di Paolo Chiocchetti
“I ROTS (Reactive Oxygen Toxic Species) o, come sono comunemente conosciuti, “radicali liberi“, rappresentano uno dei principali nemici contro cui l’uomo moderno, teso nello sforzo di migliorare la lunghezza e la qualità della propria vita, dovrà affinare le armi per vincerne i subdoli attacchi.” (tratto da http://www.o2o3.it/archive.htm)
Lo insegna la scienza, l’esperienza lo dimostra. D’altronde, basta dare una scorsa al loro programma elettorale del 2001 (http://www.radicali.it/programma2001) per capire che Pannella, Bonino, Capezzone e compagnia sono una punizione che Dio ci ha scagliato contro per dimostrarci che Egli esiste, e sa essere anche oggi collerico e vendicativo come ai bei tempi dell’Antico Testamento.
Riforma del mercato del lavoro all’insegna del “lavoro atipico” e dell’abolizione dell’Articolo 18; privatizzazioni; tagli a pensioni e sanità; attacco ai sindacati; americanizzazione della politica…. E fin qui nulla di particolarmente innovativo, nient’altro che triti sogni nel cassetto di un D’Alema, un Treu o un Maroni.
Se non fosse che i Radicali svolgono il ruolo di irriducibili pasdaran del turbocapitalismo con sconcertante ingenuità e sbandierato cattivo gusto. Resterà negli annali della telespazzatura un Pannella emaciato che, per costringere il Parlamento ad eleggere due giudici della Corte Costituzionale – voto bloccato dall’insistenza del Polo nel candidare il famigerato ex-guardasigilli Mancuso, e sbloccatosi con l’elezione… di Romano Vaccarella, amico di Previti e avvocato di Berlusconi – bevve in diretta tivù la propria urina.
“Anche se molto si dovrà ancora indagare sulla loro eziologia e sui meccanismi con cui agiscono, sotto certi punti di vista, questi pericolosi killers sono già piuttosto conosciuti. Sono atomi, molecole o frammenti di molecole dotati di grande reattività chimica a causa della presenza di almeno un elettrone libero (cioè non impegnato da legami).” (tratto da http://www.o2o3.it/archive.htm)
Schegge impazzite passate dalla coraggiosa difesa dei diritti civili negli anni ’70 (aborto, divorzio…) ad un fritto misto iper-liberista, che vede accostate le antiche battaglie anticlericali alle lotte perché ai più deboli venga concessa la libertà di morire di fame, i mobili ed infestanti Radicali (che, si può ben dire, mancano proprio di qualche elettrone) stanno negli ultimi tempi concentrando la propria attenzione sul Medio Oriente.
Per la gioia del Governo, che fatica a trovare italiani che appoggino questa guerra, figurarsi italiani che militino o che addirittura manifestino a favore della strage voluta da Bush e Blair. E per la disperazione di tutti noi. Ma usino Ferrara almeno, che in corteo fa più massa di 50 Pannella, non sporca, e mente con intelligenza!
Sinceramente convinti che gli Stati Uniti siano una grande democrazia dedita ad esportare la libertà e i diritti umani in tutto il mondo, i nostri eroi propongono un set completo di sagaci proposte, che vanno dall’ammissione di Israele nell’Unione Europea (proprio mentre sta compiendo un genocidio “a bassa intensità”), all’appello perché Saddam vada in esilio (giustissimo, se non fosse solo un paravento retorico per mascherare l’aggressione statunitense), alla riesumazione per l’Iraq dei nefasti mandati della Nazioni Unite, che dalla Prima Guerra mondiale fino alla rivolta anticoloniale hanno sancito il dominio occidentale sul Terzo Mondo. Con a capo, magari, Emma Bonino.
“Come dice il Prof. Sirtori, “I radicali liberi sono i subdoli partecipi di malanni vari, dall’arteriosclerosi all’infarto, dalle trombosi celebrali alle artriti, e sono anche responsabili dell’invecchiamento.”” (tratto da http://www.o2o3.it/archive.htm)
E mi ha quasi pigliato, l’infarto! Ieri mattina apro il Corriere della Sera e, in un trafiletto, trovo il seguente pezzo: “Roma, la “maratona” pro Usa – La musica di Bruce Springsteen fa da cornice alla no stop “Alleati con gli alleati, non c’è pace senza libertà”. La prima manifestazione pro Usa promossa a Roma per “denunciare i pericoli del falso pacifismo e ribadire le storiche ragioni di alleanza dell’Italia con le grandi democrazie occidentali”. Arturo Diaconale, direttore dell’Opinione, che ha organizzato l’evento in collaborazione con i Radicali, spiega di aver preferito “lo stile dello speaker’s corner di Hyde Park per rompere la congiura del silenzio””.
Subdoli lipoperossidi perossidati, sventolate pure le vostre bandiere a stelle e strisce grondanti di sangue, ma non azzardatevi a corrompere la memoria. Non azzardatevi a mettere le mani sul Boss.
Durante la campagna di rielezione del 1984, Ronald Reagan dichiarò in un comizio nel New Jersey: “Il futuro dell’America è racchiuso nei mille sogni dentro ai vostri cuori. E’ racchiuso nel messaggio di speranza che così tanti giovani ammirano: il messaggio del vostro concittadino Bruce Springsteen. E tutto il mio compito consiste nell’aiutarvi a far diventare quei sogni realtà”. Era appena uscito “Born in the USA“, che vendette più di 10 milioni di copie, e Reagan chiese ripetutamente di poter utilizzarlo come colonna sonora della propria campagna elettorale, tutta puntata sulla ricerca del voto della classe operaia bianca con parole d’ordine populiste e patriottiche.
Sprigsteen rispose che probabilmente il Presidente non aveva ascoltato bene le parole, e in un’intervista a Rolling Stone dichiarò: “Penso che quello che sta accadendo è che la gente ha voglia di dimenticare. C’è stato il Vietnam, c’è stato il Watergate, c’è stato l’Iran – le abbiamo prese, siamo stati strattonati e poi umiliati. E io penso che la gente ha bisogno di sentirsi bene nei confronti del paese dove vive. Ma quello che sta succedendo, penso, è che quel bisogno, che è una buona cosa, viene manipolato e sfruttato. E vedi gli spot per la rielezione di Reagan in TV – sai, “It’s morning in America” – e pensi, Beh, a Pittsburgh non è mattina. E non è mattina sulla 125esima Strada a New York. E’ mezzanotte, e sta sorgendo una luna cattiva.”
Perché Bruce Springsteen è l’ultimo grande cantore del sogno americano, dell’utopia di libertà, rigenerazione spirituale e ricerca della felicità che i grandi spazi dell’America offrono all’immigrato, all’uomo comune, al fuggitivo. Ma proprio nelle parole di “Born in the Usa”, la recessione e la guerra del Vietnam urlano il tradimento di quelle promesse, come pugni nello stomaco ai Reagan, Bush e Pannella di ogni tempo.
“Ho scritto questa canzone sulla guerra del Vietnam, voglio suonarla stasera come preghiera di pace.” (Palamalaguti, Bologna, 18/10/2002)
Nato negli U.S.A.
Nato in una città di uomini morti
Il primo calcio che presi fu quando toccai il suolo
Finisci come una cane bastonato troppo a lungo
Finché trascorri metà della tua vita solo cercando di ripararti
Coro
Nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Nato negli U.S.A.
Mi sono trovato in un mezzo pasticcio nella mia città
Così mi hanno messo in mano un fucile
Mi hanno spedito in terra straniera
Per andare a uccidere il muso giallo
Sono tornato a casa alla raffineria
Il mio datore di lavoro mi ha detto “Figliolo, se fosse stato per me…”
Sono andato a vedere un uomo della V.A.*
Mi disse “Figliolo, non capisci?”
Avevo un fratello a Khe Sahn
Combatteva contro i Viet Cong
Loro sono ancora lì, lui ormai non c’è più
Aveva una ragazza che amava a Saigon
Mi è rimasta una sua foto tra le braccia di lei
Giù nell’ombra del penitenziario
Fuori vicino alle esalazioni infuocate della raffineria
Sto bruciando da dieci anni giù in strada
Nessun posto dove correre, non ho nessun posto dove andare
Coro
Nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Nato negli U.S.A.
Sono un paparino veterano negli U.S:A:
Nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Sono nato negli U.S.A.
Nato negli U.S.A.
Sono un paparino che tira carretta negli U.S.A.
* (Veteran Administration = Assistenza Veterani)
Born in the USA
Born down in a dead man’s town
The first kick I took was when I hit the ground
You end up like a dog that’s been beat too much
Till you spend half your life just covering up
Chorus
Born in the U.S.A., I was born in the U.S.A.
I was born in the U.S.A., born in the U.S.A.
Got in a little hometown jam
So they put a rifle in my hand
Sent me off to a foreign land
To go and kill the yellow man
Come back home to the refinery
Hiring man said Son if it was up to me
Went down to see my V.A. man
He said Son, don’t you understand
I had a brother at Khe Sahn
Fighting off the Viet Cong
They’re still there, he’s all gone
He had a woman he loved in Saigon
I got a picture of him in her arms now
Down in the shadow of the penitentiary
Out by the gas fires of the refinery
I’m ten years burning down the road
Nowhere to run ain’t got nowhere to go
Chorus
Born in the U.S.A., I was born in the U.S.A.
Born in the U.S.A., I’m a long gone Daddy in the U.S.A.
Born in the U.S.A., Born in the U.S.A.
Born in the U.S.A., I’m a cool rocking Daddy in the U.S.A.