Da anni ormai l’America eietta dai suoi scaffali librari il meglio e il peggio di una plausibile controinformazione. La controinformazione, che finalmente sta tornando anche in Italia a essere una voce ascoltata pubblicamente, ha risentito come altre discipline di una globalizzazione selvaggia e di un clamoroso gioco a rimpiattino tra le polarità del vero e del falso. Antica tradizione, anch’essa partecipe di questa divaricazione fondamentale tra meglio e peggio, la controinformazione ha mantenuto, da una parte, nobiltà di intenti e sapienza di visuale (si pensi, qui da noi in Italia, all’opera coraggiosa di Gamberetti Editore); d’altra parte, essa ha invece nutrito ogni genere di speculazione deteriore, finendo per risultare omogenea alle logiche di controllo di massa e alimentando i pregiudizi che, a fronte di una produzione che accomuna ogni genere di reazionariato, hanno smesso presto di essere pregiudizi: sono diventati giudizi, giudizi di valore, e specificamente di condanna nei confronti di voci che vanno dal millenarismo più bieco al nostalgismo fascista più pittoresco e pericoloso.
Ciò non toglie che mettere le mani nel fango, forse, è utile per ricavarne elementi di fattualità da ricomporre poi secondo intelligenze che, obbligatoriamente, visto la situazione sociale composita e complessa in massimo grado, non possono che essere intelligenze collettive. Servono molte capacità, eterogenee competenze, sguardi diversi e penetrazioni a livelli differenti di profondità per fare fronte al mare magno di informazioni e strategie che il Potere dispensa con generosità. Per fare un esempio concreto, consideriamo il caso di Who’s Who of the Elite : Members of the Bilderbergs, Council on Foreign Relations, & Trilateral Commission, aggiornato al 2000 da Robert Gaylon Ross Sr. ed edito da Rie. E’ il peggio del peggio del complottismo che il reazionariato diffonde quale antivirus contro la coscienza democratica. Sono i liquami più marcescenti della teoria della cospirazione. E quindi il punto diventa: evitiamo il fango? Ci mettiamo le mani? Cosa ne estrarremmo, in caso di schifosissimo scavo?
La materia è delicata. E’ delicata ideologicamente, è delicata pragmaticamente, è delicata eticamente, politicamente, intellettualmente, psichicamente, financo spiritualmente. Nel caso si apra e si parli di un simile testo, si rischia di andare incontro a equivoci di ogni genere: non è che abbiano tutti i torti a darti del fascista, se ti metti a parlare di una pubblicazione del genere. Chi te lo fa fare? Risposta: il monitor. Non nel senso del catodo che irradia le sottili politiche di condizionamento imposte da un premier che equivale a un cattivo allucinogeno. L’intellettuale può sottrarsi da un’opera di monitoraggio a 360°? Ognuno dia la risposta che vuole. Per quanto concerne lo scrivente, tale risposta è negativa. Ecco, quindi che cosa si trova in Who’s Who of the Elite di Robert Gaylon Ross Sr.
Primo: si trova la solita tesi che esiste una colpa, che esistono gli Oscuri Maestri Superiori, occulti e palesi, mestatori nel segreto, dirottatori del popolo planetario, signori della Storia.
Secondo: si trova la solita tesi che questi congiurati potentissimi sono ebrei.
Terzo: si trova la solita tesi che questi Padroni del Mondo utilizzano una tecnocrazia di stampo anglosassone per condurre il nostro pianeta al ritorno del Cristo Secondo, o dell’Anticristo, o del cazzo di Helter Skelter che sarebbe la Fine.
Ecco, a fronte di queste tesi ci ritraiamo schifati? No. Proviamo ad andare a fondo. Anzitutto perché il Who’s Who dell’élite è un elenco di nomi interessanti. Vale la pena, forse, di militare interiormente per una decina d’anni studiandosi libelli farneticanti sulla Trilateral Commission, mentre chiunque ti dà del complottista e del libellista farneticante, per osservare che, come se nulla fosse, l’ex fantomatica Trilaterale annuncia la convocazione all’hotel Gallia di Milano tre anni fa. Con ovvia manifestazione di quelli di Forza Nuova davanti al suddetto hotel: ecco dove uno sfiora i rischi e gli equivoci. Poi però quell’uno che sfiora i rischi riesce rocambolescamente a infilarsi tra i 150 esclusivissimi invitati al convegno a porte chiuse. E lì controlla che le liste che lui ha in mano, nomi e nomi di stronzi noti nel pianeta e di emeriti sconosciuti dai cognomi olandesi complicatissimi da copiare sul quadernetto, sono davvero lì, in carne e ossa. Ehi, guarda Henry Kissinger! Ehi, che ci fa qui Xavier Solana? Ehi, c’è pure Carlo De Benedetti! E Agnelli? No, Agnelli no.
Ecco l’imbarazzo di colui che vorrebbe fare controinformazione. Per anni si è ciucciato la merda più surreale e fastidiosa dell’intera editoria mondiale (pazzi cristiani fondamentalisti, ex scientologi, fuoriusciti schizofrenici che raccontano del Reverendo Moon, massoni deviati o meno, gente della finanza che raccapriccia e inquieta). Per anni si è sentito dare del destro e del fascio. Per anni chiunque lo ha bollato, nelle occasioni di massima gentilezza, come completamente matto o semplicemente bizzarro e spostato. Ed ecco che ora si trova davanti Henry Kissinger con i famosi Congiurati. Ecco che due anni dopo esce un documentario intitolato The Trial of Henry Kissinger, con tanto di documantazione scritta da Christopher Hitchens che si trasforma in America in un successo editoriale (esce ora, qui in Italia, da Fazi). Ecco che è vero che dall’11 settembre 2001 il signor Henry Kissinger – e le sue sordide strategie per mandare in vacca il pianeta a favore di un club dei ricchi ristrettissimo – tornano al centro dell’attenzione pubblica dopo un ventennio di silenzio.
Che fare? Lasciarsi in mano alle frange degli psicotici parareligiosi che urlano “al complotto!” negli speaker corners offerti dall’editoria internazionale?
Più semplicemente, sempre secondo personalissime declinazioni, è forse il caso di annotarsi i nomi dei partecipanti alle riunioni a porte chiuse (Davos e dintorni) di CFR e consimili “associazioni culturali” fondate dai Rockfeller o dai Rotschild. Senza tante menate filosofiche o antimillenariste, questi luoghi del potere hanno un ruolo storico: sono semplicemente lobby al lavoro per controllare i mercati, il petrolio, le linee guida della geopolitica.
Questi nomi meritano di essere conosciuti. Che in maniera più o meno sulfurea penetrino poi nella cultura pop, è al momento un fatto secondario. Importa adesso il fatto che anche questi figli di puttana abbiano dato il contributo per scatenare un conflitto permanente che, a prezzo delle vite di migliaia di innocenti, gioca con le derive finanziarie e con il potere dei soliti noti. E’ un bene che gli ignoti che contano entrino nel cerchio di luce dell’attenzione collettiva.
Sono anch’essi colpevoli.
Sono assassini.
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