Non si vergognano, anzi: ne vanno fieri. I radicali italiani finiscono in quello che la loro radio definisce “tempio neocon”, si sentono a casa loro, straparlano di strategie che hanno esploso orrore in tutto il pianeta. In breve: Daniele Capezzone, il segretario radicale, quello che quando aveva i capelli lunghi sembrava il tizio che mostrava i goldoni alle spalle degli inviati Rai, è andato a Washington, il 9 marzo scorso, all’American Enterprise Institute, a parlare di “globalizzazione della democrazia”, invitato da Michael Ledeen, definito da Radio Radicale “uno dei maggiori esponenti del pensiero neocon” [nella foto, Capezzone è al centro, Ledeen a sinistra]. Peccato che Ledeen è un nome che ricorre nelle memorie di Francesco Pazienza e negli atti della Commissione P2, oltre che nella relazione di minoranza della stessa, quella stesa da Massimo Teodori, ai tempi radicale anch’egli. un uomo dei servizi segreti, che l’ammiraglio Fulvio Martini, capo dell’intelligence tricolore, bollò come “persona sgradita” in Italia.
Alcuni beneinformati di Dagospia (imbeccati da Minzolini) hanno scritto di recente: “Cosa ci faceva in Italia Michael Ledeen, l’uomo ombra delle relazioni italiote della Casa Bianca, la scorsa settimana? A Roma ha visto i vecchi amici, a partire da Stefano Folli (suo sodale sin dai tempi di Renzo De Felice), per commentare la tesi del Velino sulle pressioni dall’ambasciata di via Veneto a Romiti & Co. per il cambio della guardia a via Solferino. A Milano giovedì ha partecipato a un convegno sul terrorismo alla Bocconi con il suo caro amico Gabriele Albertini. Ma la vera domanda è: sarà un caso che Ledeen, giovedì a mezzanotte, abbia incontrato al bar del Principe di Savoia il suo amico-concorrente nelle relazioni transatlantiche ‘riservate’, Edward Luttwak?”.
Una bella compagnia, non c’è che dire. Quasi all’altezza di quelle frequentate in passato dallo stesso Ledeen in Italia. E’ l’onorevole Giovine a realizzare la migliore sintesi sul personaggio: “Pensiamo al ruolo di Michael Ledeen, che entrava e usciva dal Viminale in quei giorni [quelli del sequestro Moro, ndr]. Michael Ledeen non è uno qualsiasi, ma è forse il più esperto, non teorico ma pratico, della disinformazione americana. Michael Ledeen peraltro è anche un intellettuale apprezzato: è lui per esempio l’autore dell’intervista a De Felice sul fascismo. All’epoca del caso Moro era uno dei più abili giocatori di poker a Roma. E’ l’uomo che ha congegnato il cosiddetto “Billygate”, cioè che ha incastrato il fratello del presidente Carter con una operazione in Libia di altissima scuola fra i cosiddetti “dirty tricks”. […] Pazienza è un ragazzo di bottega rispetto a Michael Ledeen, e io ho citato solo una delle sue imprese. E poi chi troviamo all’altro capo del telefono quando Craxi parla col presidente Reagan la notte di Sigonella? Michael Ledeen, che traduce per Reagan. Ho citato solo due episodi: Ledeen è un uomo di punta di tutto l’ambiente che grava intorno al generale Alexander Haig, personaggio cruciale dell’ambiente nixoniano, uomo poi caduto sull’affare Iran-Contras, il cui ruolo è centrale. […] Ledeen, ripeto, ha contatti con il giro di Alexander Haig, che è un giro particolare, di una massoneria particolare e di Servizi di un certo tipo, come del resto è noto alle cronache. Michael Ledeen è uomo che il ministro Cossiga fa entrare direttamente nella vicenda Moro: non mi interessano i rabdomanti e la corte dei miracoli, ma che, all’interno di questi vi sono anche gli uomini forti. Michael Ledeen è un uomo forte in questo tipo di azione. E’ mai stato chiesto il suo ruolo? E’ mai stato chiesto a Cossiga perché si è rivolto a Michael Ledeen? Perché lo ha mandato, con quale scopo? Scusatemi questa valutazione politica, ma altri come lui possono essere stati coinvolti da Cossiga, di cui neanche sappiamo i nomi” [Atti della commissione stragi, 38/1998].
Ledeen appare anche nelle motivazioni della sentenza su Ustica. Vale la pena di riportare il passo in questione, è un ulteriore bel ritratto: “Veniva anche trasmesso un carteggio concernente Mike Ledeen, relativo alla richiesta di pagamento di onorario per 30.000 dollari da lui avanzata al nostro Governo. L’onorario richiesto risaliva ad un incarico ricevuto nel 1978 dall’allora Ministro dell’Interno prima che questi lasciasse il dicastero, pertanto prima o durante il sequestro dell’onorevole Aldo Moro. L’incarico era relativo ad uno studio sul “terrorismo”. Sul punto non possono non richiamarsi le affermazioni del prefetto D’Amato rese alla Commissione P2, in cui riferendosi a Ledeen precisa che “era stato addirittura collaboratore dei Servizi italiani, perché aveva tenuto, insieme a due ex elementi della CIA, dei corsi dopo il caso Moro” (v. audizione Federico Umberto D’Amato, Commissione P2, 29.10.82). Ledeen al fine di ricevere il compenso scrive in data 25 luglio 80 su carta intestata “The Center for Strategic and International Studies” [un centro studi che annovera, nel suo board, il nome di Edward Luttwak, ndr] al Presidente del Consiglio Giulio Andreotti: ” Vorrei ringraziarla per la Sua gentilezza con me, e spero di poter incontrarLa di nuovo quest’autunno, quando verrò a Roma. Mi è arrivata una comunicazione dal Ministro Rognoni dicendo che il progetto concordato a Washington durante il vertice della NATO è stato annullato. Capisco benissimo che un nuovo ministro vorrebbe fare i suoi progetti in piena libertà, e la decisione è completamente comprensibile. Ma io purtroppo avevo preso degli impegni, e sulla base dell’incarico dato a me a Washington, io ho garantito lavoro a tre esperti americani, uno dei quali si è dovuto dimettere dal Governo americano per poter lavorare con me. Tutti questi signori hanno dovuto rifiutare altri progetti, e spero, Signor Presidente, che Lei sarà d’accordo con me che c’è un debito nei riguardi di questi colleghi. Secondo la prassi locale, essi dovrebbero avere circa $30,000 per il lavoro e il tempo perso. Vorrei sottolineare, Signor Presidente, che io non voglio assolutamente niente per me stesso, e sono fiero della stima da Lei mostrata quando mi ha dato un incarico così importante. Spero che in un prossimo futuro mi sarà possibile essere utile al Governo italiano. E se il Governo non è d’accordo sulla questione del debito verso questi miei colleghi, in qualche modo troverò i soldi per rimborsarli. Spero che Lei troverà la possibilità di passare un’estate tranquilla, e che le vacanze Le offriranno un po’ di quella pace che Lei merita dopo tanti mesi di crisi e di tensione. Con la più grande stima per il lavoro da Lei compiuto, per l’Italia e per l’amicizia tra i nostri Paesi, rimango”. Come si vede il Ministro Rognoni, che nel frattempo aveva sostituito il dimissionario Cossiga, non aveva ritenuto di dar seguito ai progetti intercorsi tra Ledeen e il suo predecessore. Ciononostante il Presidente Andreotti stimò di dover risolvere la vicenda senza però ricorrere ai fondi riservati. In tal senso diede disposizioni di contattare il Capo della Polizia Coronas al fine di verificare la possibilità che quel Dicastero prendesse a suo carico la metà del costo dell’operazione. In un appunto del Capo di Gabinetto del P.C.M. datato 04.01.79 la vicenda è così riepilogata: “Il Ministro Cossiga – qualche tempo prima di lasciare l’incarico di Ministro dell’Interno – ebbe ad incontrarsi con il Sig. Ledeen, il quale gli prospettò l’idea di uno studio sul “terrorismo”. Il Ministro Cossiga si dichiarò convinto della bontà dell’idea, lasciando intendere che la ricerca sarebbe stata opportunatamente compensata, a ristoro delle spese sostenute. Sta di fatto che – di seguito all’uscita del Ministro Cossiga dal Governo – la cosa rimase sospesa. Riprospettata al Ministro Rognoni, questi – data l’indeterminatezza dei precedenti rapporti – non ritenne di dar seguito (è attendibile l’opinione che, a parte l’indeterminatezza della situazione precedente, la perplessità è derivata dal fatto che – a quanto riferito – il Sig. Ledeen è persona vicina agli ambienti di Kissinger e quindi in posizione di contrapposizione alla attuale Amministrazione USA). I cauti approcci fatti per trovare una soluzione agli aspetti amministrativi – così come prospettava nella sua lettera dal Sig. Ledeen – non hanno portato a risultati pratici, per intuibili motivi (l’eccezione è stata quella della mancanza di fondi; risposta questa avuta sia dall’Interno sia dalla Difesa)”. Il carteggio si conclude con una nota del Segretario Generale del Cesis, Walter Pelosi, datata 14 gennaio 79 del seguente contenuto “Caro Vincenzo (Vincenzo Milazzo Capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio; nde), ho preceduto per la questione Ledeen nel senso concordato e ti sarò grato se vorrai assicurare al riguardo l’Onorevole Presidente del Consiglio”. (v. atti trasmessi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con missiva del 3 giugno 97). È facile intuire dal tenore della missiva che il Presidente Andreotti si sia infine rivolto al Cesis, così attingendo ai suoi fondi riservati, per compensare il Ledeen”.
Potremmo proseguire per molto, allestendo una galleria di ritratti che variano sul medesimo volto, quello di Michael Ledeen. Ma è forse meglio lasciare il passato e venire ai fatti presenti. Ecco come Radio Radicale esulta per la visita di Daniele Capezzone all’uomo di cui sopra:
Washington, 9 marzo 2004
«All you have to do is to look at Daniele and realize what a radical phenomenon this political party is». «Is the only political party I know in Italy that has a sense of humor». «Uncompromising supporter of freedom».
Con queste parole Michael Ledeen, uno dei maggiori esponenti del pensiero neoconservatore americano, ha introdotto ieri il Partito radicale ad un audience raccolta nella sede dell’American Enterprise Institute, il prestigioso think thank americano.
«I feel at home here», gli ha risposto il segretario di Radicali Italiani Daniele Capezzone prendendo la parola, «anche perché capisco cosa significa essere odiati», tracciando un parallelo tra gli stereotipi negativi attribuiti ai necons e il modo in cui da sempre in Italia vengono demonizzate le proposte di riforma portate avanti dai radicali.
«Sono contento – ha aggiunto Capezzone – di lasciare per un po’ il dibattito politico in Europa che a mio parere sembra un lungo e ininterrotto incontro guidato da Noam Chomsky e Gore Vidal».
Non era la prima volta che Daniele Capezzone incontrava Michale Ledeen. Lo scorso luglio, infatti, l’esponente neocon aveva presentato a Roma insieme a Paolo Mieli il libro “Uno shock radicale per il 21esimo secolo”. Oltre a Ledeen, ha partecipato all’incontro dell’American Enterprise Institute anche Radek Sikorski, direttore esecutivo della New Atlantic Initiative ed ex ministro degli Affari esteri polacco dal 1998 al 2001.
«Sono qui a chiedere il vostro aiuto. Credo che abbiamo bisogno di una strategia comune. Stiamo facendo un errore terribile focalizzando tutta la nostra attenzione solo sull’Iraq. Credo che dovremmo smetterla di parlare di una rivoluzione democratica irachena e che dobbiamo cominicare a parlare di una rivoluzione democratica globale».
Ecco il piano in tre parti per sconfiggere tutte le dittature ed esportare la democrazia:
1) stop agli aiuti di ogni tipo, nazionali e internazionali, a tutte le dittature;
2) destabilizzare le dittature con la “bomba” dell’informazione;
3) riformare le Nazioni Unite, che, così come sono, sono inefficienti e spesso paralizzate da gruppi di Stati come i neutrali e non allineati e i Paesi islamici.