gelli1bn.jpgFiumi d’inchiostro e di sangue sono stati versati sull’affaire P2. Non è compito di Carmilla immettersi in uno dei due bacini liquidi. Tentiamo soltanto di restituire alla memoria storica quel minimo di dignità che serve per evitare obnubilamenti perniciosi, tragedie di Stato, votazioni elettorali imbecilli o ignoranti. L’opera di mascheramento che, in questi anni, maliziosamente è stata condotta sulla memoria storica dell’Italia intera ha, anzitutto, il suo perno proprio nello scandalo P2. Ci stiamo avvicinando alla stretta attualità, che ci condurrà a comprendere davvero chi è il similsignore che ci governa, quello che vicecoordina Forza Italia, quell’altro che dirige il quotidiano che quegli altri vorrebbero e già in parte hanno e ad aprile avranno del tutto. Di morti celebri è costellato il cammino di Gelli verso gli onori delle cronache. Da Calvi a Moro a Pecorelli. Non disturberemo la normale programmazione carmillica: ci limiteremo a rievocare, nel testo che qui sotto riproduciamo, che cosa fu la P2 secondo la celeberrima Commissione d’inchiesta guidata da Tina Anselmi; poi ricorderemo i principali contatti tra la loggia deviata e l’omicidio Calvi; poi rammenteremo quali legami sono emersi in relazione al rapimento e all’omicidio Moro; infine faremo un ritrattino umile e sintetico del caso Pecorelli. Cominciamo dalla P2 in sé e per sé: pubblichiamo il quartultimo capitolo della relazione di maggioranza stilata da nonna Anselmi e dai suoi compari.

LA LOGGIA P2 COME ASSOCIAZIONE POLITICA

gelli2bn.jpg[…] I problemi a cui dare risposta sono:
a) se la Loggia Propaganda 2 sia definibile come associazione politica;
b) in caso di risposta positiva, quali finalità politiche essa poneva al suo operare.
Rispondere a questi interrogativi significa ripercorrere riassuntivamente quanto sinora si è venuto
esponendo nelle varie parti della relazione, per rinvenire un filo conduttore che dia a fenomeni e a
situazioni spesso in apparenza distanti, se non divergenti, una interpretazione che
tendenzialmente ci conduca ad una visione unitaria della Loggia Propaganda 2, delle sue
molteplici ramificazioni e della sua multiforme attività.
A tal fine possiamo riprendere la notazioni più volte espresse che emergono dallo studio della
vicenda organizzativa e funzionale della Loggia P2, rilevando come, nell’arco del decennio che
segna approssimativamente il periodo della sua operatività, essa sembri vivere sostanzialmente
due stagioni che, con diverso segno, contraddistinguono la sua struttura, l’ambito dei suoi
interessi, le forme di Intervento.
La prima è quella che corre grosso modo dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni
Settanta; nel corso di questa prima fase, la Loggia Propaganda vive sostanzialmente ancora
nell’orbita della massoneria di Palazzo Giustiniani, che conserva su di essa, attraverso la Gran
Maestranza, una sorta di primazia esercitata in condominio con Licio Gelli. Essa è già certamente
qualcosa di diverso dalla tradizionale Loggia P2, ma comunque sempre secondo una linea di
continuità ideale ed organizzativa che unisce le due organizzazioni, ben rappresentata dal
continuo contrasto tra il Gelli ed il Salvini, questi sempre volto al tentativo di riaffermare il suo
ruolo di suprema guida della famiglia massonica e quindi di tutte le strutture in essa ricomprese.
E’ questa la fase della penetrazione massiccia negli ambienti militari che vede il Gelli, secondo la
precedente ricostruzione, dedicare le sue energie al reclutamento di un gran numero di uomini in
divisa. Il tenore dei discorsi che ad essi tiene è quello del verbale della riunione del 1971: sono
discorsi di segno spiccatamente conservatore che si indirizzano ad una condanna del sistema nel
quale le forze politiche da controbilanciare vengono individuate in un’area che si definisce clericocomunista.
La Loggia si caratterizza così ai nostri occhi per una forte connotazione anti-sistema e
di conseguenza per una sua accentuazione indirettamente eversiva, che
si riflette nelle allusioni ad eventuali soluzioni di tipo autoritario che il Gelli non tralascia di
ventilare all’elemento militare, il quale, come abbiamo visto, costituisce se non l’elemento portante,
certo una componente essenziale dell’organizzazione. Una testimonianza diretta di questo
indirizzo politico ci viene offerta dalla riunione dei generali che si tiene a Villa Wanda nel 1973.
Ma al Gelli, uomo d’ordine che chiede o sembra chiedere esiti politici che portino, all’insegna della
conservazione, a situazioni di maggiore stabilità nel Paese, corrisponde in questi anni in modo
speculare il Gelli che trama con gli ambienti dell’eversione nera, secondo la ricostruzione offerta
nel capitolo apposito, con quegli elementi cioè che coltivano progetti ed attuano iniziative che si
pongono come non ultimo degli elementi destabilizzanti di quel periodo.
Sono questi gli anni del golpismo strisciante (golpe Borghese) e degli attentati dinamitardi che
da piazza Fontana in poi accompagnano e segnano una stagione politica contrassegnata dalla
ricerca di soluzioni non effimere, dopo’ la rottura degli equilibri politici e sociali intervenuta alla
fine degli anni Sessanta, quando si consumava la prima fase dell’esperimento politico di centrosinistra.
Durante questa fase, conviene da ultimo rilevare, Gelli gode del più assoluto anonimato
presso l’opinione pubblica e può agire indisturbato all’ombra dello scudo che gli viene assicurato
dalla doppia cintura protettiva, garantita dalla copertura massonica e dalla motivata disattenzione
dei Servizi segreti nei suoi confronti.
Questa situazione si evolve in ogni senso verso la metà degli anni Settanta, quando non solo il
Gelli sale alla ribalta delle cronache e finisce per essere sottratto definitivamente all’anonimato del
quale ha goduto finora, ma alcuni apparati informativi — non collegati ai Servizi segreti – come la
Guardia di Finanza e l’Ispettorato contro il terrorismo, nonché i giudici di varie procure (Vigna,
Pappalardo, Occorsio) iniziano ad occuparsi del Gelli e della sua Loggia.
Nel 1975 viene verosimilmente redatto, come vedremo, il piano di rinascita democratica che, dal
punto di vista operativo piuttosto che da quello ideologico, registra una radicale conversione di
rotta, delineando una strategia affatto diversa di occupazione articolata del sistema. Intervengono,
poco dopo la sua redazione, le ristrutturazioni della loggia che, attraverso l’operazione di
sospensione pilotata dal Gamberini, consentono una definitiva copertura dell’organizzazione che
nel contempo è oramai stabilmente entrata sotto la sfera di controllo assoluto del Gelli, al quale il
Gran Maestro, definitivo perdente dello scontro, non può che limitarsi a consegnare le tessere di
affiliazione in bianco. Di esse, ed in gran numero, il Gelli sembra avere bisogno perché, secondo
quanto il piano richiede, questa è la fase del proselitismo massiccio che segna il salto di qualità tra
la vecchia Loggia P2 (sia pure ampliata e rivitalizzata) e la nuova struttura di impronta
marcatamente gelliana che allinea quell’impressionante schieramento di nomi qualificati che è
dato riscontrare negli elenchi di Castiglion Fibocchi.
Nell’ambito di questo nuovo impulso organizzativo diminuisce l’interesse del Gelli per i militari
visti come categoria, come denuncia la mirata politica di reclutamento verso il settore che
privilegia la qualità sulla quantità degli affiliati in divisa, che vengono presi di mira soprattutto
nei massimi vertici.
Per converso questa fase è contrassegnata dal rilievo che assumono le attività di tipo finanziario e
dal peso che in questo mutato contesto rivestono figure come quelle di Umberto Ortolani e di
Roberto Calvi, stabilmente schierati, verso la metà degli anni Settanta, sotto l’insegna del
Venerabile aretino: per concludere, è un periodo questo che vede il declino, nella Loggia P2, dei
generali, ai quali subentrano come elemento portante gli uomini di finanza.
E’ questa infatti la fase che vede espandersi l’intreccio di combinazioni affaristiche, che ruotano
attorno alla figura di Roberto Calvi e prosperano all’ombra dello stretto sodalizio che lega il
Presidente del Banco Ambrosiano alle due figure più eminenti della Loggia P2: Licio Gelli ed
Umberto Ortolani. Ma soprattutto è questa la fase che vede l’ingresso del gruppo Rizzoli nella
Loggia P2, con la conseguente acquisizione alla sua diretta azione di influenza e di indirizzo del
Corriere della Sera.
La fase di sviluppo di questi eventi, infine, cade proprio mentre la vita politica nazionale, dopo le
elezioni del 1976, registra quei risultati elettorali e quei cambiamenti di linea politica che
condurranno alla politica di solidarietà nazionale.
Non può non colpire in questo breve riepilogo, che deve essere letto riportandosi alla conclusione
dei precedenti capitoli, la constatazione di come la vita della Loggia Propaganda corra in parallelo,
secondo un mutuo rapporto di scambievole influenza, con le vicende politiche del Paese, ad esse
parametrando le stagioni organizzative ed i piani di intervento, con una sintonia tra il dato interno
e quello esterno alla Loggia che il Commissario Covatta ha voluto sintetizzare definendo la Loggia
P2 una struttura «plastica rispetto al potere».
Non è chi non veda, infatti, come nella storia del suo sviluppo sia dato individuare una prima fase
di contatto con gli ambienti militari da un lato e con le fasce estreme dell’eversione nera dall’altro,
che caratterizza marcatamente la prima metà degli anni Settanta, quando la provvisorietà delle
soluzioni politiche e la ricerca faticosa di più solide maggioranze davano spazio e margine di
credibilità politica a quei conati di golpismo strisciante, che solo in seguito si sarà in grado di
collocare nella giusta prospettiva, ma che all’epoca non mancarono di esercitare il loro effetto di
allarme destabilizzante.
Come del pari ad un effetto destabilizzante miravano eventi clamorosi di tragico segno quali gli
attentati, che accreditarono, nella logica della strategia della tensione, la teoria degli opposti
estremismi e per alcuni dei quali sappiamo che la Loggia si poneva come retroterra politico e
finanziario.
Come abbiamo già osservato, se è certo che Gelli ed ambienti della Loggia P2 hanno tramato con
l’eversione nera, sarebbe peraltro giudizio politicamente incauto identificarli con essa,
risolvendo così, in modo semplicistico, un più complesso rapporto con fenomeni ed ambienti che
appaiono piuttosto strumentalizzati, secondo una accorta strategia di inserimento che punta ad
incentivarli, salvo poi a disinnescarlì al momento opportuno.
Traspare piuttosto dalla trama degli eventi un disegno che sollecita iniziative di valore eversivo,
puntando al vantaggio politico di eventuali contraccolpi sul sistema, più che ad un reale suo
impossessamento nel segno della restaurazione. Solo la pochezza politica di qualche generale di
mal apposte ambizioni poteva farsi irretire dalla prospettiva di un governo presieduto da Carmelo
Spagnuolo, quale il Gelli agitava ai sui ospiti con le stellette nella riunione di Villa Wanda.
Fino al 1975 Licio Gelli sembra aver giocato con pari impegno sui due tavoli diversi – ma lo furono
poi veramente? o non fu piuttosto una medesima spregiudicata partita che su di essi Gelli, o chi
per lui, condusse ? – dell’eversione violenta al sistema e della politica di ordine e di restaurazione,
all’ombra dei militari. E’ questa la stagione politica nella quale la Loggia P2 si configura dunque,
secondo l’espressione del Commissario Occhetto, come il luogo nel quale passa la convergenza fra
le forze dell’eversione ed il «partito d’ordine». Ma la non identificazione di Licio Gelli con
l’eversione, l’approssimazione cioè di una lettura del personaggio e del fenomeno che ad esso
risale in chiave nera, risalta con netto rilievo quando si consideri l’evoluzione che ci è dato
registrare secondo una lettura non schematica degli eventi successivi, quando la strategia della
tensione si avvia al tramonto.
Il piano di rinascita democratica segna l’ingresso alla seconda fase, quella della penetrazione nel
sistema, che viene aggredito attraverso la ragionata acquisizione di alcuni suoi gangli di
funzionamento essenziali. E’ la stagione organizzativa della completa copertura della Loggia e
del suo qualificato ampliamento, con le quali i gruppi che si identificano nella loggia
accompagnano l’esperimento politico dell’inserimento del partito comunista nella maggioranza
di governo.
Se vogliamo apprezzare in pieno la flessibilità dell’operazione e la tempestività dei suoi tempi di
attuazione, non possiamo non dare rilievo, a questo punto dell’analisi, al dato emergente
dall’istruttoria, ampiamente esposto precedentemente nelle sue modalità operative, sull’ingresso
del Corriere della Sera nell’orbita di influenza della Loggia P2; dato questo suffragato, con riscontro
puntuale, dal documento che il Comitato di redazione e di fabbrica del giornale ha inviato alla
Commissione. In questo lavoro è rinvenibile una ampia e documentata testimonianza della
penetrante azione, a livello anche di gestione di notizie minori, che veniva esercitata sul
quotidiano, il cui direttore, Di Bella, era iscritto alla Loggia P2, completando così l’organigramma
di controllo della testata. Di fronte a questo rilievo non può non essere posto in luce che il giornale
mantenne, durante l’esperimento politico della solidarietà nazionale, un orientamento di
sostanziale appoggio alla soluzione politica, di governo e di maggioranza parlamentare, che si
veniva enucleando nelle sedi istituzionali. Valga per tutte la testimonianza offerta dall’editorialista
politico del quotidiano, Gianfranco Piazzesi, il quale afferma in un suo volume di aver
propugnato e difeso nei suoi corsivi tale linea, senza che la direzione avesse mai ad interferire in
senso censorio.
Il sostegno fornito dalla direzione di Di Bella all’operazione guidata dall’onorevole Moro, va
peraltro letto alla luce dei dati in nostro possesso sulla compenetrazione tra gruppo Rizzoli e
Loggia Propaganda e sul controllo che Gelli poteva esercitare, ed in fatto esercitava, nella sua
qualità di garante ultimo di quella situazione proprietaria e gestionale emblematicamente
rappresentata dal famoso «pattone».
I dati conoscitivi sul Corriere della Sera si pongono così alla nostra attenzione con tutta la carica del
loro ambivalente significato, poiché, se da un lato segnalano alla nostra riflessione il rilievo
indubitabile degli interessi politici della Loggia, dall’altro sollecitano un’analisi scevra da ogni
schematismo interpretativo, non dismettendo il quale diventa impossibile cogliere il fenomeno nel
suo più recondito significato.
Partendo da questa osservazione di metodo, il dato dal quale bisogna prendere le mosse è la
constatazione, di indubbio riscontro storico, che le elezioni del 1976 avevano provocato nella
situazione politica del Paese un mutamento profondo, costituito dal ruolo inedito che il partito
comunista veniva ad assumere, anche per la condizione, posta dal partito socialista, di non far
parte di alcuna maggioranza di governo che non includesse, in qualche modo, il partito comunista
stesso.
Quanto ci è dato riscontrare, riferendoci ai dati sinora acquisiti, è che l’instaurarsi di questa nuova
situazione si accompagna al contemporaneo dispiegarsi di due concorrenti attività:
a) nel 1977 – prima operazione di ricapitalizzazione del gruppo Rizzoli – viene acquisito alla
loggia un primario strumento di formazione dell’opinione pubblica e viene iniziata una vasta
operazione di espansione nel settore della stampa quotidiana;
b) Licio Gelli procede ad una selezionata acquisizione di uomini collocati in ruoli centrali e
determinanti della pubblica amministrazione, dei vertici militari nella loro massima
espressione, della dirigenza più qualificata del mondo bancario e finanziario.
Non sembra, a questo punto del discorso, un voler forzare l’interpretazione il riconoscere che i
fenomeni descritti sono legati da un rapporto di causa ed effetto, e che i dati che abbiamo allineato
all’attenzione dell’osservatore si pongono con un rilievo tale, sia per il numero e il peso delle
persone coinvolte, sia per la quantità di mezzi impiegati, da non consentire di confinare
operazioni di così vasto raggio nell’ambito indefinito della casualità e della coincidenza.
Se vogliamo collegare questi dati al complesso delle considerazioni svolte nel corso di tutto il
lavoro, passando da un apprezzamento puramente esterno degli accadimenti ad una lettura che
entri nel merito dei contenuti, siamo allora in grado di affermare che fatti ed avvenimenti
sembrano invece legarsi tra loro secondo una logica ben precisa.
Posti di fronte alla nuova situazione che si era venuta ad instaurare, Licio Gelli e gli uomini che
nella sua loggia e tramite essa si esprimevano – il gruppo che si riconosceva nel piano di rinascita
democratica dove si stigmatizzava nel partito comunista la sua capacità di mimetizzazione
pseudo-liberale in seno alla nuova società italiana composta di ceti medi – dovette realisticamente
prendere atto della situazione ed approntare le opportune misure di intervento. Nasce così
l’operazione di
concentrazione di testate che opera programmaticamente nel senso di allineare, Corriere della Sera
in testa, un blocco di quotidiani nel quale si riconoscesse la maggioranza di quei ceti medi
rivelatisi capaci di così imprevisti scarti elettorali. Ed è in parallelo a questa operazione che si
svolge quella di affiliazione, selettivamente mirata, di tutta una serie di personaggi senza i quali e
contro i quali è difficile governare, in ragione del personale peso specifico e della collocazione
strategica degli incarichi loro affidati.
Il controllo di queste situazioni-chiave costituisce il rovescio della medaglia, imprescindibile per la
comprensione del vero significato del prudente appoggio alla politica di graduale inserimento del
partito comunista nell’area di governo, consentito a livello di immagine, ma che gli uomini della
Loggia P2 non potevano accettare senza precostituire, nella sostanza, una sorta di meccanismo di
garanzia. Il senso reale dell’operazione Corriere della Sera ci appare così come quello di un accorto
adeguamento tattico che mimetizza una situazione reale di contenuto affatto diverso, ovvero
l’autentico volto della Loggia P2 nella sua seconda fase: un organismo di garanzia e di controllo,
articolato a più livelli di efficacia e di incisività rispetto ai processi decisionali che accompagnano
l’attività politica.
Quale concreta percezione nelle forze politiche si sia avuta della esistenza di questi fenomeni così
collegati – nella loro consistenza e nel loro intrinseco e reciproco significato politico – come essi
abbiano interagito con i concreti processi decisionali, quali ulteriori connivenze ad ogni livello ed
in ogni settore abbiano registrato per esplicare la loro funzione, questi sono argomenti per i quali
non si dispone di elementi sufficienti al fine di più mature conclusioni. Il contributo che si può
portare al dibattito delle forze politiche è l’affermazione non controvertibile dell’esistenza di
questa struttura legata, in modo funzionale, ad una situazione politica determinata e la verifica
che non costituì ostacolo al suo approntamento, né fu presidio sufficiente contro il pericolo che
essa rappresentava, la realizzazione dell’accordo di più ampia portata tra le forze democratiche.
Quanto sinora detto costituisce una risposta implicita, ma non equivocabile, al primo dei quesiti
dai quali abbiamo preso le mosse, poiché non sembra possa essere ulteriormente messa in
discussione la valenza politica della Loggia P2. Abbiamo infatti dimostrato in altro luogo che la
storia della loggia può essere ricostruita individuando in essa una coerente logica interna; ora,
sulla base delle ultime notazioni, siamo in grado di affermare che questa logica interna
corrisponde a sua volta, correndo in parallelo, ad eventi esterni alla loggia: nella specie, gli eventi
politici; non ne rimane che concludere che la Loggia P2 è associazione politica nella sua stessa
ragione di essere.
Volendo quindi dare risposta al secondo quesito, che nasce di conseguenza, sugli obiettivi politici
dell’organizzazione, non è difficile, tirando le fila dei discorso, definire adesso la Loggia P2 come
una associazione che non si pone il fine politico di pervenire al governo del sistema, bensì quello
di esercitarne il controllo. La ragione politica ed il movente ispiratore della Loggia P2 vanno
individuati, alla stregua di questo criterio, non nella conquista politicamente motivata delle sedi
istituzionali dalle quali si esercita il governo della vita nazionale, ma nel controllo anonimo e
surrettizio di tali sedi, attraverso l’inserimento in alcuni dei processi fondamentali dai quali
l’azione dì governo nasce ed attraverso i quali concretamente si dispiega.
Sotto il segno unificante di questo dato interpretativo comprendiamo come Licio Gelli possa
ispirare, con pari lucidità e con identica fermezza, sia le forme di eversione violenta ed esterna al
sistema – proprie della prima fase – sia la più sottile, ma non meno pericolosa, eversione all’ordine
democratico che la Loggia P2 rappresenta nel suo secondo stadio di attuazione.
Le due fasi
identificate altro infatti non rappresentano se non le diverse tattiche attraverso le quali attuare una
medesima strategia di controllo del sistema, aggredito dall’esterno prima, occupato dall’interno
dopo: la prima come la seconda consumando diverse ma non meno perniciose forme di violenza
nei confronti delle istituzioni. Un ordine di concetti, questo, che è stato dal Commissario Covatta
incisivamente riassunto con il definire la Loggia P2 un complotto permanente – tale infatti esso è,
poiché rappresenta un modo sommerso di fare politica – che si sviluppa e si plasma in funzione
dell’evoluzione della situazione politica ufficiale.
Alla luce di queste affermazioni appare allora spiegata l’ambivalenza del dato relativo al Corriere
della Sera.
Quale che fosse infatti la linea politica ufficiale mantenuta dal giornale, l’ingerenza della Loggia P2
si manifestava in un sottile tentativo di riallineamento dell’opinione pubblica, che riporta alla
mente le tecniche note della persuasione occulta. Valga d’esempio la serie di articoli inquadrati
nell’occhiello «Le cose che non vanno» pubblicati non firmati nel periodo precedente la
consultazione elettorale del 1979. Scorrendone i titoli sembra di leggere altrettanti capoversi del
piano di rinascita democratica (cfr: «La giustizia umiliata», «Due decreti non cancellano le colpe dello Stato», «La scuola rotta», «Bisogno di
pulizia», «Le piaghe della sanità», «La polizia liquefatta»), dal quale mutuano l’allarmismo pessimista proprio di tanti
documenti della loggia, così lontano dalla critica costruttiva che al sistema rivolge chi in esso
tuttavia si riconosce.
Il discorso svolto sul Corriere della Sera ci riporta, con evidente analogia all’analisi precedentemente
condotta, sull’informativa COMINFORM, per rilevare come in entrambi i casi abbiamo dovuto
esercitare uno sforzo interpretativo che andasse al di là delle conclusioni di primo approccio che i
dati sembrano offrire. Questo ci sembra uno dei connotati essenziali dell’intera vicenda della Loggia P2, storia quant’altra mai ricca di ambivalenze e di dati di duplice significato; una storia
nella quale apparenza e sostanza dei fenomeni si svelano legate da uno scambievole rapporto
di funzionale interdipendenza, una storia nella quale, come ha efficacemente sottolineato il
Commissario Mora, assieme ad elementi che avvalorano una tesi, emergono quasi sempre
circostanze in grado di giustificare l’antitesi. Il rinvio continuo tra quello che i dati ci sembrano
dire a prima vista e quello che in realtà in essi si cela, nasconde la prima ragione delle fortune
di questo fenomeno, altrimenti non spiegabile e cela l’insidia principale di un meccanismo che,
con sapiente regia, gioca sull’ambiguità, offrendo chiavi di lettura sulle quali innestare, con
scontata previsione, inevitabili polemiche il cui unico esito è quello di perdere il significato
profondo degli eventi.
Lo sforzo dell’interprete è quindi di non cedere alla tentazione di affrettate conclusioni: noi
sappiamo infatti come interpretare questa ambiguità, perché sappiamo che essa rimonta alle
scaturigini stesse del personaggio Gelli, a quel suo rapporto con i Servizi segreti che nasce
all’inizio degli anni Cinquanta e si perpetua lungo l’arco di sei lustri, secondo una logica di
continua ma smentita compromissione reciproca.