di Giuseppe Genna
22 gennaio 2000: a porte chiuse, nella sede del Council on Foreign Relation, uno dei templi di Henry Kissinger e dell’élite neoconservative, in piena Manhattan, si è fatto un gioco. Il gioco era un Risiko. Il Risiko più pericoloso degli ultimi anni: si trattava di un War Game, una simulazione di scenario mondiale, a cui parteciparono 75 eletti, tra cui l’ex direttore Cia James Woolsey. I risultati del War Game furono comunicati a 250 invitati prescelti, nell’àmbito di un convegno chiuso dal titolo assai significativo: The Next Financial Crisis: Warning Signs, Damage Control and Impact. I segni premonitori, il controllo dei danni e le conseguenze di una crisi planetaria dei mercati – così fu comunicato nel corso del convegno – aveva indotto i partecipanti del War Game a tre soluzioni fondamentali: un colpo di Stato contro il Presidente Usa, l’immissione di stratosferiche liquidità a vantaggio delle grandi corporate che sarebbero crollate per incapacità previsionale, e lo scatenamento di un conflitto a lunga durata per ripristinare un ordine mondiale sotto l’egida Usa.
Cos’è successo dopo quel War Game: George Walker Bush è stato imposto dalla Corte Suprema quale nuovo Presidente e la sua capacità decisionale è stata alleggerita a vantaggio di un pool neoconservatore dopo gli attentati dell’11 settembre 2001; con la crisi Enron è incominciato un dòmino finanziario a cui si è reagito tentando un’immissione anomala di flussi di liquidità a vantaggio delle grandi corporate, mentre a tutt’oggi la tenuta strutturale del mercato è messa in dubbio dall’ipotesi di una crisi sitemica definitiva che già Marx aveva previsto; infine, si è dato fuoco alle polveri di una catena di guerre che sembra destinata ad allungarsi indefinitamente. I risultati del War Game giocato dai signori del CFR sono usciti dall’àmbito ludico: si sono fatti storia. Una storia tragica.
Prima di raccontare come si sono svolti i fatti, quali nomi sono entrati in gioco e quali decisioni sono state adottate in questa inquietante riunione dell’élite, mi preme parlare di una questione di metodo. Desumo la segnalazione di quest’evento, per più versi fondamentale e non soltanto in senso emblematico, dalla lettura dell’ultimo libello di Maurizio Blondet, gironalista, Chi comanda in America, edito da Effedieffe. Maurizio Blondet è inviato di Avvenire, cattolico reazionario, noto per la serie Complotti, con cui si è accreditato quale esperto cospirazionista in Italia. Effedieffe, l’editore del libello di Blondet, è una casa editrice sulla cui statura parla il catalogo che propone: titoli quali Massoneria e comunismo contro la Chiesa in Spagna (1931-1939), Aborto. Il genocidio del XX secolo, Vita col Duce, Il Mistero della Sinagoga Bendata. Lo stesso Blondet ha scritto un testo dal titolo significativo almeno quanto quelli adesso elencati: Cronache dell’Anticristo. Ciò sia detto per essere chiari: mutuo la segnalazione circa il War Game del CFR da un libro scritto da un reazionario cattolico e pubblicato da una casa editrice di area fascista. (Detto per inciso: il libello è esattamente questo: un libello. Si avvicina, per malizia e cattiveria, ai Protocolli dei Savi di Sion, avanzando la tesi odiosissima che, dietro l’establishment americano si nasconde una lobby ebraica millenarista e razzista, i Lubavitscher, che ha infiltrato potentemente l’Amministrazione Bush e complotta per accelerare la fine del mondo. Come si vede, siamo a latitudini Martin Mystère, soltanto più gravemente pericolose). La questione di metodo si fa urgente quando poi si viene a sapere che Blondet sta praticamente traducendo un articolo (per la precisione, questo) a firma Richard Freeman, pubblicato il 28 luglio 2000 dall’EIR, rivista di intelligence internazionale facente parte del network di Lyndon LaRouche, personaggio ben più ambiguo e potente di Blondet, interessante soltanto in una prospettiva strumentale: almeno il 50% del suo database informativo sulle élites è affidabile – il problema è capire quale 50%. Comunque la notizia è vera, come conferma qui lo stesso CFR e come ribadiscono Ratical.org e Democratic Underground. Con un minimo di contrafforti in più, è quindi possibile addentrarsi in questa spirale tutta neoconservatrice ed elitaria.
In pratica: 75 persone divise in quattro gruppi hanno provato a simulare la crisi finanziaria totale, in un allegro gioco di ruolo destinato a diventare realtà. Uno dei gruppi (guidato da Jessica Einhorn, ex direttrice della Mondial Bank) assunse le funzioni della Federal Reserve. Il secondo gruppo impersonò il Ministero del Tesoro. Terzo gruppo: le autorità che si occupano dei “regulative matters” – Antitrust e commissioni governative. James Woolsey, l’ex direttore della Cia, guidò le decisioni del quarto gruppo, quello dedito alla personificazione delle autorità di Sicurezza nazionale. A guidare il War Game era Peter Schwartz: un’autorità nel campo della strategic vision, consulente e organizzatore di giochi di ruolo per Royal Dutch Shell, multinazionale del petrolio. Tra i partecipanti, l’unico europeo che si conosce per nome è Hannes Ansrosch, ministro delle finanze di Vienna dal 1970 all’81, di fede socialdemocratica.
Ed ecco lo svolgimento del gioco, i processi e gli esiti che presero corpo durante quell’incontro durato due giorni:
– Lo scenario iniziale: crollo dell’indice Dow Jones da 10.000 a 7.100 punti; prezzo del petrolio che schizza a 36$ al barile; crollo della divisa monetaria Usa nei confronti di euro e yen; bancarotta dell’Ucraina, impossibilitata a pagare le forniture petrolifere da parte della Russia e rischio di conflitto tra le due nazioni, entrambe nuclearizzate; fallimento di Lloyd Assurance e conseguente devastazione del mercato dei derivati.
– Prima mossa dei “giocatori del Council on Foreign Relations: il loro gruppo assume i poteri del Presidente degli Stati Uniti. Il primo atto è dunque un colpo di Stato: si sostituisce il governo eletto democraticamente con un comitato di affari che ne assume i poteri segretamente. Il Presidente non viene deposto con violenza: viene di fatto tenuto in ostaggio, sembra che sia lui ad assumere le decisioni cruciali e invece fa soltanto da marionetta del gruppo di golpisti.
– Seconda mossa: violazione totale delle regole di mercato. Il soccorso ai mercati finanziari si configura come golpe finanziario. Le autorità borsistiche di tutto il mondo non consentirebbero l’operazione pensata dal CFR. Che è questa: massicce iniezioni di liquidità agli speculatori rovinati dalla crisi, per potere fare fronte alle insolvenze ciclopiche senza svendere il proprio portafoglio di titoli a prezzi di liquidazione sul mercato in caduta libera. Durante la simulazione, i golpisti “contattarono la banca d’affari J.P. Morgan e proposero che la Federal Reserve aprisse una vasta linea di credito agli speculatori falliti. La Morgan si sarebbe assunta l’eccesso di collaterale, ma non avrebbe assunto il rischio di credito, che sarebbe rimasto a carico della Federal Reserve. La Mondial Bank accettò. Al convegno seguito al War Games, così Jessica Einhorn presentò la soluzione adottata: “Abbiamo tenuto aperti i mercati principali, lasciando cadere tutto il resto. Abbiamo abbassato i tassi di interesse e iniettato liquidità. Bisognava creare l’illusione della fiducia. Tutto ciò che il pubblico avrebbe visto era che il volume dei prestiti garantiti dalla federal Reserve alle banche era cresciuto”. Cosa significasse “lasciare cadere tutto il resto” lo spiegò il gestore centrale del War Game, Peter Schwartz: “Per esempio, tutti quelli che in Africa hanno l’Aids devono morire il più presto possibile. Non devono essere tenuti in vita”: sarebbero costati troppo ai mercati principali.
– Terza mossa: aumento del tasso di conflittualità nel mondo. Sotto le etichette di “guerra di reazione” o “guerra preventiva”, si sarebbe dato inizio allo scatenamento di un lungo conflitto multinazionale. Proposta illuminante dell’ammiraglio a quattro stelle William Flanagan, comandante della flotta atlantica Usa tra il ’94 e il ’96, esimio partecipante al gioco di ruolo.
Tre mosse decise e decisive: è quanto accaduto dall’elezione di George Walker Bush, passando attraverso l’11 settembre 2001, la crisi Enron e Worldcom, il conflitto in suolo iraqeno. Fu proprio il CFR a iniziare la campagna di opinione a favore della guerra all’Iraq: creò nel 2001 la Indipendent Task Force on America’s Response to Terrorism – un think tank che il 6 novembre 2001, in totale mancanza di prove contro Baghdad, consigliò a Bush jr di attuare una vasta strategia diplomatica a favore di un attacco all’Iraq.
Ultima modesta sottolineatura: al War Game del CFR non fu prevista la partecipazione del governo francese e subito fu messa all’angolo la Germania, che iniziava a prendere una deriva preoccupante per i golpisti nipotini di Kissinger.
Morale immorale: giocare a Risiko in una pozza di sangue non è una metafora letteraria. E’ accaduto davvero. E il tavolo di gioco è diventato una nazione. E siccome a Risiko vengono rappresentati soltanto i carrarmati, e non uomini donne e bambini, in piena coerenza col Risiko il gioco attuale passa sopra un fattore antieconomico e ignorabile come l’umanità.