Chissà cosa accade se Spike Lee si mette a fare il Quentin Tarantino. Lo si scoprirà presto: il prossimo film che il regista de La 25a ora girerà è, a tutti gli effetti, una sorta di hyperpulp, un soggetto che farà la gioia degli amanti della B-Culture e della Blaxploitation. Spike Lee aveva messo infatti da parecchio tempo i suoi occhi allucinati sui romanzi dell’ultimo grido dell’hard boiled americano, George Pelecanos, recentemente scoperto anche dagli italiani (l’anno scorso uscirono due titoli, il più degno dei quali da ShaKe, ed è quello di cui ci occupiamo). Origini greche ma alto grado di stimmung da ghetto, per l’autore dell’ormai immarcescibile King Suckerman, il titolo che finirà su grande schermo per la direzione illuminata di Spike Lee – una sorta di delirio urbano che tutto – o quasi – deve a Elmore Leonard, il soggettista prediletto proprio da Tarantino. Se lo stomaco è forte e il desiderio di adrenalina è all’altezza, Pelecanos fa per voi…
Se avete le coratelle tremule e vi piacciono le atmosfere soft, non acquistate nessun titolo di George Pelecanos. Se, al contrario, attendevate una scrittura rap, veloce al parossismo, sovreccitata fino a necessitare bromuro e un tiro di fiato, allora comprate Pelecanos e, prima di acquistare il recente titolo Piemme (Angeli neri), leggete il capolavoro di questo americano di origini greche, King Suckerman, edito da Shake. Shake ha pubblicato, oltre a Pelecanos, un altro opus magnum della negro-cult, Black Mama di Iceberg Slim. Splendida grafica, mirabolante traduzione (Fabio Zucchella, con King Suckerman, ci ha restituito sensibilità al sistema nervoso: formidabile, davvero), accesso a zone della cultura planetaria che meriterebbe di essere elevato a norma editoriale: le Shake hanno compiuto un gran lavoro di svecchiamento della narrativa in Italia.
La trama di King Suckerman, con una precisa avvertenza: sebbene la storia mozzi il fiato, bisogna tenere conto che Pelecanos introduce i lettori in un cosmo, e che ogni descrizione del cosmo è di per sé riduttiva e inadatta. Pelecanos è autore di una quadrilogia che anima l’universo nascosto di Washington DC: la capitale amministrativa e politica degli States è, paradossalmente, la metropoli che vanta i più alti indici di microcriminalità degli States. Materia per fegati forti, come dimostra Pelecanos con The Big Blowdown, The Sweet Forever, Shame the Devil e il secondo libro della serie, King Suckerman appunto. È il classico affare di droga andato male che muove l’intrico di fili di questo masterpiece dell’autore anglogreco: il reduce del Vietnam Marcus Clay e il suo spacciatore Dimitri Karras si vengono a trovare schierati contro una delle coppie più memorabili dell’hard boiled contemporaneo, l’ex detenuto di colore Wilton Cooper e il suo amichetto bianco che vorrebbe tanto essere un nero. Psicopatologia del crimine quotidiano: King Suckerman è un climax che sembra non finire più, capace di attraversare un mondo idiota e violento come una scossa adrenalinica su una schiena innocente. L’innocenza, o supposta tale, sta nello sfondo occasionale del romanzo: siamo in pieno Bicentenario di DC, nel ’76 – una festa istituzionale con cui la Superficie d’America celebra gli ideali di sicurezza e borghese indecenza che nascondono il marcio, il ring della sopravvivenza, la povertà, il disagio lugubre e anche la cultura della grande alternativa che l’America stessa ha sempre prodotto e mai imposto al pianeta. Al pettine della scrittura di Pelecanos vengono tutti i nodi: conflitto razziale, scontro tra culture, alto versus basso, periferie opposte al centro. Il tutto in perfetta e scatenante libertà di fuoco, sia sul piano tematico sia su quello stilistico. Sostituite a Los Angeles l’anonima e anomica Washington, sottraete a Ellroy l’epica massimalista (storiografia compresa) ed ecco il risultato: George Pelecanos. Un acceleratore di particelle, un estensore di dialoghi al fulmicotone e di autentici scorci di cinema underground, un clamoroso adepto del fenomeno blaxploitation, che Tarantino farebbe bene a digerire dopo avere terminato la sua ricognizione nel continente Elmore Leonard: il risultato è il buon vecchio cardiopalma, l’incanto e la scoperta dell’Atlantide sommerso dell’arte e della politica d’opposizione a un sistema glaciale e tecnocratico.
Un solo esempio, per rendere l’idea – poi fate un po’ voi, considerando il livello di realismo che siete in grado di tollerare.
“A Silver Spring Karras si fermò in Cameron Street, entrò da Eddie Leonard per farsi uno dei suoi sudici panini con bistecca e formaggio. Qualche minuto prima aveva sentito alla radio il vecchio jingle ‘I Sandwich Shop di Eddie Leonard / Dovreste provaaaaaarli’, e aveva sentito risvegliarsi qualcosa di primordiale nello stomaco. Si mangiò il panino e studiò la parete color azzurro uovo di pettirosso, sulla quale i disegni di tutti i sandwich correvano in cerchio intorno al negozio. Al tavolo di fianco c’erano due latinos e dall’altra parte della sala una famiglia di latinos. I due latinos litigavano a voce alta sul recente combattimento tra Foreman e Frazier: uno dei due saltò giù dalla sedia colpendo l’aria con un gancio. L’altro, che aveva i pantaloni bagnati di urina dall’inguine al ginocchio, gridava qualcosa in un inglese incerto riguardo al manager che avrebbe costretto prematuramente Frazier al KO tecnico”.
Nemmeno mezza pagina e neanche un aneddoto intero: questa è l’accelerazione-Pelecanos…
George Pelecanos – King Suckerman – Shake edizioni – 14,00 euro