di Marco Scavino
Lo scrittore belga Veneigem è considerato, con il francese Guy Debord, l’esponente più significativo di quella teoria critica radicale della società nota come situazionismo (dal nome della Internazionale Situazionista, il collettivo intellettuale attivo dal 1958 al 1972 le cui tesi influenzarono i movimenti giovanili di protesta in Europa). Questo veloce pamphlet, scritto per aforismi, con il consueto linguaggio situazionista lapidario e suggestivo, contiene un’analisi per certi versi sorprendente. Non si limita infatti a ribadire la contrapposizione radicale tra l’insopprimibile “desiderio di vivere” degli individui e le regole della società mercantile, ma traccia il quadro di una evoluzione che starebbe modificando alla radice le relazioni sociali, ponendo le basi per una nuova, imminente (o addirittura già in atto) rivoluzione planetaria. Le più recenti trasformazioni del capitalismo avrebbero creato una immensa “economia parassitaria”, nella quale la ricchezza non nasce più dalla produzione ma dal denaro in quanto tale, e nella quale il nesso tra valore d’uso e valore di scambio delle merci sarebbe prossimo a saltare, poiché “il valore d’uso tende a zero e il valore di scambio verso l’assoluto”.
Tutto ciò preluderebbe addirittura alla fine della società produttrice di merci (cioè dei beni e dei servizi in forma di merce) e costituirebbe la base per il passaggio a una nuova società, in grado di recuperare la dimensione perduta del valore d’uso e di ricostruire quanto secoli di alienazione hanno distrutto, a partire dalla terra stessa, dalle produzioni agricole semplici, dal rapporto con la natura. Ed è in questo ambito (definito da Vaneigem, per la verità un po’ confusamente, come “neocapitalismo”) che gli individui avrebbero la possibilità di ristabilire regole naturali di desiderio e di vita, per secoli rimosse dalla cultura delle società (e i cui soggetti principali sarebbero le donne, le uniche ad aver messo al centro della propria liberazione il tema del corpo e del piacere). È evidente, in queste argomentazioni, un intreccio di influenze culturali che rimanda per un verso alla riflessione sul postmoderno e alle tesi di Baudrillard sul rapporto tra corpo e merce, e per un altro al marxismo, quanto meno a quel marxismo critico che alcuni decenni or sono aveva prodotto opere come Il capitale totale di Jacques Camatte (pubblicato in Italia da Dedalo nel 1976). Il tutto inserito in una visione, insospettabilmente ottimista, per cui le prossime generazioni sarebbero destinate a realizzare una rivoluzione mondiale che restituirà a ogni uomo (e donna) la proprietà integrale del proprio essere (l’ultima parte del volume si intitola Bambini che dissiperete l’incubo del vecchio mondo). Negli ultimi anni i libri di Veneigem erano pubblicati in Italia solo dall’editrice underground torinese Nautilus. Ora invece scende in campo una grande casa più inserita nel mercato, ed è probabile che ciò consenta una circolazione più ampia delle sue tesi. Bisognerà avvertirne alcuni intellettuali e politici nostrani, sempre preoccupati da quanto si agita nel mondo degli squatters: potrebbero documentarsi un po’ e aver modo di capire qualcosa della controcultura di certi ambienti (senza per questo, probabilmente, trarne alcun conforto). [da L’Indice dei Libri, n° 2/2000]
Raoul Vaneigem – Noi che desideriamo senza fine – Bollati Boringhieri – 12.39 euro