1981: l’arresto collettivo dei familiari di Cesare Battisti
a cura di Francesca e Stefania Battisti
VINCENZO BATTISTI
Come venisti a sapere dell’evasione di tuo fratello Cesare?
La notizia dell’evasione di Cesare l’ho ascoltata tramite la televisione sabato 3 ottobre 1981.
Dopo la notizia ero molto preoccupato perchè non sapevo cosa poteva succedere. La Domenica mattina verso le 3 si sono presentati i Carabinieri da me e da mio fratello Domenico e ci hanno intimato di seguirli con la nostra auto alla caserma di Frosinone, dove poi ci hanno divisi.
Vi hanno spiegato perché vi prelevavano? Sapevate dove vi stavano portando?
Ci hanno detto che si trattava di un semplice interrogatorio. Sapevamo che ci stavamo dirigendo verso la caserma di Frosinone.
Quanto tempo è durato il fermo? Come siete stati trattati?
Siamo stati trattenuti nella Caserma di Frosinone dalle 4,00 alle 20,00, per poi essere trasferiti in quella di Alatri. La prima notte non ci hanno interrogati, abbiamo solo dovuto fornire generalità e impronte digitali. In tutte quelle ore (fino alle 20,00 del giorno successivo) non ci hanno fatto né mangiare né bere.
Di cosa vi si accusava?
Non ci sono mai stati detti i capi d’accusa. Verso le 20,00 del secondo giorno sono stato trasferito nella caserma dei Carabinieri di Alatri e chiuso in una cella di sicurezza. Neanche in questa occasione ho potuto mangiare o bere.
Eri assistito da un avvocato?
In tutto questo tempo non ho potuto comunicare con il mio avvocato. Solo mercoledì 7 ottobre, quando mi hanno prelevato dalla mia cella di isolamento per un colloquio con il giudice Alanno, ho visto il mio avvocato Palmieri di Latina.(scelto da un mio familiare).
In quell’occasione il giudice mi ha rivolto poche domande. Io gli ho detto che potevo dimostrare la mia estraneità all’evasione di Cesare e il giudice mi ha risposto “Questo noi lo sappiamo già”. “Perchè allora sono in carcere se non ho commesso nessun reato? ” gli ho risposto alzandomi in piedi. “E’ la prassi” mi ha risposto il giudice.
E sono stato rispedito in cella di isolamento fino a sabato 10 ottobre verso le 11,00.
Come hanno reagito i tuoi figli?
All’epoca avevo due figli: una bambina di nove anni e un bambino di tre. Avevo anche un lavoro che, in seguito a questi fatti, ho immediatamente perso. Dei miei due figli e dei due figli di mio fratello Domenico si occupava mia moglie (visto che anche mia cognata Dian Ivea era stata arrestata). In più doveva occuparsi di mia madre ricoverata al Policlinico Gemelli, e di mio padre da poco dimesso e ancora convalescente. Per tutto il tempo della mia detenzione non ho potuto avere alcun contatto con la mia famiglia.
I miei bambini non avevano percepito il significato di tutto quello che stava accadendo. Erano spaventati e non capivano il motivo della mancanza del papà.
Che cosa riportavano i giornali?
Di tutto e di più: “Famiglia di terroristi, arsenali d’armi in casa….” Dopo la scarcerazione la stampa non si è MAI DEGNATA DI UNA SOLA SMENTITA.
Quale fu la reazione dei vicini?
Gran parte del vicinato (non tutti per fortuna) e addirittura qualche parente ci ha emarginati. “Famiglia di delinquenti, lontano da questa gente, c’è il pericolo di essere arrestati”: questo ci sentivamo dire.
Un episodio in particolare mi ha turbato e lasciato senza parole. Mia moglie doveva recarsi a Roma per far visita a mia madre e non sapendo a chi lasciare il bimbo di tre anni ha chiesto alla sua madrina di tenerlo per qualche ora. ” Non voglio avere problemi per via di questo bambino” si è sentita rispondere.
Mio padre aveva settant’anni e, come ho già detto, era uscito da poco dall’ospedale. Forse per questo è stato risparmiato. A mia madre non è stato detto niente per non arrecarle ulteriore dolore. I miei genitori, anziani e malati, sono stati gli unici membri della famiglia a non essere stati arrestati.
Consideri superata quell’esperienza?
Una situazione del genere non la si può considerare superata, anche perché si vive sempre con l’angoscia che possa succedere qualcosa di peggio.
Come avete vissuto i dieci anni in cui non sapevate la sorte di Cesare?
In quegli anni avevamo il terrore di ricevere notizie poco piacevoli.
Lo avete poi ritrovato a Parigi, con una moglie e una figlia. Era cambiato?
Il suo è stato un cambiamento radicale. Ora la sua unica preoccupazione è la sua famiglia.
Quale è stata la vita di Cesare in esilio?
Solo lui può conoscere cos’è la sofferenza di tanti anni vissuti da esule. Dai suoi racconti so che, oltre la nostalgia della famiglia e del suo paese, ha sofferto la fame mangiando come un cane randagio e per questo si è ammalato di un’infezione intestinale, rischiando di morire.
Eppure i giornali parlano di un esilio dorato…
Tutto ciò che dicono molti giornalisti italiani fa ridere. Basti pensare che Cesare e sua moglie, per arredare il loro sottotetto di pochi mq. preso a un affitto altissimo, andavano di notte a raccogliere sedie, tavoli, materassi abbandonati sui marciapiedi o vicino ai cassonetti. Se questo è un esilio dorato….Che se lo facciano loro, i giornalisti!
Mio fratello Cesare ha fatto degli errori, ma era appena un ragazzo. E’ stato in galera, è stato esiliato per tanti anni, ha passato tutta la sua vita a fuggire come un disperato. Durante questi anni ha perso un fratello, ha perso i genitori e ne è stato informato solo molto tempo dopo…. Non crediate che la vita di un rifugiato sia facile. Penso che Cesare abbia pagato abbastanza per i suoi errori.
(CONTINUA. Prossima testimonianza: Moira Battisti)