di Nico Maccentelli
Ponza e Ventotene sono delle splendide località di mare. Infatti, per il nostro Presidente del Consiglio, il confino degli antifascisti è stata una vacanza, un lieto soggiorno, magari del tutto simile agli odierni villaggi turistici. Probabilmente anche Carbonia deve avere arriso a molti omosessuali. I fascisti organizzavano veri gruppi vacanze per tutti. In buona sostanza, fino all’immancabile smentita, per Berlusconi, nell’intervista pubblicata dal settimanale conservatore britannico The Spectator, Saddam era peggio di Mussolini, il quale per la cronaca (e la storia) “non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino”. Se Berlusconi fosse Sabina Guzzanti o Beppe Grillo, non ci sarebbe nulla da ridire. E allora si potrebbe proseguire con esilaranti affermazioni, chessò… Matteotti, Gramsci non furono vittime del fascismo, e i tanti antifascisti assassinati dallo squadrismo delle camice nere prima dell’avvento del fascismo al potere e dopo, per oltre un ventennio, sono una pura invenzione della propaganda comunista.
Per non parlare dei massacri in Libia e in Etiopia che il fascismo ha compiuto usando anche gas sulla popolazione… e quando mai? Per finire agli eccidi nazisti di cui i repubblichini si sono resi complici e protagonisti dopo l’8 settembre… ma state ancora ad ascoltare Salinari e Spriano? Suvvia!
E poi ancora: Nolte e la cordata di revisionisti e negazionisti hanno ragione! La Shoa non c’è mai stata, anzi, di più: ebrei, zingari, comunisti, antifascisti, omosessuali avevano vinto viaggi premio in amene località della Germania, della Polonia e dell’est europeo: luoghi dal nome ridente di Auschwitz, Dachau, Treblinka, Mathausen, ideali per soggiorni ospitali a cinque stelle, di David naturalmente, o a triangoli rosa e via dicendo.
Ma dietro lo spirito del nostro prolisso premier, dietro il sapiente balletto di cazzate e smentite delle medesime, c’è il sarcasmo e il disprezzo verso milioni di coscienze di altrettante persone, cittadini italiani, che vedono tutt’oggi la Resistenza al nazifascismo come il valore costitutivo della nostra democrazia (che già fa acqua da tutte le parti e da ben molto prima dell’avvento del nano pelato).
C’è il disegno lucido di chi non è certo alieno a quel piano di “rinascita democratica” piduista, che tutti sembrano aver dimenticato.
È il calcolo, il tempismo della risposta puntuale, di piccone, alle scadenze “scomode”, come l’8 settembre (e chi l’avrebbe mai detto che l’8 settembre sarebbe diventato scomodo?). Le levate di scudi delle alte cariche dello stato, attuali ed ex, saranno pure trombonate che vanno a movimentare per l’occasione le annuali liturgie asfittiche. Ma ormai del pericolo di una svolta autoritaria all’insegna dell’indifferenza del popolo bue e consumatore, e dell’entusiamo forzaitaliota e figaiolo che celebra le veline scosciate, se ne sono accorti anche centrosinistri o sinistrocentristi. Ora però i Fassodi, i Rutema, i D’Abindi, i Di Pierutelli chiudano l’acqua calda e facciano qualcosa di serio. Anche se non ci crede nessuno. Perché sull’Aventino ci sono già da un pezzo, dopo aver dato una mano a tutto questo. L’operazione di polizia internazionale “umanitaria” sotto il governo D’Alema cos’è stato se non un passo in avanti verso quella che ora è la dottrina Rumsfield, della guerra preventiva? Non hanno mai contrastato per un solo nanosecondo la politica di espansionismo militare delle amministrazioni USA, a partire da quella clintoniana. Anzi, hanno dato basi, mezzi e uomini per l’aggressione nei Balcani.
Chi ha iniziato a costruire i centri di detenzione per immigrati? E non ha avuto forse il suo via a Napoli, sotto l’ultimo governo del centrosinistra la provocazione poliziesca contro il movimento no-global? Per non parlare della politica economica, della frattura che si è consumata persino con la CGIL. Mi fermo qua perché ce ne sarebbe ancora da scrivere….
E allora penso che debba essere chiara una cosa se si vuole veramente ricostruire il tessuto connettivo di un’autentica alternativa a questo processo involutivo e reazionario che sta devastando il paese. Ciò che questi signori “antifascisti” vogliono costruire in Europa e in Italia è giusto e solo un “sano” sistema liberale, con la sua brava politica di potenza e il primato dell’economia privata sui bisogni collettivi e l’interesse della comunità. Semmai con qualche concessione ad uno sbiadito passato socialista. Per fare questo non c’è posto per i delinquenti dichiarati, che si fanno le leggi su misura e che si alleano pericolosamente con il nemico number one del capitalismo di matrice europea: la destra ultrareazionaria statunitense oggi al potere. Non c’è posto per gli imbecilli che sbagliano i conti, che litigano sulle pensioni e sulla finanziaria, che preparano autogoal con politiche doganali demenziali, che privilegiano il salotto buono dei paesoni del Nord Italia a un bel serbatoio di manodopera a basso costo via nave o via TIR.
Ecco dove sta la differenza, quando si parla di Resistenza nelle tribune e quando la si pratica nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze. Sembra un dettaglio. È un abisso.
La Resistenza di cui tanto parlano le personalità dello stato, i sinistrocentri e i centrosinistri, è una Resistenza che guarda al passato, un mero mezzo strumentale che copre altre logiche. Se andassimo a grattare sotto la vernice della loro Resistenza, ci renderemmo conto che l’ultima associazione di idee che potrebbe venire loro in mente è quella tra autoritarismo in atto e liberismo. Per forza: sono liberisti!
La loro Resistenza è un’ennesima liturgia che fa da controcanto alle giullarate del boss di Arcore e provincia (che per lui è l’Italia), in un unico grande psicodramma, dove gli attori in campo sembrano maschere della commedia dell’arte, in una farsa che diventa tragedia. Peccato però che qui non siamo a teatro. Peccato che qui il teatro è il mondo. E c’è un mondo che va da Calcutta a Stoccolma, dalla Corea al Brasile, da Firenze al Chiapas, al quale sta sempre più stretto il WTO, il dominio delle élites occidentali ed orientali. Un mondo che s’è rotto le palle delle cerimonie altrui e che preferisce andare a dire la sua dove i grandi si riuniscono per decidere le loro politiche.
Grazie per il “rigurgito antifascista”, Fassodi, Rutema, D’Abindi e Di Pierutelli, ma la vostra Resistenza non è la nostra. La nostra ha più di sessant’anni, ma è ancora agli inizi.