di Beppe Sebaste
«Coito ergo sum». Potrebbe essere il sottotitolo dell’ultimo libro di Jean-Luc Nancy (L’«il y a» du rapport sexuel, Galilée, pagine 54, curo 12,20). Ma anche: il comunismo e l’arte di scopare. Perché «fare l’amore» (ma Nancy dice proprio baiser, scopare, e si noti che le parole che in ogni lingua richiamano il rapporto sessuale sono verbi, mai sostantivi) è la manifestazione più radicale di una pratica della condivisione, di un essere-in-comune (di un «comunismo» senz’altro più vicino alla nozione di «dispendio» di Georges Bataille che al primato dell’economia in Marx).
Filosofo francese tra i più presenti nelle librerie e tra i più defilati dalla scena intellettual-mondana (sarà perché insegna in «Provincia», a Strasburgo), di Nancy il pubblico italiano conosce vari libri – tra i quali Corpus, Essere singolare plurale, La comunità inoperosa (cioè desoeuvrée, letteralmente: «scioperata»), oltre a un libro sul romanticismo tedesco (Un pensiero finito) e un pamphlet su Il mito nazi scritto a quattro mani con Philippe Lacoue-Labarthe.
Sono tante le cose di cui si è occupato l’ironico, enciclopedico libertino Jean-Luc Nancy, e un mese fa a Parigi il Collège International de Philosophie ha dedicato alla sua opera multiforme un convegno di studi, Sens en tous sens (Il senso in tutti i sensi). Solo nell’ultimo anno ha dato alle stampe un libro sulla pittura cristiana (La Visitazione), un altro sul ritratto, un nuovo saggio sull’idea di comunità dopo il comunismo (di prossima uscita presso SE come prefazione alla ristampa di La comunità inconfessabile di Maurice Blanchot), un lungo excursus sul cinema di Abbas Kiarostami e infine questo, L’«il y a» (il «c’è») del rapporto sessuale. «C’è», es gibt, era la nota formula di Martin Heidegger, il biografo dell’essere. E quello che si propone Nancy in questo libro è esattamentesessualizzare l’essere, erotizzare l’ontologia.
Sovrapponendo il massimo dell’immanenza (un metodo anarchico e una pluralità di temi che lo accosta all’eredità di Gilles Deleuze) e il massimo della trascendenza (ispirazione che nella filosofia francese viene dal pensiero erotico-religioso di Emmanuel Lévinas), Jean-Luc Nancy passa quindi con disinvoltura dall’idea di comunità a quella di copulazione, legate dalla comune pratica del «con», del cum. La condivisione, spiega Nancy, con cui ogni idea di comunità deve fare i conti, ha a che fare con quella radicale condivisione di sé che è in atto in ogni rapporto sessuale, fosse anche l’autoerotismo. Una soggettivazione che è insieme contemporaneamente, una de-soggettivazione. Io è un altro, declamava Rimbaud, ovvero: l’alterità di sé, dell’Uno, fa sì che, come titola un altro libro di Nancy, l’essere sia già sempre «singolare-plurale». Ciò che il sesso, in qualunque modo lo si faccia, non cessa di rivelare. Che è un altro modo di dire che il narcisismo (o comunque si voglia dire il monolinguismo, il monologismo e la chiusura dell’Uno), di cui la mitologia dell’amore è piena zeppa – trova in natura una fondamentale, radicale occasione per aprirsi all’altro, per sanare le proprie manie e ossessioni, e convivere con sé e il mondo: il sesso, appunto. Più che l’arte di scopare questo libro tratta allora dell’essenza dello scopare, della fenomenologia trascendentale del «rapporto sessuale», la sua, direi quasi, non è una sostanza, non è neanche una finalità (l’entelekia aristotelica), e forse alla fine non è neppure un rapporto. E che addirittura, come diceva lo psicanalista stregone Jacques Lacan, «non c’è». «Non c’è rapporto sessuale» – insegnava questi con arte sperimentata e spudorata del paradosso. E anche: «il godimento è impossibile». Sono le provocazioni da cui Nancy prende le mosse per la sua intelligente e per molti versi spassosa disamina filosofica dell’atto sessuale. O, piuttosto degli atti. «Chi scopa chi – di chiede il filosofo – se quando scopo sono anch’io scopato/a, e cosa vuol dire scopare e esserlo/a (scopato/a)?». Dire che non c’è rapporto significa enunciare la proprietà stessa del rapporto, che è sempre un tramite, al punto che «rapporto sessuale» è probabilmente un’espressione ridondante.
Ma il piacere di questo libro è disseminato altrove. Nancy si diverte a ricordarci, con una raffica di etimologie e di giochi di parole (in questo, bisogna dirlo, è molto francese) che «desiderare» significa «cessare di vedere gli astri», cioè essere mancanti, ma che questa mancanza produce slancio e tensione, ossia una «considerazione». Che «intimare», cioè ordinare, prescrivere, ha la stessa origine di «intimo», che è sempre uno spingere «in dentro», o in fondo. Che l’essenza del sesso è di «eccedere» sempre se stesso, eccesso che spiega perché esso «eccita», ovvero «spinge in fuori». Fino a tornare (ma l’elenco potrebbe continuare a lungo), al cuore del discorso: che la copulazione è un legame (cum) , il coito è il cum di un andare (ire), anzi di un andare e venire insieme, coire, e che questo va-e-vieni, con il prefisso co, è sufficiente a rompere ogni concetto e prigionia dell’uno (della cosa in sé), aprendo la strada al pensiero della comunità. Due sole, marginali, obiezioni.
La prima: ma non lo cantavano già, in un carezzevole unisono vocale, e senza sotterfugi dialettici Je t’aime, moi non plus, Jane Birkin e Serges Gainsbourg? La seconda è più seria, e amplia il discorso. Vi sono altre parole, ovvero altre esperienze, in cui il prefisso «co» del nome mostra lo stesso principio di alterità-alterazione del soggetto: come il corrispondere, come il convergere della conversione, o come la con-fessione: quest’ultima essendo, come il rapporto sessuale, esperienza radicale di una resa, di una trasformazione, di una «vita nuova».
[da L’Unità]