel corso dell’estate 2000 il comproprietario privato di Radio radicale Podini si è alleato con il finanziere bresciano Emilio Gnutti e con Roberto Colaninno: è entrato nel capitale di Fingruppo e Hopa, le due società che controllano Telecome Seat-Tin.it. Radio radicale si ritrova così alcentro dei complessi giochi di potere nel mondo della comunicazione italiana, perché Podini è anche il proprietario di Sequenza, holding con 700 dipendenti e 150 miliardi di fatturato nel campo di Internet (ha comprato dai radicali il provider Agorà), e ha l’ambizione di diventare “uno dei big player italiani nel settore multimediale”. L’imprenditore altoatesino infatti è entrato nell’immenso business dei telefonini Umts con il consorzio Ipse, del quale detiene il 5 per cento tramite la Xera. Gli altri soci sono la spagnola Telefonica (43 per cento), la finlandese Sonera (19 per cento), Atlanet(Acea, Ifil-Fiat), Banca di Roma, Golden Egg di Letizia Moratti, Edison e Falck.
Podini ha in mente un grande futuro per Radio radicale: “Apriremo il capitale a nuovi soci, i partner potenziali ci sono. Stiamo digitalizzando tutti gli archivi. Vogliamo diventare fornitori di contenuti, sia per i dati che per le immagini”. Le sinergie con il terzo polo Tv-Internet Tmc-Seat-Tin.it sono quindi dietro l’angolo. I radicali mirano a trovare altri soci e aquotare la Radio in Borsa: se l’operazione andasse in portoincasserebbero centinaia di miliardi, e potrebbero finanziare per lustri le loro iniziative politiche. Intanto, secondo i datiAudiradio del marzo 2000, Radio radicale ha 2 milioni e 244 mila ascoltatori a settimana, e 662 mila nel giorno medio: quasi il quadruplodella radio dei Ds, Italia radio (171 mila ascoltatori al giorno).
La Torre Argentina Società di Servizi spa è stata fondata da Marco Pannella e Sergio Stanzani alla fine del 1987 per acquistare la nuova sede di via di Torre Argentina 76, a Roma: i radicali hanno traslocato nella stessa via vicina al Pantheon, dal numero 18 (antica sede) al 76 (nuova sede). Questa società fornisce anche i servizi (telefonici, di manutenzione,amministrazione e logistici) ai “soggetti dell’area” e a terzi per riprese televisive e traduzione simultanea. Ma dopo tredici anni l’attività prodotta non è sufficiente a coprire il debito contratto per l’acquisto: i radicali hanno dovuto rinegoziare due volte il mutuo immobiliare con le banche.
Il Centro d’ascolto dell’informazione radiotelevisiva guidato da Valeria Ferro dipende daisoldi pubblici: ha un contratto con la Rai (nonostante i radicali passinometà del loro tempo ad attaccare la tv di Stato), e nel 2000 ne èstato stipulato un altro con l’Autorità garante per le comunicazioni. Per garantire però l’imparzialità, il Centro d’ascolto dovrà staccarsi dall'”area radicale”, trasformandosi in società autonoma.
L’associazione “Nessuno tocchi Caino” guidata da Sergio D’Elia ha avuto un bilancio 1999 di 429 milioni: 240 spesi per iniziative contro la pena di morte, 154 per la struttura, 35 per l’affitto della sede pagati al Pr. Le entrate sonostate di 368 milioni: 120 da istituzioni, e 248 da autofinanziamento. Il deficit è stato quindi di 61 milioni.
L’associazione “Non c’è pace senza giustizia” presieduta da Sergio Stanzani ha incassato nel 1999 un miliardo e 83 milioni (soprattutto da istituzioni come l’Unione europea, che finanzia progetti di consulenza), ma ha speso 28 milioni in più: 492 milioni per le attività, 167 di costi fissi, 451 per le collaborazioni.
Il Cora nel 1999 ha ricevuto contributi per 40 milioni, spendendone 34 e pagando cinque milioni al Pr per l’ufficio (nessun costo di struttura).
Il movimento dei Club Pannella, infine, è in liquidazione dal 1997. È rimasto formalmente attivo per la sola riscossione dei crediti e per il saldo dei debiti. In conclusione, è interessante constatare come, nel giro di pochi anni, i radicali si siano trasformati da fantasioso e un po’ scalcinato movimento di volontari (il “partito antipartito” senza deleghe né burocrati) in un efficacissimomini-nucleo di professionisti della politica i quali, concentrati a Roma, inanellano campagne d’opinione secondo i più avanzati criteri del marketing. Radicali senza radici, che adottano il modello aziendale “capital intensive” (molto capitale, pocamanodopera) senza gli impacci dei rituali della democrazia interna, bollata da Pannella come “vuoto democraticismo”. Gli iscritti interessano soprattutto in quanto sottoscrittori: di soldi e di firme. E la linea politica? A quella ci pensano Marco&Emma.