di Angelo Sica
[da Liberazione]
Sono trascorsi cinquant’anni da quando Moravia e Alberto Carocci presentavano il primo numero di «Nuovi Argomenti» del marzo-aprile 1953. Di questo lungo arco temporale molti ricordano soprattutto la celebre intervista a Palmiro Togliatti sul XX congresso del Pcus e sulla destalinizzazione, dove si delineavano già i motivi portanti della “via italiana al socialismo”. Altri si sono appassionati alle inchieste. Indimenticabile quella di Franco Cagnetta nel 1954 su Orgosolo; quando l’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba denunciò all’autorità giudiziaria l’autore e i direttori per “reato di vilipendio delle forze armate” e “pubblicazione di notizie atte a turbare l’ordine pubblico”, ottenendo il sequestro della rivista.
Per non parlare dell'”Inchiesta alla Fiat” di Giovanni Carocci nel 1958, primo sguardo intellettuale sul mondo operaio. Altri lettori ancora richiamano alla memoria la pubblicazione in pieno ’68 della poesia “Il Pci ai giovani! “, il monito di Pasolini rivolto agli studenti di non rompere i rapporti con la tradizione marxista e i partiti che la rappresentavano.
Letteratura, teatro, poesia, cinema, filosofia, critica, ma anche politica, impegno, rifiuto dei conformismi e dei falsi ideologismi – tutti questi temi s’intrecciano nella storia della rivista, come raggi di una stessa luce che si rifrangono attraverso un prisma. Il prisma, cioè l’anima, lo sviscerano subito Moravia e Carocci nel numero d’esordio: «Non sarà una rivista politica. Essa vorrà essere una rivista di letteratura e cultura, anche se non distaccata dalla vita e in particolare dalla vita politica, anzi echeggiante tutti i motivi per i quali gli uomini, nella vita di ogni giorno, lottano e soffrono». E oggi, pur con la crescente propensione verso la letteratura, il filo rosso rimane saldo nelle parole del direttore Enzo Siciliano: «”Nuovi Argomenti” esprime l’unico settarismo possibile perché in esso ha sempre scandito il solo rapporto determinante, nella libertà di sapere e di dire, fra storia e vita, fra cose e poesia».
Le cinque serie della rivista sono esposte e disponibili per la consultazione in una mostra celebrativa alla Casa delle Letterature di Roma fino al 24 ottobre: un buon motivo per andare a riscoprire una bella fetta della nostra cultura. La prima serie prosegue per 71 numeri sino al 1964, Calvino vi pubblica La nuvola di smog e Diario americano 1960, Pasolini Le ceneri di Gramsci e Poesia in forma di rosa, Moravia alcuni capitoli inediti de La ciociara. Quest’ultimo, direttore storico della rivista, adopera spesso lo strumento del questionario – domande rivolte agli intellettuali sul romanzo (1959), sull’erotismo in letteratura (1961), su neocapitalismo e letteratura (1968), sull’estremismo (1973) -, una pratica ripresa più volte fino al recente “Come lavoro” (2002) sul precariato intellettuale con interventi di oltre trentacinque giovani scrittori italiani.
Proprio dalla risposta di Togliatti al questionario “9 domande sullo stalinismo” (1956), deriva la tradizione di incontrare i segretari del maggior partito della sinistra italiana: nel 1982 Enrico Berlinguer risponde a otto domande di Moravia, nel 1990 tocca ad Occhetto, nel 1995 Massimo D’Alema viene intervistato da Siciliano, nel 1999 un gruppo di redattori incontrano Walter Veltroni a Botteghe Oscure, nel 2002 – infine – è la volta di Fassino.
Nel gennaio del 1966 esce con l’editore Garzanti il primo numero della seconda serie. Moravia intitola l’editoriale nel numero d’apertura del Sessantotto “Napalm Ltd”: il napalm viene considerato come uno dei tanti oggetti di produzione e consumo. L’unica differenza consiste nel fatto che i consumatori predestinati, artefici dell’arricchimento delle aziende di produzione, sono i vietcong. In realtà, il paradosso racchiude una critica al consumismo «così che non sia più possibile che il vietnamita rivoltato muoia nella giungla per troppo consumo di napalm; e l’americano di tipo medio, la domenica sera o il lunedì mattina, per troppo consumo di tutto». Nel 1973 compare tra le pagine della rivista il poeta marocchino Tahar Ben Jelloun, allora sconosciuto. Dall’inizio della seconda serie, segretario di redazione è Siciliano che, in seguito alla scomparsa di Carocci, affianca nel 1972 Moravia e Pasolini alla direzione. Ma il vero protagonista è Pasolini, che nel numero dieci dell’aprile-maggio ’68 accantona le discussioni di linguistica, cinema e poesia e dà sfogo al suo impeto con ben sei brani – “Il Pci ai giovani! “, “Risposta a Siciliano”, “Anche Marcuse adulatore”, “Aneddotica dell’integrazione a sinistra”, “Ah, Italia disunita! “, “Hanno sparato a Bob Kennedy”. Dalla sua morte, nel 1975, quasi non passerà anno senza uno scritto a lui dedicato.
Inutile dire che le ultime tre serie recano l’impronta inequivocabile di Enzo Siciliano. «Scrivere di politica: portare o costringere gli scrittori a occuparsi di quei fatti che assediano da vicino l’esistenza quotidiana, e che ci appaiono indecifrabili, lugubremente enigmatici», ecco l’intento programmatico nell’editoriale “La letteratura delle cose” (gennaio-marzo 1982) con cui Siciliano inaugura la terza serie. Il suo “Diario” appare nel 1991, da lì diventa un appuntamento immancabile per i lettori, spazio del sentire dove cercare cronache di fatti pubblici ed impressioni private, traduzioni dai lirici greci e pubblici sdegni. Per volontà di Leonardo Sciascia, invece, a partire dal 1982 vengono ospitati i racconti fotografici. I fotografi Pedriali, Koch, Arnold, Trivier, Delogu, Papen, Volpe, De Meis, Pompili, Dondero e altri conducono nei loro reportage attraverso un’Italia poco esplorata, fatta di volti e maschere, di spazi fisici e luoghi dell’anima. Impossibile ricordarli tutti, ma facciamo un’eccezione con “Cinquanta, l’amore” (luglio-settembre 1989), dove il testo di Claudio Camarca e le immagini di Cristiano Laruffa raccontano le notti di prostitute e travestiti mentre stanno appoggiati sul cofano di una golf a mostrare il culo. Accanto ai fotografi i giovani narratori non mancano mai: ad esempio, Pier Vittorio Tondelli con Pier a gennaio (1986) e Letture berlinesi (1990), il romanzo di Andrea Carraio Il branco (1993), o l’esordio di Niccolò Ammaniti (1994).
Dal 1998 inizia l’ultima serie di “Nuovi Argomenti”. E’ storia recente. Arnaldo Colasanti diventa direttore con Furio Colombo, Dacia Maraini, Raffaele La Capria ed Enzo Siciliano (direttore responsabile). La rivista sceglie un titolo per ogni fascicolo, abbiamo così il confronto dichiarato con alcuni temi d’attualità, tra cui il numero doppio “Terrore e terrorismo”, “I partiti non s’inventano”, “Sette domande sulla guerra”, “Come lavoro”, “Cinque esordi”. Quest’ultimo riflette ad un anno di distanza sull’attentato alle Twin Towers con la sezione “Settembre americano” e gli articoli di David Foster Wallace, John Edgar Wideman, Charles Bernstein, Laurie Anderson. Infine, l’avventura di “Nuovi Argomenti” giunge fino al presente, nel 2003 i quattro numeri trimestrali portano lo stesso titolo “Abbiamo cinquantanni” e sono divisi in un Prologo e tre Atti. Perdonabile atto di narcisismo di chi vuole festeggiare cinquanta candeline. A proposito, auguri.