Il diavolo, probabilmente, non va al cinema. Il cinema, invece, dal diavolo ci è andato spesso. I neopuritani si incazzano, quando dal grande schermo emana un inconfondibile puzzo di zolfo. Anni fa, per fare soltanto un esempio di candida innocenza, Franco Cardini tuonò contro l’impostazione teologica che irradiava da Il Re Leone. Teologia disneyana? Esoterismo cartoon? Il Dio degli eserciti li schiera, oltre che in Iraq, anche nelle multisale? La questione va affrontata, se non altro per evitare che gente come Messori o Budget Bozzo mettano il naso nella SF o nell’horror (avrebbero tra l’altro i titoli per farlo, essendo espertissimi in orrore). E’ uscita, per l’editrice Medusa, una raccolta di saggi e interviste di Michel De Certeau, grande storico di scuola foucaultiana: La lanterna del diavolo. Cinema e possessione (6,50 euro). E’ un libretto straordinario: il diavolo è più attraente di quanto si immagini…
De Certeau e il Satana laico: il frastuono dell’umanità
di Giuseppe Genna
“Frastuono oceanico degli uomini”: forse Michel De Certeau non era consapevole, mentre à la Hugo sintetizzava la totalità dell’antropico, di sprigionare forze così antitetiche alla sua visione dell’umano. Visione dopotutto irenica: non perché non si facesse carico dell’inquietante – visto che nell’occasione si agitava nel cerchio magico del diabolico -, ma perché in De Certeau l’ecumenismo passa, in maniera ben più esplicita e ingenua che in Foucault, attraverso la considerazione assoluta dell’umano, del suo libidico, del suo emotivo, del suo mentale e anche del suo “sottile”. Il “frastuono oceanico degli uomini” è dopotutto ciò che importa a questo fenomenologo dell’impossibile e del quotidiano. Il punto focale dell’indagine di De Certeau circa le possessioni e il satanico è in realtà un’attenta ricognizione auditiva di quel frastuono: così nei testi che seguono, essenziali in ogni senso, vengono intercettate folgoranti e compromesse epifanie di Penderecki, di Bosch, di Monteverdi, le quali si accalcano, aeree come vapori sulfurei, accanto a parasacrali cerimonie i cui sacerdoti hanno nomi altrettanto parasacrali, da Russell a Polansky, da Boorman a Bresson – appunto mostri sacri, esattamente come si dice che siano mostri sacri Kali, Dioniso, il Guardiano della Soglia e, infine, Lucifero.
Detto questo, bisogna demolire De Certeau, se non altro dal punto di vista teoretico – direi ontologico –, poiché la contraddizione in cui cade l’autore di L’invention du quotidien corre come un brivido irrisolto lungo la colonna vertebrale di tutta la filosofia occidentale post-seicentesca. Il punto è questo: secondo De Certeau, ogni qualificazione – sociale, politica, libidinale – evoca per absentia il fantasma del suo contrario. Siccome il qualificato generico è, in questo caso, ciò che De Certeau etichetta come “sistema tecnocratico”, con valenze eminentemente scientiste, ecco la critica che dovrebbe risolvere l’annoso problema del Male: “L’assenza di uno spazio simbolico, in cui possano esprimersi lo smarrimento dell’immaginazione e gli esili degli spiriti in regioni non ‘sorvegliate’ dalla scienza, crea queste apparizioni diaboliche del fantasma ai margini e nelle crepe del sistema disciplinare. Se i segni di un’altra dimensione dell’esperienza umana si sono trasformati in demoni, ciò è avvenuto perché il lavoro della ragione ha assunto una forma dogmatica, totalitaria e, alla fin fine, irrespirabile”. Voliamo basso: l’assalto di De Certeau al Male, occultato con lo scetticismo ecumenico con cui il terapeuta guarda fatalista alla malattia del proprio paziente, equivale grossomodo all’aggressione al Bene formulata da Feuerbach. Sono antichi travestimenti del materialismo: un materialismo, certo, più spugnoso e atmosferico, parcellare, intrusivo e “spirituale” rispetto a quello volgarizzato dal senso comune. Comunque, materialismo. Sia ben chiaro: nella prospettiva qui adottata, risulta materialista anche la concezione prepuberale della Chiesa – diciamo da Nicea in poi – per cui il Male, che è anche esterno, diviene soprattutto esterno. Così lo spettro del Male evocato dal Sistema, individuato da De Certeau con abilità cognitiva impagabile, coincide con lo spettro che tanto spaventa il filosofo contemporaneo: il fantasma della propria fine, che è la rimasticatura laica di un’ulteriore categoria gnostica, quella della kenosis, della quale noi in Italia abbiamo avuto solare esempio grazie a quella barbogia pseudosapienziale di Sergio Quinzio.
Per questi e altri motivi, dobbiamo semplicemente accontentarci e sognare. De Certeau sarebbe stato un perfetto esegeta di Fight Club, il film che Fincher ha tratto dal capolavoro di Palahniuk: lì Satana non è effettivamente invocato, ma l’emersione dell’Arcaico nel contemporaneo si manifesta comunque, con esotismi da helter skelter che hanno affascinato soprattutto la generazione zeppata che fa da cliente ai vari “Space Trip” e alle librerie esoteriche di sincretico carisma. Bisognerebbe ragionare un po’ più criticamente sulla generazione che ha eletto Fight Club a proprio culto; si scoprirebbe, per esempio, che è la stessa generazione che ha eletto il culto a propria sessualità, consumando con agile nonchalance le pagine dedicate da Crowley e Randolph alla Magia sexualis. Insomma: ci manca un De Certeau, al giorno d’oggi. Tuttavia, non è l’unica mancanza che lamentiamo. Per esempio, ci manca un Eckart, una Porète, un Reghini e, in altri àmbiti, un Alighieri, un Bruno, un Bacone, uno Hugo. Davvero? No: non è che manchino i Maestri, come accusava Guénon: è che spesso non li si riconosce. Colpa nostra. In questa amissione sta tutta la verità sulla possessione, su Satana e sul Male che De Certeau non individua.
“Colpa nostra” è la verità più profonda, ma al tempo stesso banale e già disvelata, del mito sincretico della Caduta. Non è plausibile in questa sede motivare e svolgere a pieno il discorso che andrebbe fatto, evidenziando che, nel momento in cui percepiamo il satanico, dovremmo chiederci cosa in noi di simile al satanico risuoni – il che, sia chiaro, è il più profondo significato esoterico della “tentazione”. Possiamo soltanto limitarci a rilevare come la critica moralistica, la teoria delle cospirazioni, la batteria tradizionalista e cattolica (tutti avversari teoretici di De Certeau) ignorino di fatto che il Male è sempre una proiezione dell’Interiore – come del resto ogni universo che venga percepito. Eppure, come si diceva, anche De Certeau cade nella stessa illusoria trappola intellettuale: a lui interessa il “frastuono oceanico degli uomini” e non gli passa minimamente per il cervello di ragionare su chi è l’orecchio che percepisce quell’abominevole e gioioso roboare dell’umanità tutta.
Il problema, quindi, è angolatura, prospettiva, intenzione interpretativa (un’interpretazione molto diversa da quella che fa da perno ai foucaultiani e che pure produce categorie di straordinaria sostanza). Siccome l’argomento in questione tocca anche il cinema, a maggiore ragione dovremmo riflettere sul fatto che i massimi Rsi del Novecento – Ramana Maharshi in testa – segnalano proprio il cinema come allegoria totale del nostro rapporto metafisico con la realtà (e con la Realtà): noi vediamo il mondo credendoci, assentendo con tutti noi stessi, prestando fede per un atto di inconsapevolezza e ignoranza a cui supplisce un trasporto emotivo e intellettuale ad alta intensità, proprio come da spettatori guardiamo un film su grande schermo e ci dimentichiamo in ogni istante la domanda sul nostro statuto effettivo di spettatori (altrimenti non ci godremmo il film, dopotutto). E’ su questo trasporto proiettivo che lavorano i cineasti a cui De Certeau fa riferimento. Che il diavolo ci metta la coda è del tutto superfluo; ciò che importa è lo stato psichico – complessissimo, intricato e vibratorio – con cui ci si approccia alla visione. Non si riesce a spiegare come Satana faccia capolino dal grande schermo: domanda a cui De Certeau dà una risposta perfetta; nel frattempo, ci si scorda di chiedersi cosa sia in effetti Satana. La continuità tra Potere e Volontà di abbattimento del Potere si può spiegare soltanto in questo modo.
L’analisi di De Certeau – che pecca nel fatto di dare per scontato, in base a un’incontestabile effettualità, che l’uomo davvero esista – chiude nell’antropologico l’esplosione dei funghi atomici fatti deflagrare dal Male. Se stiamo a questa storia, che è per l’appunto una storia tra le moltissime che si possono raccontare credibilmente intorno al “frastuono oceanico degli uomini”, la vicenda mostra delle tappe irrinunciabili, a proposito delle quali De Certeau mostra una competenza assoluta: per esempio, la stregoneria “si propaga dall’ultimo quarto del XVI° secolo (1570, Danimarca; 1575-1590, Lorena, ecc.) al primo terzo del XVII° (1625, Alsazia; 1632, Wurtzburg e 1630, Bamberga, ecc.) con dei prolungamenti fino al 1663 nel Massachusetts, al 1650 a Neisse (Sassonia) e al 1685 a Meiningen (Sassonia). Essa imperversa in Francia (Bretagna, Franca Contea, Lorena, Alsazia, Savoia, Poitou, Béarn, ecc.), in Germania (Baviera, Prussia, Sassonia), in Svizzera, in Inghilterra, nei Paesi Bassi, ma non, sembra, in Spagna o in Italia (tranne che nella regione di Como). Durante il periodo che Lucien Febvre considerava come quello della grande ‘rivoluzione psicologica’, tra il 1590 e il 1620, la stregoneria sembra tagliare in due l’Europa: il nord, dove è presente in grande abbondanza, ed il sud, in cui compare raramente”; mentre la possessione diabolica “compare inizialmente in punta di piedi, con casi isolati, come quelli di Nicole Aubry, Jeanne Féry, e soprattutto Marthe Brossier (1599). Trova un modello nel processo di Gaufridy ad Aix-en-Provence (1609-1611), orchestrato ben presto dal libro che sarebbe circolato ovunque, definendo il nuovo genere: la Histoire admirable de la possession et conversion d’une pénitente…a opera di padre Sébastien Michaelis (Parigi, 1612). Seguiranno altre ‘possessioni’: soprattutto quella di Loudun (1632-1640), quella di Louviers (1642-1647), quella di Auxonne (1658-1663), ecc.”.
Questa storia è sospetta. Anzi: questa è la storia del Sospetto. Chi volesse moltiplicare i sospetti, ignorando che già pane e pesci furono più autorevolmente moltiplicati, può compitare il Saggio sul satanismo a cura di Massimo Introvigne, il più prestigioso e competente tra gli esperti in nuove religioni che il nostro pianeta possa schierare attualmente. C’è da rimanere sconcertati davanti alla tesi di Introvigne: il satanismo non ha origini poi così arcaiche. Qui si discende in un edificio psichico piranesiano: quello del relativismo culturale, che è peraltro l’arma in mano a De Certeau – ma anche l’arma che gli viene puntata addosso. Lo sciamanesimo, per esempio, è satanico per la Chiesa? E per i rabbini? Il tantrismo sacrificale è diabolico? E se sì, per chi? La tradizione unica è il nemico del Vaticano? L’esorcismo secondo il rituale cattolico comporta scorie di Maligno per la massoneria esoterica? L’immondo bacio anale dei Templari è immondo per i curati di campagna, ma a Memphis, negli Usa, è ugualmente sconcio? La vicenda implausibile di Léo Taxil, che non si è ancora capito cosa fosse, se satanista massone o partigiano del cattolicesimo tradizionalista, vale come parabola laica della manifestazione del Nemico nel mondo. E ancora si deve comprendere fino a che punto consideri di natura satanica i demoni che ha incontrato Egon von Petersdorf, estensore di una Demonologia che riporta, di colpo, la Chiesa nel cuore del Mistero che sembra plurisecolarmente ignorare. Assistere al malinconico spettacolo di don Gabriele Amorth, a capo della congrega esorcista, mentre urla al diavolo a proposito della conversione di Milingo alla chiesetta di Moon è, in fin dei conti, pietoso. Un po’ come è pietoso mettersi ad ascoltare i severi moniti di padre Balducci che discetta di Beatles, Metallica e “backward masking”. In questo senso è molto meglio affidarsi alle parole di De Certeau, alla sua mappatura dell’immaginario concreto, alle indicazioni rigorose circa L’Esorcista, genialmente interpretato alla luce dell’antiscientismo piuttosto che del satanismo. Sarebbe tuttavia educativo interrogare De Certeau sui confini dello scientismo, che lo studioso sembra individuare come categoria fondante del nostro contemporaneo. A proposito del sequel dell’Esorcista, l’assai sottovalutato L’Eretico, De Certeau porta alla stretta finale il suo ragionamento: “Boorman ha voluto mostrare che l’anti-scienza poteva farsi strada proprio grazie agli stessi metodi scientifici. La tecnica ipnotica diventa così, nelle mani della dottoressa Tuskin, il mezzo col quale un progresso psicoterapeutico sfocia nel suo contrario, permettendo la comparsa di ciò che gli sfugge”. Non c’è tanto da essere sicuri riguardo a questo capitolo della storia dello scienticismo: le terapie funzionaliste, che nel giro di un decennio soppianteranno completamente il setting psicoanalitico, nascono da protocolli di ricerca sul cosiddetto “Mind control”. Oggi si sa che è così: basta consultare quel poco di documenti declassificati dal governo Usa per rendersi conto che il progetto “MK Ultra” fu effettivo e che ha figliato parecchie terapie inquietantemente benigne (per esempio, l’EMDR, acronimo di Eyes Movement Desensization and Reprocessing). La calata nello psichico è in stretto contatto, come è ovvio, con le apparizioni dell’Avversario. Un capitolo importante della teoria dei complotti, per esempio, segnala la mamma dell’antropologia, Margareth Mead, accanto a Charles Manson, omicida e satanista (almeno si dice così) di Sharon Tate, dolce consorte di Roman Polansky, a sua volta regista in odor di zolfo (si va da Rosemary’s Baby all’ultimo La Nona Porta).
Se si sta a ventre piatto sulle incursioni (od occursioni) del diabolico nel contemporaneo, si apre un libro che conta un numero di pagine equivalente alla somma dei giorni che ha visto l’umanità intera. Questo è un lavoro per fascinatori, per affascinati, per affascinandi. Del fascino De Certeau ha scritto, e parecchio. Forse è tra le sue parole più laiche, quindi, che potremo fare attraccare l’aggressivo e piratesco bastimento costituito dalle riflessioni sul satanico che seguono.
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