di Giuseppe Genna
[in data odierna, il Corriere della Sera ospita, all’interno della rubrica tenuta da Paolo Mieli, una lettera del giudice Rosario Priore circa il caso Moro, sotto il titolo: Priore: Usa e Kissinger sono fuori dal caso Moro]
Gentilissimo Paolo Mieli,
da mesi, nell’àmbito della Sua rubrica sul Corriere della Sera, Lei affronta una questione nodale della storia italiana contemporanea: il caso Moro. Dopo l’esternazione di congetture pressoché deliranti dell’ex brigatista Franceschini e la proiezione del film Piazza delle Cinque Lune, Lei ha stigmatizzato l’approccio dietrologico a quello che perfino un illuminista cauto e solitamente scettico come Leonardo Sciascia definì “affaire Moro”.
Conosciamo tutti – al massimo non ce lo ricordiamo, ma non c’è dubbio che lo conosciamo – l’intrico di intrighi e di corollari e sottocorollari di potere che la detenzione e l’uccisione di Aldo Moro scatenarono all’interno di una classe politica stremata e indecente classe politica non soltanto nazionale -, mentre la comunità italiana, bene o male, subiva lo choc di una vicenda barbara e disumana. Ha senso, c’è da chiedersi, il tentativo di ristabilire una verità intorno a una vicenda così fosca e connessa con vicende altrettanto fosche? Ha senso tentare di ricostruire la fisiologia precisa di quella storia ambigua e criminale? La domanda, di per sé, è massimalista e, immagino, sgradevole per la sua prestesa di verità assoluta. Non voglio addentrarmi in una selva tanto oscura che, a mio parere, non sarà mai definitivamente illuminata. Il tentativo di uno scrittore può essere soltanto quello di individuare, in quella fitta vegetazione, alcuni chiari di bosco. E’ il caso di farlo se e quando un magistrato come Priore Le scrive per formulare una difesa, a questo punto nemmeno preventiva e perciò stesso maggiormente sconcia, del ruolo che nella vicenda Moro giocò Henry Kissinger.
Non intendo avanzare ipotesi fantasiose. Non è mio desiderio suggestionare alcunchì. Vorrei soltanto mettere in luce alcune contraddizioni essenziali nelle tesi espresse da Rosario Priore e da Lei condivise. Riporto il passo che vorrei discutere:
Prima di discutere qualunque tratto del ragionamento di Priore, vorrei convocare prima i vivi, quindi i morti. Ecco cosa dichiarò Corrado Guerzoni, ex segretario di Aldo Moro, a proposito di un celebre faccia a faccia tra il leader democristiano e Henry Kissinger, durante un party alla Casa Bianca:
A complemento di quanto testimonia Guerzoni, cito le vive parole del cadavere in questione, quello di Aldo Moro che, mentre le scriveva, era già un dead man walking. Ecco cosa ha da dire il presidente Dc in una lettera dalla prigionia, un passo che segue, di poche righe, i supposti “apprezzamenti” che Moro esprime nei confronti degli ambasciatori americani:
Questo è lo sfondo su cui si giocarono i rapporti tra Moro e Kissinger. Non discuto nemmeno l’assurdità della tesi per cui “gli Usa non entrerebbero in gioco”. Da scrittore, conosco fin troppo bene le ambiguità a cui espone la letteratura e mi limito semplicemente a sottolineare che collaboratore d’eccellenza dello scrittore di bestseller fantapolitici, Tom Clancy, è tale Steve Pieczenik: il responsabile americano che venne a installarsi a Roma, coordinando il gabinetto di crisi durante il rapimento Moro. E’ abbastanza imbarazzante verificare che, a fronte di una spazzatura della storia qual è la teoria dei complotti, il sillogismo che dovrebbe difendercene si limita a esprimere una conclusione diametralmente opposta e, quindi, di per sé allucinante: i sospetti sono deliri, quindi non esiste alcun sospetto.
Sospetti ne esistono, purtroppo, e continuano a esisterne. Farei convergere una componente significativa di questo ambiguo sentore di complotto proprio sulla tesi di Priore per cui, ai tempi dell’Amministrazione Carter il signor Henry Kissinger non disponeva di cariche ufficiali e, quindi, non esercitava potere. Purtroppo non è così che, da sempre, la grande politica funziona. Proprio dell’Amministrazione Carter, a chi gli chiedeva se non fossero presenti troppi esponenti dell’organizzazione Trilaterale, Henry Kissinger rispose: “Non è la domanda da fare. L’Amministrazione Carter è la Trilaterale”. Sui cui scranni, ça va sans dire, siedeva lo stesso Kissinger. Un aneddoto personale può forse essere utile a chiarire come l’assenza dalle scene di Henry Kissinger non stabilisca un’equivalenza con la sua assenza dal potere. Ho scritto un romanzo, Nel nome di Ishmael, che è stato acquistato da un grande editore americano prima dei fatti dell’11 settembre 2001. L’editore americano, leggendolo, mi chiese: “Perché scrivi una fiction su Henry Kissinger? Siamo nel 2000, Kissinger non conta più niente”. Pochi mesi dopo, l’editore americano mi comunicò che la sua domanda non aveva più senso. Ecco cosa era accaduto in quei mesi:
– Henry Kissinger è stato nominato dall’Amministrazione Bush Jr quale presidente della commissione d’indagine governativa sugli attentati al World Trade Center e al Pentagono, dimettendosi con enorme clamore in seguito alle proteste che denunciavano un imbarazzante conflitto d’interessi da parte dello stesso Kissinger, titolare di un’agenzia di mediazione e pubbliche relazioni ad alto livello che, con tutta probabilità, include nel suo parco clienti personalità da indagare;
– The trial of Henry Kissinger di Christopher Hitchens è uscito in forma di libro e, quindi, in forma di documentario: si tratta della denuncia dei crimini contro l’umanità commessi da Kissinger e surrogati da documenti declassificati da parte del Congresso;
– Paul Bremer, un uomo di Kissinger, come è stato additato dai media di tutto il pianeta, ha sostituito Jay M. Garner quale governatore provvisorio dell’Iraq.
Non so effettivamente fino a che punto Aldo Moro debba a Henry Kissinger l’esito della sua drammatica vicenda personale. Certo è che, a parità di condizioni detentive, il generale Dozier fu liberato, Moro no. La sua morte costituisce uno degli apici drammatici di una storia nazionale che, come ammesso da chiunque, è costellata di misteri che attendono chiarimenti definitivi da decenni. Non parlerei di cospirazioni, ma è certo che noi, qui in Italia, non disponiamo di declassificazioni di documenti segreti o sottoposti a censura per motivi di sicurezza nazionale.
Tuttavia sostenere, come fa Priore, che il personaggio di Henry Kissinger sia totalmente estraneo all’affare Moro è tanto azzardato quanto è patafisico pensare che gli Stati Uniti non ebbero un ruolo in quella stessa vicenda.
Cordialmente,
Giuseppe Genna