Non si arrende. Il variegatissimo e imponente movimento pacifista non si ferma. Nemmeno davanti ai trionfali bollettini di guerra che scandiscono la presa di Bagdad da parte degli angloamericani. Il conflitto deve essere fermato, meglio tardi che mai. Da qui nasce la mobilitazione di sabato prossimo, 12 aprile. All’insegna della parola d’ordine Cessate il fuoco, l’invito è a scendere in piazza per dimostrare che la retorica di guerra non fiacca la resistenza non violenta, democratica e pacifista. Si manifesterà in tutta Europa, ma non solo: cortei e iniziative si terranno anche in Australia, Brasile, Corea del sud, Filippine, Messico, Nicaragua, Nuova Zelanda, Portorico, negli stessi Stati uniti. E l’elenco sembra destinato a crescere molto nei prossimi giorni.
In Italia, due gli appuntamenti principali: a Roma per il corteo nazionale, a Brescia per protestare contro la mostra di armi leggere Exa. Stamattina il comitato Fermiamo la Guerra, che organizza le manifestazioni, ha presentato alla stampa la sua piattaforma. In sintesi:
• in Iraq come nel resto del mondo la guerra non porta democrazia;
• la guerra uccide persone, natura, civiltà, diritti e democrazia;
• fuori l’Italia dalla guerra, nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione;
• l’Europa ripudi la guerra e agisca per la pace;
• l’Onu imponga il rispetto del diritto internazionale e della sua Carta che rifiuta “il flagello della guerra”.
Questa piattaforma e la manifestazione nazionale vogliono essere la risposta alla necessità di costruire una sintesi politica e di partecipazione alla grande mobilitazione diffusa che si messa in moto in tutta Italia con le mobilitazioni di massa, le iniziative di testimonianza, le azioni per ostacolare e boicottare la macchina della guerra. Gli obiettivi, per niente utopici, vengono riassunti dagli organizzatori in quattro punti:
• dare al movimento contro la guerra la possibilità di incidere sulla politica, nel tentativo di indicare alternative credibili alla forza delle armi.
• dare visibilità all’ampiezza e alla pluralità del campo contro la guerra, che rimane ampio e solido in Italia anche dopo l’evolversi del conflitto e che può allargarsi di fronte agli orrori presenti e prevedibili di questa guerra.
• dare una spallata al fronte della guerra, nei giorni in cui il governo aumenta (senza mandato e senza legittimità istituzionale) l’impegno dell’Italia nel conflitto verso la belligeranza attiva.
• costruire il massimo consenso politico e sociale intorno a una piattaforma politica per fermare la guerra.
Il che, tradotto per chi non si occupa a tempo pieno di antagonismo e pacifismo, significa mettere i piedi nel piatto della politica, per verificare se davvero un’altra Italia sia possibile. E’ la saldatura formale del cerchio fra il movimento new global e le mobilitazioni pacifiste, il tentativo di costruire un’alternativa alla dottrina dell’Impero neoliberista e guerrafondaio. Un tentativo per il quale vale la pena scendere in piazza.
Per saperne di più: fermiamolaguerra.it