Insieme a Paul Di Filippo, uno degli autori SF che hanno declinato l’avantpop in direzione decisamente fantascientifica è Stephen Wright. Leggendario il suo Going Native (in Italia, Partenze notturne, uscito nel ’97 da Feltrinelli), altrettanto sconcertante M31 (uscito da Fanucci), sorta di rielaborazione SF della grande tradizione letteraria di quella fascia torrida (climaticamente, perché dal punto di vista umano è raggelante) del sud degli Stati Uniti (e, infatti, è soprattutto Faulkner il referente poetico di Wright – assieme a Wilhelm Reich). Da un’esacerbantemente lunghissima intervista che AltX fece a Wright, riportiamo i passi che concernono proprio M31, delirante avventura di fantascienza sudista.
M31 è, anche se soltanto occasionalmente, una storia di UFO…
Mi è capitato di leggere un vecchio libro, Messaggeri dell’inganno. Quand’ero bambino, a Cleveland, prima di andare a letto ascoltavo un talk show radiofonico e spesso c’erano ospiti che parlavano di alieni, di rapimenti da parte degli Ufo. E’ roba da brivido, soprattutto se sei un bambino e la stai ascoltando a notte fonda nel buio. Ti aspetti che queste astronavi atterrino da un momento all’altro. Con a bordo questi esseri tra il bizzarro e lo spaventoso.
Ma tu ci credevi?
Ero un agnostico. Ma alla fine credevo che fosse una cosa eccitante e interessante. Pensavo che in effetti qualcosa del genere stesse succedendo davvero, ma che non fossimo ancora in grado di comprendere la natura del fenomeno. Poteva trattarsi di una forma di isteria, il che è già interessante. Penso che qualcosa stia succedendo effettivamente. E’ il motivo per cui, comunque, ci ho fatto un libro. Che esistano o meno presenze aliene, ritengo di essere uno scettico – ma a livello del tutto personale. Ma in fin dei conti qualunque cosa risulta possibile nel nostro universo.
Quindi sei arrivato a M31 grazie a un vecchio libro…
Non mi occupavo di UFO da quando ero bambino. E’ stato un impulso irrefrenabile, quando ho visto questo libro. L’ho preso. E’ l’opera di un teorico e scienziato francese. Su questo tipo Spielberg ha basato uno dei personaggi principali di Incontri ravvicinati. Il libro è stracolmo di elucubrazioni circa il fenomeno degli avvistamenti e dei cosiddetti “rapimenti”. L’ho iniziato a leggere e sono rimasto affascinato. La teoria si è di parecchio evoluta dai tempi in cui me ne occupavo, leggendo di universi multipli e buchi spazio-temporali. Questo libro sembrava essere un messaggio dal futuro. Poteva essere un messaggio inviato a noi stessi da noi stessi. Era un libro pieno di prospettive che non avevo minimamente considerato in precedenza…
Non si tratta però dell’unica “fonte” a cui hai attinto…
Beh, c’è anche una canzone di Patti Smith, ispirata a un libro del figlio di Wilhelm Reich. E’ un testo affascinante, magnetico, che parla di un ragazzino che cresce in un’atmosfera bizzarra. Reich era una persona fenomenale, l’unico personaggio a essere uscito dal gruppo freudiano, imparando a camminare sulle proprie gambe e venendo senza posa attaccato dal gruppo freudiano stesso. Il figlio di Reich era convinto che gli UFO avessero rapito suo padre: insomma, ci ha scritto sopra un libro. Patti Smith ne è rimasta impressionata. Ha scritto questa canzone bellissima, il cui testo parla proprio dell’astronave che sale, sale verso il cielo. Tutte queste suggestioni sono entrate in collisione e ne è nato M31.
In M31 attacchi esplicitamente la cultura televisiva degli Usa. Pensi che la gente legga di meno per colpa della tv?
No. Ci sono aspetti della cultura di cui la gente, probabilmente, farebbe fatica a prendere coscienza. Per esempio, i libri di Faulkner, a parte Sanctuary, erano fuori catalogo due anni prima che gli fosse assegnato il Nobel. La tv non c’era, ma uno dei nostri maggiori autore era ignorato: nei tinelli la gente non lo leggeva. Dal che consegue che senza la tv la gente dovrebbe leggere William Gaddis. E non credo che sia così…