di Riccardo Valla

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Altri precursori della Fantascienza da non dimenticare, per il loro impatto sul pubblico, sono taluni illustratori che presentavano visioni grottesche. Tra questi spiccano Isidore Grandville (Un Autre monde, 1844) e Albert Robida (Le Vingtième siècle, 1883; La Vie électrique, 1883; La Guerre au vingtième siècle, 1887); diffuse inizialmente a fascicoli, le opere di Robida raggiunsero immediatamente un pubblico assai vasto.
Negli anni 1880 il pubblico sia europeo sia americano è ormai abituato a questa produzione e se da un lato può accogliere anche idee complesse, dall’altro non si accontenta del semplice novum, ma ne chiede anche una giustificazione: Grandville si limitava a colpire con l’impatto dell’immagine e non aveva bisogno di spiegazioni, ma Robida sente già l’esigenza di dare una giustificazione alle sue illustrazioni, che sono accompagnate da riferimenti satirici penetranti e rivelatori.

Negli stessi anni, la comparsa di periodici a basso prezzo, ma di un buon livello (superiore a quello dei fascicoli popolari a forti tinte) come Argosy negli Stati Uniti e The Strand e Pearson’s in Inghilterra offre spazio a nuovi scrittori venuti dal giornalismo, tra cui spicca George Griffith, che tra la sua vasta produzione ha anche una serie di “storie di altri mondi” (1890) in cui descrive la vita sugli altri pianeti: sulla luna si trovano solo rovine, Venere è abitato da una razza di uomini-uccello, Marte da uomini altamente evoluti, che hanno superato ogni emozione e vivono in modo rigorosamente razionale. Da segnalare tra queste prime avventure interplanetarie inglesi Across the Zodiac di Percy Greg (1880), in cui incontriamo due spunti che saranno in seguito utilizzati da Wells: la descrizione di una nave spaziale che opera con l’antigravità e l’idea che i germi innocui per i terrestri risultino letali per gli esseri di altri pianeti. Nel romanzo troviamo la descrizione del pianeta Marte e dei suoi ordinamenti politici e familiari e Greg ne approfitta per esprimere le sue idee sul positivismo e sulla posizione della donna nella società. Sarà poi H. G. Wells a riunire i due filoni della guerra e dell’incontro con razze di altri pianeti (War of the Worlds, 1898) in un discorso che tocca anche la società del tempo.
Il successo di Verne e di Wells è anche legato a uno stile che imitando il parlato conferisce autenticità alle descrizioni; nello stesso tempo l’assenza di complicazioni amorose nelle loro trame suggerisce una società basata sulla ragione e sulla sublimazione delle emozioni, posizioni che Gernsback adotterà nel lanciare la sua F. Tuttavia, uno stile più “ornato e innaturale” (A. Carter) e una storia d’amore, in genere tra il protagonista e una donna di altri luoghi che rappresenta il suo ideale femminile, compaiono in un altro filone di precursori della F.: la scuola del scientific romance, che da She di H. Rider Haggard (1887) passa a Gulliver of Mars di E. E Arnold (1905), ad A Princess of Mars di E. R. Burroughs (1912), e a The Moon Pool di A. Merritt (1918), l’autore più apprezzato di questo tipo di storie.
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Grazie al forte influsso di Wells e di Verne, la F. si presentò in questo suo primo momento come strumento di illustrazione e di discussione degli sviluppi potenziali e delle possibili applicazioni della scienza e della tecnologia contemporanee, delle quali cercò di ipotizzare i modi di impatto sulla società del presente e del futuro. La sua matrice era quella razionalista e progressista del positivismo tardo-ottocentesco. Un esame comparato della produzione di Verne e di Wells, tuttavia, ne mette già in luce l’ambiguità segreta, rivelando la difficile convivenza al suo interno tra due anime opposte e tra due atteggiamenti contrastanti. In Verne domina l’entusiasmo per una tecnologia ansiosa di sondare ogni frontiera e di superare ogni limite, ottimisticamente disposta ad attribuire alla mente umana il potere di risolvere qualunque problema e di rispondere con successo a qualsiasi sfida. Gli abissi degli oceani, il nucleo della Terra, la stratosfera e persino gli spazi planetari sono accessibili all’intelligenza e all’ardimento di un’umanità fermamente decisa a conquistarli. In Wells, al contrario, si insinuano note profonde di dubbio. Vi possono essere, negli spazi stellari, sconosciuti abitatori più evoluti dell’uomo, le cui conoscenze scientifiche possono rivelarsi inadeguate o parziali. In The War of Worlds, ad es., solo le misteriose leggi di una natura sapientemente progettata da Dio salvano i terrestri da un’altrimenti inevitabile invasione marziana. Wells (come del resto, in taluni romanzi, lo stesso Verne) mette in luce i pericoli di un progresso tecnologico non accompagnato dallo sviluppo parallelo di un’adeguata coscienza etica o addirittura deviato da una moralità distorta o criminale. Le pagine di Verne, dal canto loro, pullulano di scienziati vendicativi o ambiziosi che mirano a imporre le proprie leggi e il proprio potere, autentici prototipi degli “scienziati pazzi” anelanti a dominare il mondo, caratteristici della F. pionieristica del primo Novecento.
Wells, sviluppando gli spunti ricavati dalla scienza e dalla società dell’epoca, presentò per la prima volta molte nuove “visioni” entrate poi a far parte delle tematiche caratteristiche della F. Dopo di lui, l’inizio del nuovo secolo non vede emergere molte idee nuove. Tra i pochi autori che non si limitano a un’imitazione dei vecchi modelli si possono citare The Purple Cloud di M. P. Shiel (1901), uno dei primi esempi di romanzo di “catastrofe”, dovuto a un autore uscito dal gruppo dei giornalisti-scrittori inglesi e noto per storie di “guerra futura” come The Yellow Danger (1898), che descriveva l’invasione dell’Europa da parte dei popoli orientali, e Lord of the Sea (1901), in cui si presentava la guerra tra fortezze marine (il romanzo è anche ricordato perché vi si prospetta la creazione di uno stato ebraico in Medio Oriente). In The Purple Cloud, opera impegnativa anche per il ritratto della psicologia del protagonista e per il suo simbolismo, il protagonista è l’unico superstite di un’eruzione di gas velenosi che ha distrutto l’umanità. Dopo lunghi anni in cui si convince di essersi salvato unicamente per completare la distruzione del mondo (nel suo vagare alla ricerca di altri superstiti dà fuoco a tutte le città disabitate che incontra) scopre finalmente un altro superstite, una giovane donna, ma per molto tempo si rifiuta di unirsi a lei per ridare vita all’umanità.
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Altro romanzo da segnalare è The Machine Stops (1909), dell’inglese E. M. Forster (l’autore di Passaggio in India), la prima “antiutopia”: in esso, l’umanità di un lontano futuro dipende in tutto e per tutto dalle sue macchine; quando le macchine si fermano, gran parte della popolazione umana si estingue e la salvezza dell’umanità è affidata a coloro che erano stati esiliati lontano dalla “macchina”. Da segnalare anche The Hampdenshire Wonder (1911), dell’inglese J. D. Beresford, romanzo evoluzionista in cui compare per la prima volta il concetto di “superuomo”: vi si presenta un bambino che, essendo estremamente più intelligente dei suoi contemporanei, mostra come sarà l’umanità tra migliaia di anni.
Tra gli autori americani spicca in questo periodo per la sua forte carica emotiva e l’efficacia della narrazione il romanzo di Jack London, The Iron Heel (1907), in cui è descritto l’inizio di un conflitto plurisecolare tra le forze socialiste e quelle dittatoriali che si sono impadronite del mondo. Da segnalare anche G. P. Serviss, la cui carriera ricorda quella degli scrittori-giornalisti inglesi. Specialista in argomenti di astronomia, gli fu affidato dal suo giornale newyorkese il compito di scrivere una continuazione del wellsiano War of the Worlds, le cui puntate riscuotevano allora un grande successo, e scrisse Edison’s Conquest of Mars (1898), in cui, allarmato dall’attacco dei marziani descritto da Wells, l’inventore Edison costruisce un vascello interplanetario che si reca su Marte e lo conquista. Il nome di Serviss è anche legato ad altri romanzi come The Moon Metal (1900; uno scienziato diventa il dittatore del mondo perché ha il monopolio sul metallo che ha sostituito l’oro negli scambi economici), A Columbus of Space (1911; visita al pianeta Venere, abitato da una razza simile a quella umana) e alla sua opera più apprezzata, The Second Deluge (1912), in cui uno scienziato costruisce una nuova Arca per salvare l’umanità, minacciata dal diluvio causato da una cometa; i superstiti creeranno una società basata su princìpi rigorosamente scientifici. Altre opere americane del tempo segnalabili per successo riscosso alla loro pubblicazione (anche se non del tutto originali) sono Darkness and Dawn di G. A. England (1912), in cui la civiltà è distrutta come in The Purple Cloud, ma questa volta da un’esplosione di gas sotterranei, e in cui i due protagonisti cercano in tutta l’America i sopravvissuti, e The Messiah of the Cylinder di Victor Rousseau (1917), in cui alcuni uomini, dopo un esperimento scientifico, si risvegliano in un futuro dittatoriale; il romanzo contiene molte interessanti pagine che rientrano nel genere dell’antiutopia, ma la sua storia ricalca troppo spesso quella del wellsiano When the Sleeper Wakes.
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LA SCIENTIFICTION. Tra il 1900 e il 1925, gran parte dei romanzi di F. citati era apparsa originariamente sulle riviste popolari: i pulp magazine, così detti dalla carta su cui erano stampati (carta da giornale). Questo tipo di edizione si era diffusa a partire dagli anni 1880, e presto le testate si erano moltiplicate. Per farsi concorrenza, le varie decine di pubblicazioni che esistevano contemporaneamente sul mercato presentavano storie ricche di colpi di scena e il termine pulp è entrato nell’uso per definire una narrativa sensazionalistica e priva di approfondimenti, anche se tra i molti abili artigiani che vi scrivevano c’erano parecchi scrittori genuini: Jack London, ad es., iniziò a scrivere per un pulp chiamato The Black Cat (1899, e la storia è di tipo fantascientifico perché parla di una tecnica per rianimare i morti). I pulp pubblicarono molta F. avventurosa, ma queste storie costituivano una piccola parte della loro produzione; le uniche pubblicazioni che presentassero regolarmente nuove storie con una forte componente scientifica erano i romanzi per adolescenti su un giovane inventore chiamato Tom Swift, scritti da vari autori che firmavano con lo pseudonimo William Appleton (38 volumi dal 1910 al 1935).