di Luigi Bernardi
Vado a tagliarmi i capelli. È mattina, abbastanza presto. Arrivo che non ci sono clienti. Solo un signore che parla con uno dei due proprietari. Si rimpallano delle cifre, in euro. Conosco la fede milanista del mio barbiere, gli chiedo se stia facendo una colletta per contribuire all’acquisto di Nesta. È concentrato sui numeri, non risponde alla mia battuta, di solito lo fa.
Mi sono già seduto su una delle quattro poltrone, l’altro barbiere mi copre di teli e asciugamani, mi invita a piegare la testa sul lavandino. Ho sempre la sensazione di avere i capelli sporchi, quando vengo a tagliarli. A volte me li lavo prima, per essere sicuro che siano puliti.
Il barbiere comincia a lavorare di forbici, imposta Ia misura che abbiamo pattuito. Da ragazzo chiedevo poco più di una leggera spuntata, adesso dico che li voglio giusti per una vacanza al mare. E non c’è volta che a un certo punto non lo inviti ad accorciare ancora di più le basette.
Saranno ormai quindici anni che vengo qui. Sono un abitudinario, in queste cose. La testa preferisco affidarla a qualcuno che conosco, di cui mi fido. Un po’ come i denti, e infatti ho la bocca disastrata, perché un dentista di fiducia l’ho trovato solo quando ero ormai alla soglia dei quaranta. Ho avuto tre barbieri, quattro medici, una quantità di dentisti, dai quali sono andato una volta solo, per poi cambiare subito.
Il barbiere lavora in silenzio. Non abbiamo molta confidenza, lui è arrivato da poco, a sostituire il socio anziano ritiratosi in pensione. Ha la faccia da bravo ragazzo, non mi convince, forse perché cerca sempre di vendermi una lozione. Se posso, me li faccio tagliare dall’altro, con il quale scivoliamo in scorpacciate di discorsi calcistici. A volte ci divertiamo anche.
L’altro barbiere però sta ancora parlando con il signore di prima. Si stanno accordando per mettere le luminarie natalizie. Esaminano i costi, determinano le quote sulla base di quanti negozi e uffici parteciperanno alle spese. Dopo un po’ mi sono appassionato, concordo sulla spilorceria di un’agenzia di assicurazioni, che non vuole aderire, salvo che poi godrà lo stesso delle luminarie, in quella strada stretta laterale di una via importante. Mi vengono in mente gli automobilisti che si facevano lavare i vetri dai polacchi, poi sgommavano via senza pagare.
Il barbiere mi sta ormai asciugando i capelli, sulla strada si è sentita un po’ di agitazione. Arriva un’ambulanza. Si ferma davanti al mercato. Due infermieri prendono la lettiga e si addentrano fra le bancarelle. Ho pagato, sono uscito, mi chiedo perché questa mattina non ci sia la donna che fa le cure delle mani e dei piedi. È giovedì, mi dico che forse è il suo giorno di riposo.
Da Zero in condotta.