Sandro? Boh! Cosa è successo a Sandro Bondi? Non dico solo dal punto di vista fisico: direste mai che l’uomo ritratto qui a fianco ha 44 anni? Ma cosa gli è capitato? Era in vacanza a Chernobyl con vista sulla Centrale? Si trucca perché, per inesplicabili motivi, vuole farsi passare per Adriano Galliani? E’ un eunuco? Mah. A parte il fisico, è il comportamento a preoccuparci, però. Gli eventi di cui è stato protagonista quest’estate inducono a pensare che il mansueto portavoce di Forza Italia sia divenuto ex tale. Ha contratto un virus? La moglie l’ha lasciato? Ha inalato sostanze tossiche? Si è emancipato dalla mamma edipica e ha perso la verginità? Ha bevuto una Red Bull durante un rave e ha perso l’inibizione? Sandro Bondi non è nuovo a imprese metamorfiche di profonda revisione della sua personalità. Costantemente afflitto da un amimismo facciale inquietante, che ricorda la paresi espressiva dei bambini colpiti dall’invecchiamento precoce, Bondi è noto per essere stato sindaco comunista di Fivizzano e per essersi trasmutato nell’ultimo prediletto killer di Berlusconi. Con l’aria mite e la vocina da coro bianco, ha definito la magistratura milanese “un manipolo di eversori”, invocando una Commissione d’inchiesta contro l’operato del Palazzo di giustizia meneghino; ha martoriato la sacca testicolare di Romano Prodi in merito all’invenzione Telekom Serbia; ha attaccato la Resistenza, secondo lui autentica colpevole dell’eccidio di Marzabotto; ha fatto fuori Scajola all’interno del partito. Portare la voce di Berlusconi nel mondo non è un lavoro facile: si rischia volontariamente la comicità involontaria, si pensa di fare il James Bond e si diventa James Tont. O James Bondi. Godetevi la sua Final Anthology: è meglio dei consigli di Frate Indovino.
CHI E’ SANDRO BONDI (da La Riflessione)
Da circa un anno vediamo comparire in video molto spesso, praticamente ogni giorno, un pacato personaggio. Rassicurante, aria filosofica, modesto. Sandro Bondi è il suo nome. La sua storia viene da lontano e ci porterà lontano. Bondi ha 44 anni [nota di Carmilla: non ci crediamo nemmeno se vediamo la carta d’identità di Bondi], una laurea in filosofia, insomma un uomo di cultura. Nel 1990 fu sindaco del PCI a Fivizzano. Poi i socialisti rovesciarono il governo cittadino e Bondi rimase senza lavoro. Infatti, il PCI, gli offrì la possibilità di vendere polizze a vita della UNIPOL nella metropoli di Aulla. Ma per gli amanti del destino, e di Bondi, proprio a Fivizzano, nella zona di La Spezia, aveva preso dimora lo scultore Pietro Cascella che scelse per propria dimora il castello della Verrucosa. Cascella piaceva molto al PCI, tanto che nel periodo in cui l’Unione Europea era rossa, ebbe l’onore di edificare gigantesche sfere e mezze sfere inneggianti alla resistenza, all’amicizia, all’uomo, per poi esaltarsi nella costruzione di una volta celeste di un Mausoleo commissariatogli da un ricco industriale brianzolo, certo Silvio Berlusconi, per la sua villa in Arcore. Bondi, da subito affascinato dalla figura e dalla persona di Berlinguer, era un tipo dal giusto fiuto, divenne subito un estimatore di Cascella. Questi lo portò ad Arcore, dove il Signore della Villa decise subito di assumerlo come suo segretario particolare. Bondi si stabil’ ad Arcore e fu consigliere sicuramente più discreto rispetto ad uno stalliere che lo precedette da quelle parti. Lavorava sodo, molto bene. Dopo anni di apprendistato, venne eletto alla Camera, e da circa un anno, gode di almeno una apparizione televisiva giornaliera definendo Belusconi santo, la resistenza un grosso sbaglio, il libero mercato il massimo possibile, la sinistra un disastro. Sandro Bondi, un miracolo firmato Berlusconi.
SENTENZA PREVITI: PRIMA E DOPO LA CURA
Prima: «Qualunque sarà l’esito di questa decisione, qualunque sarà la scelta dei giudici, non succederà nulla. Noi la rispetteremo, come tutte le sentenze dei massimi magistrati di Cassazione». (Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, Telenova, 27 gennaio 2003)
Dopo: «Ciò deve indurre il Parlamento a varare le riforme che vadano a sanzionare quella parte di magistratura che si comporta come una fazione politica». (Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, TgCom, 29 gennaio 2003)
INCONFONDIBILE TONO ELEGANTE (da un giornale bergamasco)
Il primo cittadino di Magenta, Luca Del Gobbo, ha incassato la benedizione dell’onorevole Sandro Bondi, portavoce nazionale e tra i più importanti dirigenti di Forza Italia, che con il suo inconfondibile tono elegante e pacato ha affermato: «Porgo i miei auguri al sindaco di Magenta che sta riscuotendo tanto successo. E’ un modello positivo da seguire nel partito. La vera forza di una formazione politica è la capacità di instaurare un rapporto diretto con i cittadini e il territorio».
RESISTERE RESISTERE RESISTERE. ALLA RESISTENZA
Prima: “Contrariamente al ribaltamento della verità fatto dalla sinistra, la giustizia proposta dal Polo è una giustizia degna dell’insegnamento di un Piero Calamandrei, non quella prefigurata dai vari Caselli, Bruti Liberati e Di Pietro.”
Dopo: “Giù le mani da Marzabotto, neanche lì i comunisti hanno le carte in regola”. Brucia, nel paese martire, la polemica innescata dal portavoce di Forza Italia Sandro Bondi, per il quale fu la condotta dei partigiani a scatenare la reazione dei nazisti, che alla fine del ’44 sterminarono centinaia di civili innocenti, donne e bambini, nelle valli tra il Reno e il Setta. (La Repubblica)
ANTIECOLOGICO
Umberto Eco su El Mundo: «Ogni italiano cerca sempre di fare nel suo ambito tutto il possibile per fare sì che l’Italia abbia una buona immagine estera, perché allora il primo ministro rema in direzione contraria?».
Sandro Bondi su Eco: «Che pena vedere Umberto Eco sfogare la sua acredine verso il capo del governo italiano dalle colonne di un giornale straniero. Peccato perché il suo astio incontenibile è pari soltanto alla sua insipienza politica e intellettuale. Una insipienza tanto clamorosa che lo fa cadere nel ridicolo quando non teme di affermare che il presidente del Consiglio remerebbe contro l’Italia quando tutti ormai riconoscono, perfino l’opposizione, che il nostro governo sta finalmente ottenendo sulla scena internazionale un prestigio e una autorevolezza fino a poco tempo fa impensabili».
SCURDAMMUCE ‘O PASSATO
Il capo è uno stakanovista, i suoi uomini devono fare gli straordinari. Così Sandro Bondi canta, come gli uccellini a primavera. Qualcosa si è smosso dentro al cuore dell’ex giovane sindaco comunista di Fivizzano. Forse quello di Bondi è l’ennesimo atto di sudditanza. O forse è la paura di non fare carriera. Tra gli applausi dei forzisti di Udine, il suo sire infatti è stato perentorio: «Non si può consentire a chi è stato comunista di andare al governo». Povero Bondi, che il Pci lo ha bazzicato e che ora è costretto a rinnegare giorno dopo giorno i vecchi tempi. Sentitelo: «Io mi vergogno di essere stato comunista», giura Bondi. E a seguire, ecco la drammatica testimonianza di quello che appare come un esule della Russia brezneviana: «So bene come sono i comunisti. Fassino, in pubblico, mi ha puntato il dito, mi ha dato perfino del tu». Apriti cielo. A questo punto manca solo il mea culpa di Ferdinando Adornato, che infatti arriva in perfetto orario: «Dalla sinistra gauchista ho sempre preso un sacco di botte». Dal canto loro i “riformisti” non hanno neppure bisogno di rispondere alle provocazioni berlusconiane, per il semplice motivo che i figli della falce e del martello sono stati messi nello stesso canestro con Lamberto Dini, Romano Prodi e Francesco Rutelli. Più “riformisti” di così. Ma a proposito di ex comunisti pentiti, c’è un’eccezione che può dare una speranza a Bondi. Si tratta di Giuliano Ferrara, che è stato perdonato. Lui è stato più volte proposto per governare, non solo per rigovernare.
PUBBLICITA’ OCCULTA
Prima delle elezioni del 13 maggio 2001 il candidato premier della Casa delle libertà invia una sua “fotobiografia” a 18 milioni di famiglie italiane, spendendo 23 miliardi di lire, mai dichiarate come spese elettorali. Ma “il libro non faceva parte della campagna elettorale; era solo un supplemento della testata Linea Azzurra.” (Sandro Bondi, deputato di Forza Italia).
E per finire, l’inarrivabile sintesi tra Heidegger e Gino Bramieri: l’intervista che Claudio Sabelli Fioretti ha fatto a Bondi e ha pubblicato su Sette.
Sandro Bondi
di Claudio Sabelli Fioretti
Ed eccomi di fronte al campione italiano di adulazione, Sandro Bondi, portavoce di Silvio Berlusconi. Avevo criticato le sue frasi di cieca ammirazione per il Cavaliere a Ballarò. Tipo: «La Casa della Libertà non ha un padrone, ha un leader che ha sopportato una incredibile persecuzione giudiziaria. È riuscito ad andare avanti solo per l’amore che ha per questo Paese». E lui mi aveva risposto con una e-mail gentilissima. «I giudizi su Berlusconi li ritengo espressione della mia libertà intellettuale e politica, oltre che del mio sincero affetto per una persona con cui lavoro ormai da oltre 10 anni». Non restava che incontrarci. E adesso stiamo passeggiando per il parco di Villa San Martino, la villa del Cavaliere, dove Bondi, che si è trasferito ad Arcore, ha il suo ufficio. Faccio il giornalista cattivo e sardonico. Davanti a una casetta: «È qui che abitava lo stalliere mafioso Mangano?». «Ah dottore, dottore!». Nell’ufficio del premier: «È qui che si compravano i giudici?». «Ah dottore, dottore!». Nel mausoleo di famiglia: «E la sua tomba, dov’è?». Bondi non reagisce. Ma mi avviluppa in un’intricata ragnatela di gentilezza, mi introduce nel suo regno di mitezza e di cortesia. Educazione a livelli eccelsi? Stadio estremo di adulazione e di cortigianeria? Non lo so. So solo che non è facile essere cattivi con Bondi. E quando ci riesci ti viene un grande senso di colpa, attenuato a stento dal fatto che le forme sono dolci ma la sostanza è dura. Con l’aria più serena del mondo Bondi è capace di dire: «Berlusconi è stato inseguito da una muta di pseudomagistrati».
Bondi, quando pensa a Berlusconi, che cosa pensa?
«Voglio bene a Berlusconi. Ho un sentimento di affetto profondo per lui. È una persona straordinaria».
Vede? È un inguaribile adulatore.
«Tutti sono d’accordo nel dire che Berlusconi è una persona straordinaria. Io manifesto liberamente il mio pensiero. È l’unico modo in cui posso essergli utile. Così penso di avere dato anch’io un piccolo contributo ai suoi successi. Anche se il 95 per cento del merito va allo stesso Berlusconi».
E il suo merito?
«Zero e qualcosa. Diciamo 0,2. In tutta la mia vita ho sempre espresso le mie opinioni, anche quando ero nel Pci. Pagando prezzi molto alti».
Quali prezzi?
«L’emarginazione. Fino all’inevitabile abbandono. Negli anni Settanta assumere posizioni riformiste era un’eresia. Voleva dire andare incontro a ingiunzioni al silenzio da parte dei dirigenti».
La sua carriera?
«Sono stato segretario della Fgci. Poi membro del direttivo provinciale, poi sindaco di Fivizzano».
Mi dice un errore di Berlusconi?
«In questo momento è demonizzato. Io devo difenderlo. Dice bene Ferrara. Berlusconi è come Mozart: pura genialità e candore fanciullesco».
Passi Mozart. Ma lei ha detto che è all’altezza di De Gasperi.
«Ho detto che può essere paragonato a De Gasperi per i suoi rapporti con gli Usa. Io avevo molti dubbi come cattolico su questa guerra. Ma quando ho ascoltato Berlusconi dire a Bush: “Noi vi siamo riconoscenti per averci fatto riconquistare la libertà e la democrazia…”, ho avuto un fremito di commozione».
Ha avuto lo stesso fremito per le parole del Papa?
«Ciò che dice il Papa per un cattolico è importante. Io spero che questa guerra si possa evitare, che Berlusconi possa influenzare il corso degli eventi verso la pace. Oggi è l’unico in Europa che, avendo buoni rapporti con Blair, con Putin, con Bush, può fare qualcosa per evitare un conflitto armato».
Torniamo all’errore. Me ne dice almeno uno?
«Berlusconi ha spesso preso delle decisioni che mi sembravano sbagliate. Ma poi ho dovuto ammettere che erano giuste».
Faccia una follia. Mi dica un difetto.
«Un difetto di Berlusconi… un difetto di Berlusconi… è dura».
Passano i minuti.
«Non riesco a trovarlo…».
I minuti diventano ore.
«È imbarazzante… un difetto di Berlusconi… non so…».
Lei ha detto che Berlusconi è un misto di Einaudi, don Sturzo e Rosselli.
«Ho detto che se dobbiamo cercare dei padri per Forza Italia, possiamo trovarli nelle tradizioni cattolica, liberale, riformista. Sento parlare in questi mesi di orgoglio democristiano. Ma siamo ancora lì? Noi dobbiamo avere l’orgoglio di Forza Italia. Nei colloqui privati, quando si parla con alcuni ex democristiani, noto che Berlusconi è ancora visto come un usurpatore, come una persona estranea alla politica. E queste persone si considerano gli unici autentici uomini politici capaci di traghettare l’Italia».
Chi?
«I tantissimi democristiani presenti in Forza Italia».
A lei piace Berlusconi, ma a Berlusconi lei piace?
«Io fisicamente non sono il tipo che a lui piace di primo acchito. Per questo all’inizio ero convinto di non piacergli. Però col tempo…».
Quando si è accorto di piacergli?
«Durante le campagne elettorali. Lavorando accanto a lui giorno e notte, a un certo punto ho capito che mi apprezzava».
Dicono che Berlusconi pecchi di eccesso di decisionismo.
«Berlusconi non è decisionista. È sempre portato alla mediazione. Il contrario di molti dirigenti di Forza Italia».
Critica?
«Alcuni dirigenti di Forza Italia si credono investiti di un potere che li autorizza a fare qualsiasi cosa, in spregio alle regole dell’educazione, del rispetto, del confronto. Se fossero tutti come Berlusconi, Forza Italia sarebbe migliore».
Bisogna fare un partito a immagine e somiglianza di Berlusconi?
«No, bisogna farlo a immagine e somiglianza delle qualità di Berlusconi».
Quando lei ha detto queste cose al Giornale, Berlusconi come ha reagito?
«Mi ha sgridato. Qualcuno ha detto che io parlavo male di Forza Italia. Ma io non parlavo male di Forza Italia, parlavo bene di Berlusconi».
Perché da giovane era comunista?
«I miei genitori erano persone umili. Io ancora oggi mi emoziono quando penso a mio padre socialista che lotta contro le ingiustizie e le disuguaglianze sociali. Emigrò giovanissimo in Francia a fare il boscaiolo, poi andò in Svizzera a fare il muratore. Avrebbe voluto andare in Australia ma gli fu negato il visto perché era socialista».
La passione per la politica?
«Al liceo. Entrai nella Fgci. Erano anni duri. Il Pci era in prima linea contro il terrorismo. Io avevo la scorta».
Università?
«Filosofia. Feci l’assistente del professor Capponnetto, al Magistero di Firenze, occupandomi di Storia religiosa del 400 e del 500. Poi cominciai con la politica attiva, qualche anno alle Asl, fino alla carica di sindaco di Fivizzano. C’era una giunta anomala. La prima di compromesso storico. Io mi adoperai per recuperare i socialisti. Ero affascinato dalla figura di Berlinguer, ma fui uno dei primi nel Pci a criticare il compromesso storico».
Parla mai di queste cose con Berlusconi?
«No, a lui non interessano. Lui è una mente fresca. Per lui il comunismo è stata una delle più colossali e feroci macchinazioni dell’uomo contro l’uomo».
Di cui lei ha fatto parte.
«Quando sento Veltroni o Fassino negare di essere mai stati comunisti provo pena per loro. Per il solo fatto di aver aderito al Pci sento di aver avuto anch’io una parte di colpa. Non è una cosa che si può cancellare così facilmente».
Veltroni e Fassino hanno cancellato?
«Sono personaggi che non hanno né caratura culturale, né spessore morale».
Lei è sposato?
«Da sette anni. Ho un figlio di cinque».
Tra Berlusconi e la famiglia, a chi vuole più bene?
«Spero di non dover mai scegliere».
Che cosa farebbe per Berlusconi?
«Odio l’aereo. Ho paura. Ma per Berlusconi forse lo prenderò».
Come l’ha conosciuto?
«Un giorno accompagnai il maestro Cascella, mio amico, che stava costruendo il mausoleo di Arcore».
Berlusconi che cosa le ha detto?
«Mi regalò un libro su Hitler. Con una dedica bellissima. “A Sandro Bondi, amante dell’utopia, dedico questo libro sull’utopia perversa”».
E poi?
«Poi, sempre Cascella mi fece incontrare Roberto Tortoli, responsabile di Publitalia in Toscana, che cercava candidati per le elezioni. Rifiutai la candidatura ma andai a lavorare al centro studi, a Roma, diretto da Paolo Del Debbio, una persona straordinaria».
Dal Pci a Forza Italia.
«Ho sofferto quando mi accusarono di essere un traditore. E soffrì anche mio padre. Solo chi è stato comunista sa che cosa vuol dire essere indicati al disprezzo morale».
Cossiga non è mai stato comunista ma ha detto di lei: «È uno pronto a tradire di nuovo».
«Mi ha annichilito per qualche ora. Ero distrutto. Poi mi dissi: non posso accettare. E ricordai a Cossiga che quando era stato in difficoltà io gli avevo mandato una lettera di solidarietà».
Ce l’ha ancora con Cossiga?
«No, l’ho perdonato».
Non mi ha risposto. Si sente un traditore?
«No. I veri voltagabbana sono i comunisti che dicono che non sono mai stati comunisti».
I voltagabbana sono più a destra o a sinistra?
«Oggi sono più quelli che lasciano la sinistra. Perché la destra è al potere».
Secondo lei Guzzanti è un voltagabbana?
«Assolutamente no. È l’emblema della coerenza. Mentre tutti gli altri cambiano, lui rimane uguale a se stesso. Come me».
Giuliano Ferrara?
«Ammiro la sua profondità intellettuale e la sua scrittura armoniosa. Lui è la prova che la sinistra italiana non diventerà mai riformista. Perché tutti i veri riformisti del Pci se ne sono andati. Una vera sinistra in Italia non potrà nascere se non sulle macerie di questa sinistra. Ci vorrebbe un Berlusconi di sinistra».
Cofferati?
«Cofferati, sì. Cerca di fare nel campo avverso quello che ha fatto Berlusconi. Copia molti degli stili, dei metodi, delle tecniche di Berlusconi».
Qualche voltagabbana lo troviamo? Mastella?
«Trasformismo. La politica lo legittima. Rimane però il giudizio negativo dal punto di vista morale».
La Pivetti?
«Che fine ha fatto? La mancanza di spessore politico e intellettuale alla fine si paga. La fortuna non basta. Scognamiglio? Nessuno ricorda più chi sia. Senza idee e senza coerenza non si può avere un ruolo. La politica è impietosa».
E Carrara che è venuto da voi cinque minuti dopo essere stato eletto con Di Pietro?
«Ci sono dei fenomeni ancora peggiori. Io le posso raccontare una cosa, però non vorrei che venisse pubblicata».
Stia tranquillo.
«Io sono molto amico dell’ex assistente del presidente, Nicolò Querci. Nel ’96 fu eletto in Veneto. Il presidente gli chiese un sacrificio grandissimo: dimettersi per fare passare Luca Danese. Che fu uno di quelli che andò a fare il ribaltone. Doveva avere una riconoscenza infinita. Invece solo ingratitudine».
Quando ha cominciato a lavorare per Berlusconi?
«Nel 1997, nella segreteria del presidente a Roma. Dopo due anni sono venuto ad Arcore».
Che cosa faceva?
«Rispondevo alle lettere. Anche 30 o 40 al giorno. Casi umani, richieste pietose. Avrò risposto a più di 20 mila lettere».
Firmate Berlusconi?
«Solo quelle più importanti, quelle dei politici, degli imprenditori. Le preparo io. A volte aggiunge a penna delle cose sue. E poi me le corregge, sempre. Un supplizio».
Che cosa corregge?
«Io sono troppo retorico. Lui è diretto e semplice. Ha la capacità di andare subito al cuore».
Lei adesso è il suo portavoce. Prima di fare dichiarazioni, lo sente?
«Mai».
E lui?
«Qualche volta mi sgrida».
Bondi, lei è diventato ricco?
«A Roma guadagnavo tre milioni e mezzo. Sto un po’ bene adesso con lo stipendio da parlamentare».
Berlusconi è generoso.
«Mi ha regalato un bell’orologio».
Quello del Milan? Varrà 10 mila lire.
«Scherza? È un Cartier. È talmente bello che non lo metto mai».
Lei somiglia a un frate trappista.
«Con Paolo Del Debbio spesso scherziamo. Lui sarebbe stato un domenicano, io agostiniano. Una divisione che attraversa tutta la cultura dell’umanità».
Quindi anche Forza Italia?
«Anche Forza Italia. Gianni Letta potrebbe essere un domenicano. Dell’Utri un agostiniano».
Dà del tu a Berlusconi?
«Non ci riesco. Io gli ho sempre dato del lei. E lui mi ha sempre dato del tu».
Lei criticava Forza Italia che corre il rischio di diventare un partito delle tessere…
«E la critico ancora. Ma sono più prudente adesso. Non voglio fare una brutta fine».
Senza Berlusconi, Forza Italia scompare?
«Sì. Bisogna avere il tempo per creare un soggetto che sia in grado di camminare con le sue gambe».
Chi è in pole position per sostituirlo?
«Molti, ma non c’è un gruppo dirigente. Manca la solidarietà di partito».
Quelli che escono sparano a palle incatenate contro Forza Italia. Sgarbi, Mancuso…
«Succede quando dentro a un partito non c’è dibattito politico».
Che cosa pensa dei leader della sinistra?
«Bertinotti è il meno comunista di tutti. È un massimalista socialista utopico. Una persona coerente, perbene. Non ha mai attaccato personalmente Berlusconi come hanno fatto, con toni sguaiati, D’Alema e gli altri».
D’Alema non le piace…
«È il più comunista di tutti. È l’erede perfetto della tradizione togliattiana italiana. Ho fatto un intervento alla Camera e lui per tutto il tempo mi ha voltato le spalle in segno di dispregio. È un uomo pieno di sé, con una presunzione immensa e mal riposta».
Dal punto di vista dell’interesse di Forza Italia, chi si augura che diventi il leader del centro sinistra?
«Francesco Rutelli o Walter Veltroni. Contro di loro la vittoria sarebbe certa».
Se lei entrasse in possesso delle prove che Berlusconi è colpevole delle cose che gli vengono contestate nei vari processi, che cosa farebbe?
«Penserei che è un brutto sogno. Che sto vaneggiando. Che sono su Scherzi a parte».
Che cosa è disposto a fare per Berlusconi?
«Andare in carcere».
Al posto suo?
«Non solo al posto suo, andrei in carcere per lui».
La tratta mai male?
«No, mai. Conoscendo la mia sensibilità, cerca di evitare i toni aspri, sa che ne soffrirei troppo. Non mi sgrida mai in maniera dura, impietosa».
Facciamo il gioco della torre?
«Sono proprio costretto?».
Travaglio o Maltese?
«Salvo Maltese: almeno ha il dono dell’intelligenza e della bella scrittura. Travaglio ha una specie di perversione: vorrebbe processare tutto e tutti. È veramente un uomo di destra. Un uomo di destra che scrive sull’Unità».
Stefania Craxi o Bobo Craxi?
«Salvo Stefania. Bobo è una persona deliziosa, umanissima ma non riesce proprio ad afferrare i problemi politici».
Di Pietro o Violante?
«Butto Violante. È molto più pericoloso. Di Pietro sta alla Giustizia come io sto alla Fisica».
Prodi o Cofferati?
«Salvo Cofferati. È distante anni luce dalle nostre posizioni e anche da una sinistra moderna e riformista. Però ha una sua credibilità».
Mentre Prodi?
«Come economista è poco più che un dilettante, noto per avere fatto degli studi sulle mattonelle. Il suo eventuale ritorno sulla scena della politica italiana sarebbe una minestra riscaldata».