Nel tuo intervento sulla rivista “Pluriverso” (Politica e New Age, marzo 1997) hai parlato del rapporto tra crisi della democrazia rappresentativa e riemergere di antiche culture “irrazionali” o pre-razionali.
Ci si chiede se il rapporto tra crisi della democrazia rappresentativa e riemergere di antiche culture potrebbe essere storicamente casuale. Non credo che sia casuale: credo che ci sia una relazione tra i due fenomeni, che la democrazia rappresentativa così come ha funzionato dal Seicento in poi abbia realizzato il massimo delle sue possibilità e, come dice Robert Dahl, o si amplia o tende a restringersi in una “repubblica di custodi”, e questo è un fenomeno. L’altro fenomeno è il crescere dell’interesse per quelle che vengono definite culture alternative (astrologia, alchimia, ecc.). Ecco, il fatto è che l’esaurirsi della forma storicamente più razionale di gestione politica viene a coincidere con il riemergere di queste culture e naturalmente può essere ritenuto un fatto casuale, io credo invece che ci sia una relazione tra i due fenomeni.
[…] Nel mio saggio Cromwell e Afrodite. Democrazia e culture alternative (Kaos Edizioni, Milano 1995) esamino le due forme di democrazia che la cultura politica occidentale ha sperimentato, cioè la democrazia assembleare della polis ateniese e la democrazia rappresentativa nata dalla rivoluzione contrattualistica del Seicento e poi sfociata nello stato di diritto. In entrambi questi casi il terreno era di scontro, ma non tra istanze razionali e irrazionali, bensì nel senso che la democrazia, per semplificare, è stata una risposta alla sfida di culture alternative e ribelli a forte presenza femminile. Ho precisato questo per dire che secondo me all’origine la democrazia era un terreno di scontro che non permetteva la coesistenza di queste due istanze, cioè le istanze razionali e quelle definite irrazionali. Credo invece che questa formulazione, cioè il terreno di incontro mediato da regole liberali, possa valere per il futuro, credo che possa essere una delle modalità con le quali la democrazia rappresentativa supera la crisi attuale e la supera anche per riconoscere dignità alle culture alternative che stanno riemergendo. Così intesa, questa è una prospettiva positiva che sostituisce la situazione originaria che era quella di uno scontro assolutamente non mediato, nel quale le istanze razionali della modernizzazione hanno tentato di distruggere e hanno sicuramente emarginato le culture tradizionali. E allora, per il futuro, si potrebbe dire giustamente che la democrazia perderebbe senso e contenuto con il prevalere assoluto dell’una o dell’altra di queste istanze, riducendosi a una lotta tra comitati di affari rivali. Sono d’accordo che potrebbe esserci questo rischio e che il futuro è appunto legato alla possibilità della coesistenza, mediata da regole liberali, tra queste due istanze.
Sarebbe proponibile per esempio, a tuo giudizio, una ricerca filosofica sulla tradizione mantica, sull'”attualità epistemologica” di questa tradizione in rapporto a nozioni e teorie scientifiche d’avanguardia?
Quanto alla proponibilità di una ricerca filosofica sulla tradizione mantica, una volta impostato il progetto bisognerebbe poi vedere quali siano gli argomenti, le indicazioni da tradurre in un lavoro sistematico di recupero della tradizione mantica, perché in realtà questo problema, cioè il problema della prevedibilità dei fenomeni è uno dei problemi di fondo delle scienze sociali, che hanno preso a modello la rivoluzione newtoniana e la sua evoluzione, la fisica del ventesimo secolo. Le scienze sociali hanno accettato questo modello e si sono imbattute nella grande difficoltà di poter fare ciò che fanno le scienze cosiddette naturali, cioè individuare e sperimentare un processo previsivo. Le scienze sociali sono riuscite a fare questo in misura molto più limitata delle scienze naturali. Uno dei problemi che sono emersi nella scienza politica americana dopo il crollo del sistema imperiale sovietico consisteva appunto nel fatto che nonostante gli strumenti previsivi perfezionatissimi a disposizione di quegli istituti di ricerca sociale – che avevano quasi in tempo reale tutto ciò che veniva pubblicato nell’Unione Sovietica – si fosse arrivati a individuare forti elementi di crisi nel sistema prevedendo tuttavia una crisi dal corso relativamente lungo, mentre nell’arco di pochi mesi del 1989 si sono svolti eventi rapidissimi e traumatici che gli studiosi statunitensi, malgrado i loro rapporti con le istituzioni e con la Cia, non erano riusciti a prevedere. E mentre Fukuyama proclamava la fine della storia, nell’ambito della scienza politica il problema era dato dal fatto che pur disponendo di strumenti razionali perfezionatissimi non si fosse riusciti a prevedere il fenomeno più clamoroso della seconda metà del secolo, cioè il crollo del sistema imperiale sovietico. Essendo dunque le scienze politiche in questa situazione problematica in quanto scienze previsive, credo che il recupero della tradizione mantica sia un recupero sul quale tanto più occorre riflettere quanto più c’è questa crisi della scienza politica come scienza della previsione.
Un tema che emerge dal tuo già menzionato intervento su “Pluriverso” – e probabilmente anche dal tuo nuovo libro di prossima pubblicazione presso l’editore Tropea – è quello dell’inaffidabilità della maggior parte dei cosiddetti “operatori dell’occulto” ai quali, almeno una volta all’anno, fa ricorso in Italia circa un quarto della popolazione adulta con diritto di voto. Solo il venti per cento sarebbero, a tuo parere, “operatori culturali corretti”. Quali potrebbero essere i criteri di definizione di questa “correttezza”, e si potrebbe immaginare una forma di riconoscimento pubblico che faccia diminuire il numero dei manipolatori? A quanto pare il ricorso all’occulto si fa strada anche e soprattutto nelle alte sfere sociali. Ma è accettabile che la diffusione di metodologie esoteriche fra i ceti superiori porti all’imposizione dall’alto di procedure “non razionali” nel processo di produzione (come l’uso della grafologia o dei tarocchi per la selezione del personale)?
Negli ultimi anni ho conosciuto molti di questi operatori – quel venti per cento è un mio calcolo ipotetico, deriva dall’esperienza personale, da ricerche di cui ho notizia. Il problema dunque – come ho avuto modo di dibattere con Piero Angela, in particolare sull’astrologia, ma si potrebbe estendere il discorso alle culture alternative in generale – è che in un periodo non di crisi ma di grande affermazione della scienza, le culture cosiddette irrazionali non vengono affatto emarginate. Assistiamo a un fenomeno apparentemente difficile da capire: la scienza si afferma ma il numero di coloro che si affidano a culture irrazionali aumenta. Evidentemente la scienza non è in grado di rispondere a tutte le domande della personalità, e le istanze cosiddette irrazionali delle culture tradizionali rispondono a domande profondamente radicate nell’uomo, domande che non possono essere collocate nell’ambito di superstizioni in via di scomparsa. Non è affatto così, ci sono ricerche come quella di Introvigne che mettono in rilievo come negli ultimi decenni la pratica dell’occulto, che era diffusa soprattutto in ceti a basso livello di reddito e di istruzione, si diffonde invece ora in ceti ad alto livello di reddito e di istruzione. Vediamo quindi che lo sviluppo e la valutazione positiva della scienza coincidono con la crescita del numero di persone che cercano risposte a domande essenziali fuori dall’ambito della scienza ufficiale, e questo è un dato di fatto da prendere in considerazione. Di fronte a questo fenomeno, secondo me, il vecchio atteggiamento da liberale ottocentesco, per così dire (“è tutta superstizione”) non ottiene risultati. Aumenta continuamente l’audience delle trasmissioni di Piero Angela, ma nello stesso tempo aumenta il numero di praticanti delle culture dell’occulto. E non è detto – sarebbe una ricerca interessante – che le stesse persone che apprezzano l’ottimo lavoro di divulgazione scientifica di Piero Angela, capace di rispondere ad alcune domande della cultura e della vita, non siano spesso proprio quelle che si rivolgono poi alla cartomante per rispondere a un altro tipo di domande. Prendere in considerazione questo stato di cose è più importante che stigmatizzare la crescente manipolazione. Dunque, più che misurare quanti operatori dell’occulto siano affidabili e quanti no, si tratta di mettere in luce questo fenomeno senza dire – come fa Piero Angela – che tutti gli operatori delle culture alternative sono manipolatori, perché continuare a dirlo non influisce sul fenomeno che risponde quindi a esigenze profonde. Bisogna piuttosto tener conto delle domande alle quali un numero crescente di persone trova risposta in ambiti dove si può essere facilmente manipolati. Per me quindi – e questo è il senso del mio ultimo lavoro – si tratta di proporre questo approccio e di sviluppare in tal modo una coscienza critica anche in chi crede all’occulto, perché a me pare che più si insiste a parlare di manipolazione, più il numero di queste persone tende ad aumentare creando una divaricazione magari nella stessa persona, che potrebbe rivolgersi alla scienza per certi aspetti e a occultisti da strapazzo per altri, pur avendo un elevato livello culturale. Direi che la linea di fondo del mio lavoro è proprio questa: e infatti un altro capitolo di indagine riguarda per esempio certi personaggi della politica italiana che consultano abitualmente astrologi, cartomanti, veggenti, e che in genere non lo ammettono, creando la stessa divaricazione di cui parlavo prima e che può essere presente a livello di massa. Si vede e si apprezza una trasmissione di Piero Angela e poi ci si prenota da una cartomante. Si tratta invece di cogliere il fenomeno nella sua essenza, perché solo mettendolo correttamente in luce potremo mettere in guardia e aiutare chi si rivolge agli operatori dell’occulto. Questo è tanto più probabile se si valuta con comprensione il comportamento di queste persone, invece di giudicarlo in modo sprezzante come se si trattasse di superstiziosi ignoranti. Più li si accusa, più è facile che accettino, quasi come risposta indignata, la manipolazione. Invece una corretta informazione sul fenomeno potrebbe essere un rimedio a questa situazione. Io non ho in mente criteri di definizione di questa correttezza, però posso dire che avendo conosciuto forse un centinaio di operatori mi sono fatto l’idea che venti sono degni di stima e ottanta no, ma questa è un’esperienza personale. Non credo che il problema si possa risolvere con albi professionali: bisogna piuttosto sensibilizzare un’opinione pubblica che comunque è già al corrente, dato che un quarto degli italiani si rivolge a queste categorie di professionisti. Qualche tempo fa, su “Sette” (l’almanacco settimanale del Corriere della sera) è stata pubblicata una ricerca secondo la quale il 38 per cento degli italiani crede che le previsioni astrologiche abbiano una loro validità: è una percentuale superiore alle mie aspettative. Ma se ci sarà un dibattito aperto e senza pregiudizi su questo problema, si potrà anche parlare di criteri di correttezza. Nel mio nuovo libro si ricorda tra l’altro che Olivetti, considerato forse il più illuminato degli imprenditori italiani, credeva nell’astrologia e per assumere dirigenti a certi livelli di responsabilità chiedeva persino l’ora natale per fare la carta dei cieli. E’ proprio questo che secondo me non è assolutamente lecito senza informare la persona: credo cioè che si possa anche fare una selezione del personale basata su queste metodologie “esoteriche”, purché siano conosciute e accettate dalla persona che dev’essere selezionata. Conosco astrologi che rifiutano per principio di fare ricerche dalle quali può dipendere l’assunzione di una persona al lavoro… e ripeto ancora: non è corretto selezionare il personale in questo modo, a meno che la persona dichiari di non avere niente in contrario. Ci dev’essere consenso e informazione, altrimenti è violazione della privacy.
Giorgio Galli, docente di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Milano, è uno dei maggiori politologi italiani. Oltre a classiche indagini di scienza politica, incentrate soprattutto sulla recente storia politica italiana (Storia del partito armato, Storia dei partiti politici europei, I partiti politici italiani, Mezzo secolo di Dc), Galli ha intrapreso ricerche più complesse e originali sull’intreccio fra vicende e dottrine storico-politiche e una serie di tradizioni e culture che il moderno ha più o meno relegato nel grande contenitore dell’irrazionale o del pre-razionale. Studi dapprima snobbati e che ora costituiscono la branca più interessante della cosiddetta ricerca controstorica. I suoi testi, in merito, sono: Occidente misterioso. Baccanti, gnostici, streghe, i vinti della storia e la loro eredità (Rizzoli 1987, ripubblicato aggiornato nel 1995 da Kaos Edizioni col titolo Cromwell e Afrodite. Democrazia e culture alternative), Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario (Rizzoli 1989), Politica ed esoterismo alle soglie del 2000 (con Rudy Stauder, Rizzoli 1992), Le coincidenze significative. Dalla politologia alla sincronicità (Solfanelli 1992), La politica e i maghi. Da Richelieu a Clinton (Rizzoli 1995). L’intervista che pubblichiamo è reperibile in Informazione filosofica, dic. 1997.