di Valerio Evangelisti
No, non darò l’indirizzo di questo sito (del resto facilmente rintracciabile da parte chi abbia lo stomaco di visitarlo). Contiene scene di violenza carnale da parte di marines statunitensi su donne irachene, con tanto di grida di terrore in sottofondo. Le immagini sono con quasi assoluta certezza dei falsi, peraltro ben realizzati. Le donne costrette ad atti sessuali, talora di un sadismo raccapricciante (e mi riferisco solo alla porzione del sito accessibile gratuitamente), hanno effettivamente nella maggior parte dei casi lineamenti mediorientali, mentre i sedicenti marines somigliano a dei Big Jim appena un po’ più flosci. Ma il punto non è se i fotogrammi siano ripresi dal vero (ripeto, sarei per escluderlo) oppure no.
Il punto è un altro, anzi, sono parecchi. In primo luogo vi è la denominazione stessa del sito: Puttane irachene, concetto che viene ribadito in un altro strillo: Sex Crazed Iraqi Bitches (Puttane irachene affamate di sesso). Le donne irachene sono dunque disprezzate in assoluto, e la violenza che subiscono – sia pure a livello di fiction– è presentata in chiave di costrizione, sì, ma anche di desiderio recondito che i virili marines finalmente soddisfano. In effetti, ciò coincide con la maniera in cui numerosi commentatori, anche italiani, hanno presentato la guerra all’Iraq nel suo complesso: una violenza necessaria per sprigionare desideri sepolti, con una risposta, da parte delle vittime / beneficiarie, al tempo stesso riluttante e vogliosa.
Un altro elemento interessante è l’insistenza, in varie didascalie, sulla sottomissione, riferita alle donne, certo, ma anche all’Iraq tutto intero. Chi ha concepito il sito ha pensato che ciò potesse essere di stimolo alla libidine di maschi americani con tendenze sadiche. Non solo la semplice umiliazione di povere donne, ma un’amplificazione della stessa nel quadro di un paese preso prigioniero, avvilito e calpestato. Il fruitore è dunque un pubblico a suo modo patriottico, però poco convinto quando il suo governo parla di una “liberazione” dell’Iraq. E qui il creatore del sito dev’essersi per forza richiamato a sentimenti abbastanza diffusi, altrimenti il suo stimolo (donne irachene = donne vinte) non avrebbe fatto presa.
L’ultimo elemento che citerò è facilmente desumibile dalle immagini, sia pure artefatte, del sito. Si tratti pure di modelle adulte e consenzienti, le donne raffigurate nelle foto sono qui e là sottoposte ad atti dolorosi, estranei a un esercizio normale della sessualità. Ora, la “liberazione” delle donne ci è stata ripetutamente presentata come uno dei moventi principali delle più recenti invasioni americane, con particolare riferimento all’Afghanistan (lo ricordava, nel solito stile pensoso e manierato, l’acuto Adriano Sofri su La Repubblica del 3 maggio, in cui invitava i liberatori dell’Iraq a impedire agli sciiti di rimettere il velo alle donne). Bene, personalmente inviterei i governanti degli Stati Uniti a iniziare la crociata da casa loro. Per un motivo pratico. Se a una donna musulmana (ma non solo) capitasse di posare gli occhi sul sito in questione, e notare come, senza impedimenti legali, è possibile sottoporre a sevizie accessibili a guardoni a pagamento una sua consorella occidentale, probabilmente si rifugerebbe sotto il burkha per nascondersi ai maschietti in cerca di Iraqi Whores.
Un’ultima annotazione. Come si lascia il sito di cui ho parlato sinora, si apre automaticamente un’altra finestra. Vi si vedono ragazze penetrate da cavalli, cani, maiali e altri quadrupedi. Il conato di vomito, che viene spontaneo, è respinto dalla naturalezza con cui questi animali si sostituiscono ai marines, quasi che ne fossero una variante.
Respingo però il pensiero, per non essere accusato di antiamericanismo. In realtà non è così. Ricordo le foto dalla Somalia, in cui un nugolo di soldati italiani teneva ferma una ragazza del luogo e la violentava con un razzo cosparso di crema (per non farle male, è ovvio), mentre un anonimo filmava il tutto. Se ben ricordo, nessuno dei colpevoli subì condanne. Magari adesso il cineasta dilettante gestisce il sito Somali Whores, capace di battere Iraqi Whores per realismo e qualità dell’ “umiliazione della femmina”. Se lo trovo vedrò di segnalarlo, in modo che voi maschi occidentali, bianchi e democratici, possiate masturbarvi con patriottica voluttà.