di Nico Maccentelli

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La lettera del Berlusca.
Preoccupato per lo sciopero generale del 24 ottobre, scosso dal plebiscito su Domenica In che lo dà al primo posto tra le cose che di cui la gente dice BASTA, provato dalla litigiosità della sua coalizione, colpito dal black out che ha visto il suo eloquente silenzio, visto vacillare il castello di merda che costituisce l’operazione Telekom Serbia, il nostro Caro Amato Presidente del Consiglio e Conducator del primo paese a socialismo reale capitalistico (televisioni bulgare, giornali bulgari, collier Bulgari…) Cavaliere Silvio Berlusconi, vuole spiegare agli italiani che tutto va bene, nonostante il caro prezzi, la disoccupazione e la precarietà sociale dilagante. Vuole farci ragionare sul fatto che il futuro dei nostri figli è senza garanzie, che saranno senza pensione o pensione da fame e via dicendo… per il bene del paese.


Per questo ci sta preparando una bella letterina (non di quelle che si scosciano su canale 5, ma il rincoglionimento è il denominatore comune di entrambe) e uscirà in televisione a reti unificate e dolby system (TUTTO A SPESE NOSTRE), per arginare il calo di consenso. Che fare?
Se un lettore de l’Unità propone per la lettera un tassello da incollare e rimandare al mittente, io propongo da questo blog un tassello da inserire nella lettera con tre sole parole: VAI A CAGARE!
Certo questa azione è meno cortese e costa leggermente di più (occorre ricevere e rispedire), ma credo che questa risposta sia più in sintonia con gli umori nel paese. Inoltre si sa, in quel posto si ha modo di pensare meglio, magari viene in mente di fare qualche sforzo nella giusta direzione e… chissà che il Cavaliere non decida di dimettersi?
Chi fa il tassello?

Il mondo rovesciato
Siamo intervenuti altre volte sull’argomento, ma non ci stancheremo mai di farlo. Il governo israeliano ha compiuto l’ennesima rappresaglia contro l’ennesimo attentato kamikaze (quello al ristorante Maxim ad Haifa). Solo che stavolta la sua aviazione ha attaccato un paese confinante, la Siria, facendo fare un salto di qualità al conflitto arabo-israeliano in atto e creando un precedente gravissimo. Il rischio è che si inneschi un’escalation di vaste proporzioni. Tutti gli osservatori concordano su questa eventualità. Così come fanno notare che Israele non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto senza il beneplacito di Washington.
Al di là delle valutazioni politiche sugli sviluppi di questa crisi, è sconcertante vedere come la disinformazione e il tam tam propagandistico dei media occidentali abbia ancora una volta stravolto i termini della questione.
Vediamo come.
A. C’è un paese, gli USA, la più grande potenza economica e militare mondiale, che dall’11 settembre in poi ha imposto alla comunità internazionale la sua dottrina di guerra preventiva al terrorismo, esautorando definitivamente l’ONU come ambito di risoluzione delle controversie tra nazioni. Il terrorismo di Al Quaeda (ricordiamo che Bin Laden era nel libro paga della CIA e la stessa famiglia Bush ha sempre avuto rapporti d’affari molto stretti con la famiglia del terrorista più ricercato del globo…) viene sbandierato per ridisegnare gli equilibri geopolitici del pianeta. Quindi si servono del terrorismo per i loro scopi.
B. La guerra preventiva si basa su un supporto mediatico di immani proporzioni, studiato scientificamente a tavolino per creare consenso su ogni operazione, creando spesso eventi che non esistono (vedi le armi di distruzione di massa in Iraq e la falsa liberazione della soldatessa USA). Un sistema concentrato in una rete di network controllati dagli stessi settori della destra reazionaria che è al governo negli USA. Sottolineiamo anche il caso italiano con il monopolio di Berlusconi e l’ingresso di Murdock con Sky TV. Questo potere disinformante e distorcente fa da “artiglieria mediatica”, concentrandosi di volta in volta contro il nemico di turno. Viene da chiedersi quante settimane ci vorrebbero per far passare per bandito anche il papa.
C. C’è un governo israeliano, che agisce quasi sempre di concerto con l’amministrazione USA: e ogni mossa che fa, va nella direzione dell’escalation, usando un elemento culturale forte dell’ebraismo integralista: la legge del taglione.

Questi sono i fatti. Che portano a pensare all’esistenza di un piano di riassetto internazionale degli equilibri e dei rapporti tra aree, blocchi socio-economici, paesi, culture, attraverso la guerra, l’aggressione armata, con la copertura del più grande fenomeno mediatico di disinformazione, lavaggio dei cervelli, copertura delle menzogne che la storia abbia mai conosciuto.
Un piano dunque che passa attraverso la mistificazione e il ribaltamento dei termini della questione. Chi è terrorista? Il terrorismo kamikaze di Hamas è terrorismo, certo. Ma quello dell’esercito israeliano che bombarda i civili e spara sui bambini che cos’è? Che cos’è quello dei bombardamenti sulle città, dei proiettili all’uranio impoverito che contaminano per secoli interi paesi? Un bambino palestinese o iracheno è diverso da uno israeliano? La sua vita pesa forse di meno?
Gli Usa e Israele hanno una deroga morale sulle loro azioni di guerra? Hanno il diritto di non riconoscere le delibere dell’Onu, di scavalcarlo, di fare quello che gli pare, tanto i terroristi sono gli altri?
È una domanda lecita, che affiora come un fiore da un letamaio di merda: tutta quella che ci spalmano addosso nei notiziari di guerra.
Quello dei Bush e dei Blair, dei Berlusconi e del TG1e2 eccetera, è il mondo ribaltato, che vede il terrorismo solo da una parte e non dall’altra. Che giustifica l’assassinio come metodo di relazione politica, l’eccidio degli inermi come danno collaterale, la devastazione d’un paese e la rapina delle sue risorse come liberazione d’un popolo.
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In una cartolina pacifista ho letto mesi fa una frase molto bella: bombardare per la pace è come scopare per la verginità. Seguendo il loro simpatico criterio, un augurio che si può fare di cuore a questi signori che hanno la “bellica virilità” nel loro imprinting culturale, è quello di andare a prenderselo.
Accontentiamoli mantenendo forte la critica e la mobilitazione a quella che in realtà non è la guerra del “mondo civile”, ma la loro.