di Daniela Bandini
Alejandro Torreguitar Ruiz, Machi di carta. Confessioni di un omosessuale cubano, ed. Stampa Alternativa, pp.120, € 8.
Alejandro Torreguitar Riuz (L’Avana, 1979), studente di letteratura spagnola all’Università dell’Avana, scrive poesie e racconti per la rivista accademica “El Barrio”, è poeta repentista e cantautore. Non ha pubblicato niente in patria. Suona in un gruppo rock chiamato Esperanza. Di lui Gordiano Lupi ha tradotto il racconto La Marina nel mio passato (pubblicato in appendice al saggio Veder Cuba dalla parte dei cubani ed. Terzo Millennio, 2002); Vita de jinetera (inedito) e molti racconti di impronta esistenziale.
Nella sua introduzione, Gordiano Lupi racconta di come gli sia giunto tra le mani il manoscritto di questo giovane autore cubano.
Manoscritto… Una parola d’altri tempi. In termini poco convinti gli era stato consegnato dall’autore perché gli desse un’occhiata.. Non pretendeva la pubblicazione, non chiedeva consensi e non coltivava le speranze “di vita o di morte” spesso legate a un fascicolo rilegato ed esposto in una libreria. Domandava un’opinione. Scontato sarà l’approccio poco convinto e quasi distratto che il traduttore riserverà a quelle pagine prima di cominciare a leggerle.
Perché tutto comincia sempre così. Ti arriva qualcosa tra le mani, cominci a leggerlo, inizia ad appassionarti, e poi ti accorgi che quel “manoscritto” è già un libro, almeno nei tuoi pensieri, fa già parte della storia che racconterai, lo porterai ad esempio come vicenda già narrata e trasmessa. Questo è il piccolo miracolo quotidiano che sperimenta chi dovrà decidere della nascita di un libro. Molto spesso è anche un istinto poco raziocinante, che ha analogie con l’innamoramento. E’ un fatto e basta.
Ed ecco Machi di carta, un libriccino di neanche 120 pagine che in sé contiene più cose da dire di un intero trattato di sociologia. Un’autobiografia agghiacciante, feroce e orgogliosa, contestualizzata all’estremo, perché di estremo si parla: di una fuga da una identità stigmatizzata che l’autore non accetterà mai così come gli viene imposta.
Essere omosessuali a Cuba, essere omosessuali nell’infanzia, essere omosessuali perché ti piacciono le bambole e perché adori le favole di Cenerentola. Essere omosessuali perché ti depili le gambe, perché non provi nessun fremito verso le tue compagne, perché questa femminilità scomoda e seducente fa impazzire i maschi che la “usano” senza tenerezza e quasi con rancore. L’abuso sessuale da parte di docenti, professori, che oltre il disprezzo per l’omosessuale celano un’attrazione irresistibile, morbosa e cattiva.
Sì, cattiva. In realtà non fanno mai del sesso. Violentano. Percuotono, stordiscono di botte, abusano della loro fantasia per colpire il femminile “a metà” dell’omosessualità. A volte c’è sì tenerezza, ma quasi a occhi chiusi. Riaprendoli lo schifo, l’umiliazione di essersi lasciati andare prende il sopravvento.
I risvegli e le mattine di Maicol, il protagonista della storia, non sono certo belle mattine e bei risvegli. Da bambino apre gli occhi sperando solamente di non incrociare quelli del padre, da adolescente maschera con il trucco i pestaggi subiti. E quando arriva l’amore è quasi sempre a senso unico, e sempre eccessivo. Come se la parola “normalità” non fosse nel dizionario di chi vive, omosessuale, a Cuba. Ma anche di fronte a casa mia, forse.
La violenza delle frustate paterne, lo stupro, sembrano il debito da pagare a una società che non permette di essere nient’altro al di là del proprio corpo e dell’aspetto fisico da impersonare. “… Quando provai ad accarezzarlo si ritrasse infastidito, si alzò di scatto dal letto e cominciò a rivestirsi. — Adesso è meglio che tu vada -. Non possiamo restare un poco a parlare? — Non abbiamo niente da dirci -, concluse… Non sembrava lo stesso uomo che la sera prima mi aveva invitato a casa sua. Compresi che Carlos provava vergogna. Si era lasciato andare a un’eccitazione che non era riuscito a domare. L’alcool, la droga, i desideri repressi… ‘Sono stato bene con te…’ — Guarda che se parli con qualcuno di quello che abbiamo fatto le botte che ti ha dato Luis ti sembreranno carezze… Dimenticati il mio nome. Non ci siamo mai visti. A me piacciono le donne, ricordalo -. ‘Stanotte non sembrava’. Fu allora che mi colpì. Arrivò prima il dolore violento e improvviso, poi la consapevolezza di essere stato colpito da un pugno in pieno volto. Non me l’aspettavo. Non me l’aspettavo proprio. Il naso cominciò a sanguinare…”
L’autore stesso confesserà che nei suoi rapporti c’è spesso una componente masochistica. Non vorrei fare facile psicologia, ma credo che se l’unico modo per esistere sia caratterizzato dalla violenza, quest’ultima ti apparirà inevitabilmente come l’unica possibilità di seduzione e di piacere. Se l’alternativa all’invisibilità è l’esposizione alla violenza, ben venga, in certa misura, anche la violenza. Se per difendere la mia sessualità l’unico modo è subire, sarò costretto a subire.
Ci sono, nel libro, racconti davvero ripugnanti di violenza sadica che l’autore subisce anche da “presunti” turisti (non saprei in quale altro modo definirli). Sembra di gran moda andare a Cuba a “farsi” di “locali”, di ambo i sessi. Chissà perché, pare ancora più ripugnante lì che altrove. La tracotante ostentazione dei dollari fa ancora più schifo. “Per questi, fareste di tutto!” sembrano dire.
Maicol racconta un episodio atroce ed emblematico allo stesso tempo, su una coppia di turisti del nord Europa, altissimi e biondissimi, che lo “ingaggiano” per averlo a disposizione. Non saprei come altro definire la situazione. Saranno violenze inaudite e bestiali, con lei che indossa un fallo artificiale, penetrazioni dolorose e violentissime. Ma il massimo godimento sarà rappresentato per entrambi nel vedere Maicol “accoppiarsi” con il sesso femminile. Altri gli faranno questa richiesta. Come se la massima “punizione” inflitta al suo corpo fosse l’espiazione della sua omosessualità.
Incredibile. Non chiedetemi che cosa dovrebbe espiare, da quale punizione spaventosa dovrebbe ritrarsi… Eppure in decine, centinaia, migliaia di locali di tutto il pianeta, lungo le strade polverose di certi quartieri del sud del mondo, nel fango delle baracche del sud-est asiatico, nella parvenza dei bordelli di lusso, c’è chi va con dei dollari in mano e con un unico desiderio: distruggere tutti i sentimenti, la tenerezza, il bisogno d’amore di persone come Maicol.