di Susan George
[da Un altro mondo è possibile se…, traduzione di Ester Dornetti , Feltrinelli, 13 euro]
Negli articoli di giornale, l’eterogenea moltitudine di persone che spesso scende in piazza per manifestare è generalmente definita come il “movimento no global” o “antiglobalizzazione”. Gli interessati si riferiscono collettivamente a se stessi come al “movimento di giustizia globale” o “movimento della società civile” o “dei cittadini”. Alla peggio, se lo spazio per il titolo è davvero ridotto, si accontenteranno di un “altro-” (“altramondializzazione”): sempre meglio dello scorretto, e perfino insultante, “anti”. Il movimento non è “anti”: è internazionalista, e intensamente partecipe delle tematiche globali e della sorte di ogni singolo abitante del pianeta. La ricchezza di proposte concrete di cui si è mostrato capace lo rende più qualificato a essere definito “proglobalizzazione” di quanto in realtà non lo siano i suoi avversari. Tutto dipende da quale tipo di globalizzazione si intende, e a vantaggio di chi.
Le persone che si sentono parte di questo movimento sono sicuramente una combriccola molto varia, ma se c’è una cosa che le unisce è la convinzione che “Un altro mondo è possibile”. Questo slogan ormai familiare compare sui manifesti, sulle magliette, sugli striscioni; tanti oratori, me compresa, lo scandiscono alla fine dei loro discorsi, e i brasiliani, ne hanno ricavato una samba: “Um outro mundo é possivél”.
Ma lo è veramente? Io credo che la risposta possa essere affermativa, se…
Questo libro è dedicato a esplorare quelle due lettere che possono cambiare ogni cosa.
Quando mi sono unita al “movimento”, come lo si chiamava, senza aggettivi, alla fine degli anni sessanta, si poteva dire (o gridare) “Fuori gli Usa dal Vietnam” e tutti capivano di che cosa si stesse parlando. Trentacinque anni dopo, se voi dite — di gridarlo neanche a parlarne — “Imponiamo una moratoria sul Gats” o “Aboliamo l’aggiustamento strutturale”, è probabile che siate ricambiati da uno sguardo privo di espressione. Conquistare un altro mondo possibile oggi richiede cittadini molto ben informati.
Spero che anche gli attivisti più collaudati e i più esperti militanti del cambiamento trovino utile questo libro, che è anche, in parte, una specie di manuale su “La globalizzazione e il movimento di giustizia globale per principianti”. Il divario tra politica e conoscenza si sta ampliando, e molti non si sentono all’altezza di partecipare a una politica di cambiamento, anche se ammettono di sentirne terribilmente il bisogno.
Inoltre, la crescita dell’astensionismo in tutte le elezioni nazionali dimostra che molti hanno scarsa fiducia nella democrazia rappresentativa; o sono disgustati dai politici tradizionali, che accusano di essere “tutti uguali” o, peggio, “tutti corrotti”; o, ancora, giudicano semplicemente inadeguati sia i politici sia i partiti. Rifiutandosi di mescolarsi con la vita pubblica, preferiscono ritirarsi nella loro dimensione privata.
Il problema di questo atteggiamento è che oggi la dimensione privata non può più — se mai ha potuto — restare disgiunta dal mondo esterno e dalla sfera più ampia in cui è calata. La politica si insinua in tutte le nostre vite. In misura sempre crescente, i problemi si rivelano tali da non poter essere risolti a livello individuale, locale e neppure nazionale; perché la globalizzazione è più di uno slogan o di un’ideologia: è anche uno spostamento del potere a un livello così stratosferico che le voci dei cittadini vi arrivano deboli e lontane. Prendendo atto, implicitamente o esplicitamente, di questo, le persone possono sentirsi ancora più frustrate e impotenti, ritirarsi ancor più nel privato, innescando così un circolo vizioso.
Questo libro cerca di chiarire il significato di quella sfera più ampia e di quel piano irraggiungibile. È rivolto a tutti coloro, e sono molti, che sperano e credono che il cambiamento sia possibile e stanno già lavorando per realizzarlo. Fino a che non si entra attivamente nel movimento di giustizia globale, è impossibile immaginare quante altre persone coraggiose, energiche, intelligenti, siano animate dalle nostre stesse convinzioni e siano pronte a battersi per difenderle — questa, almeno, è stata la mia felice esperienza.
È dedicato a tutti coloro che esitano e dubitano che si possa fare qualche cosa, come pure a quelli che non sanno come fare a tuffarsi nella mischia. Anche chi è solo interessato a capire il movimento di giustizia globale come nuovo fenomeno politico e attore sulla scena mondiale potrà trovare utile questo libro, che spiega quali sono le molle che lo fanno — e ci fanno — girare: le nostre motivazioni, le nostre visioni del mondo, le nostre speranze, i nostri obiettivi.
È dedicato a quelle persone che hanno alzato la mano durante il dibattito seguito a una delle mie conferenze dicendo: “Probabilmente troverete stupida questa domanda, ma…” (errato: nessuna domanda è stupida e tanti fenomeni sono davvero difficili da comprendere). Ai tre studenti liceali, visibilmente intelligenti, che mi hanno detto: “Abbiamo letto il manifesto di Attac* e non lo abbiamo capito”; alle donne che hanno ammesso di avere rinunciato a frequentare le riunioni del gruppo locale di “altramondializzazione” perché non riuscivano a seguire i discorsi. È dedicato ai molti che esprimono indignazione e rivolta contro la politica convenzionale ma non vedono alternative, nonché a quella celebre e certamente mitica creatura che è il “cittadino medio”, ovvero il “lettore generico intelligente”.
Che vi annoveriate tra questi ultimi o tra i militanti con più esperienza, se avete letto fin qui sarete probabilmente come me sgomenti per le tortuose oscillazioni dell’economia mondiale, scioccati per le scoperte quotidiane di corruzione nelle alte sfere, nauseati alla vista delle grandi multinazionali che “smarriscono” miliardi di dollari con la complicità dei propri revisori, dei banchieri e dei presunti “cani da guardia” del governo. Vedete che la disoccupazione e il lavoro precario continuano ad aumentare e che a esserne colpiti sono soprattutto i giovani; sapete che l’ambiente è sull’orlo del collasso e che il mutamento climatico mette a rischio la nostra sopravvivenza con devastanti periodi di calura, con cicloni, inondazioni, inaridimento delle colture, incalcolabile distruzione e forse perfino estinzione delle specie.
Siete preoccupati per la crescente povertà che assilla centinaia di milioni di persone, e pensate che sia collegata alla guerra e al terrorismo. Avete visto scatenarsi senza freno le ambizioni dell’unica iper-mega-superpotenza mondiale, in particolare in una guerra che milioni di persone hanno cercato di evitare e le cui conseguenze a lungo termine ancora oggi è impossibile prevedere.
In breve, vedete che la “globalizzazione” sta già avendo effetti estremamente negativi su di voi, sulla vostra famiglia, sui vostri amici e sulla comunità in cui vivete, sull’economia e la società del vostro paese, sulla pace e la sicurezza mondiali e sul pianeta nel suo insieme.
È davvero impossibile controllare tutti questi processi? L’opinione dei cittadini conta ancora qualcosa? Come rispondiamo all’annosa domanda “che fare”?
Io rispondo che un altro mondo è realmente possibile soltanto se il più alto numero di persone, con il più ampio bagaglio di esperienze, concezioni, capacità, si uniranno per farlo accadere. Le cose cambiano perché un numero sufficiente di persone non si stanca di volerlo e di darsi da fare in quel senso. Nessuno dovrebbe essere escluso, o autoescludersi per timore di non essere in grado di dare un contributo. Nessuno che desideri contribuire a costruire un mondo diverso dovrebbe, per mancanza di informazioni o collegamenti, restare a guardare fuori campo.
Con modestia cercherò di condividere una parte delle informazioni e dei collegamenti di cui dispongo. Non c’è bisogno di avere competenze nell’ambito dell’economia o di altre discipline, per mia fortuna dato che non sono un’economista. Ma bazzico molto in questi territori, e so che cosa vuole dire attraversare le loro aride steppe e fitte foreste in cerca di spiegazioni. Questo viaggio mi ha aiutata a comprendere le persone che ritengono, erroneamente, di non poter capire o influenzare il modo in cui il mondo attualmente funziona. Garantisco che possono riuscire sia nell’uno sia nell’altro intento.
Un altro mondo sarà inoltre possibile se eviteremo alcuni degli errori più frequenti, se individueremo i giusti obiettivi e applicheremo le giuste strategie. Non pretendo certamente di fornire tutte le risposte, ma forse la mia esperienza di scrittrice, di conferenziera e di militante del cambiamento, acquisita nell’arco di decenni, mi qualificherà se non altro a porre alcune domande pertinenti, a indicare alcuni percorsi e a dare alcuni avvertimenti. Nelle pagine che seguono non esiterò a fare riferimento a questa esperienza personale, se riterrò che possa essere utile ad altri.
Molte risposte potranno solo essere frutto di uno sforzo collettivo all’interno di un dibattito democratico. Il momento che abbiamo di fronte non ha precedenti nella storia: nessuno ha mai cercato di democratizzare lo spazio internazionale e di assicurare una vita dignitosa a ogni abitante del pianeta. Queste conquiste non sono più un’utopia ma una prospettiva concreta: dichiariamo che un altro mondo è possibile perché realmente lo è. […]