di Redazione
E’ stato come sperimentare la macchina del tempo: uno preme un bottone e, pum!, torna indietro al ’94. Una macchina del tempo a disposizione di tutti gli italiani: ierisera è bastato a chiunque sintonizzarsi sul Tg1 per fare un balzo indietro di nove anni e trovarsi a vivere surreali momenti che non avrebbe mai più desiderato rivivere. Che momenti? Questi: gli sterminati monologhi del futuro premier Silvio Berlusconi, azzimato con la calzamaglia in faccia e l’aureola sfumata, il maquillage perfetto, le rughe che non si vedono, la libreria inutile con i tomi mai letti alle spalle, lo stesso vestito (che, quando l’Idiota è allegro, viene sostituito con la mise sportiva: maglioncino girocollo bluetto). Ecco, in pieno 2003, Silvio Berlusconi viaggia impazzito per il tempo: un po’ è nel ’94, quando diede il via alla sua sciagurata santificazione plebiscitaria; un po’ è nell’Argentina peronista; un po’ è nel Ventennio mussoliniano; un altro po’ è Francesco Crispi; il restante del tempo è direttamente nell’anno 33 dopocristo, nei panni del Messia.
Perché questo è stato l’intervento di ierisera, incipit inglorioso del telegiornale del pubblico servizio, di cui quasi tutti voi pagate il canone (quindi: non pagàtelo). L’Idiota dostoevskijano che governa i propri affari e pretende di farli coincidere con i nostri ha fatto questo: ha convocato i responsabili Rai e ha loro consegnato una videocassetta con un messaggio alla nazione, senza contrappunto di domande giornalistiche, senza contraddittorio, senza niente. Ha attaccato i giudici, pronunciando il pronome “io” nei luoghi precisi in cui doveva dire la parolina magica (per noi, non per lui): “Costituzione”. Mai la tv ha fatto schifo come ieri sera. La tv fa schifo; la tv che trasmette questi obbrobri fa schifo ancora di più.
E’ impressionante. Questo ridente brianzolo in pieno delirio di onnipotenza convoca i dirigenti Rai come fossero pony express e consegna loro un vhs in cui Lui comunica quel cazzo che vuole al Paese tutto. Esiste la possibilità straordinaria, ma garantita per legge, che i presidenti dei due rami del Parlamento, oltre a quello della Repubblica, decidano di parlare all’Italia a reti unificate. Il premier non può farlo. Attualmente, però, può fare di ben peggio: può diramare le sue paturnie a sei reti unificate. Perché l’Idiota dostoevskijano questo ha fatto: ha convocato i dirigenti Rai insieme a quelli di Mediaset – e li ha trattati da galoppini. Ora, i dirigenti Mediaset possono effettivamente essere trattati come galoppini da Berlusconi: infatti sono i suoi dipendenti, è lui che paga loro lo stipendio. Ma la Rai è un servizio pubblico. La Rai è un servizio pubblico. La Rai è un servizio pubblico. La Rai è un servizio pubblico. La Rai è un servizio pubblico. La Rai è un servizio pubblico. Non sappiamo più come dirlo, santiddio (non Berlusconi, invochiamo proprio Dio, quello tradizionale): LA RAI E’ SERVIZIO PUBBLICO.
Non entriamo in merito all’angosciante portato politico di quanto il premier ha sproloquiato nella sua oceanica differita tv. Qui parliamo di televisione e continuiamo a farlo: è scandaloso che una testata giornalistica ospiti un diktat in forma di annuncio istituzionale senza la minima mediazione. Ma dov’è l’Ordine dei Giornalisti? Dov’è l’Usigrai? Dov’è la Federazione Nazionale della Stampa Italiana?
C’è servilismo e servilismo: la leccaculaggine indegna e gridata, che ha in Emilio Fede il suo alfiere d’eccezione; c’è la sfrenatezza piaciona tenuta a briglie non sciolte, come quella di Angelo Panebianco sul Corriere di stamattina; e poi c’è la piaggeria silenziosa, multiforme, differenziatissima. Di quest’ultima patologia sembrano essere afflitti ampi settori delle istituzioni pubbliche. E’ uno scandalo argentino quanto è successo ierisera. E’ necessario che i protagonisti argentini di questo scandalo (dal signor Berlusconi al direttore del tg1) si assumano le proprie responsabilità.
Gad Lerner, l’unico protagonista della tv italiana che il critico Thobias Jones ha salvato nella sua perfetta fenomenologia del catodo nostrano, un paio di anni fa era al posto di Mimun: dirigeva il tg1, organo giornalistico al servizio del pubblico – una rilevanza eccezionale, che non c’entra nulla con l’audience che si raccoglie, ma c’entra col fatto che la Rai è un ente di Stato. Beh, Gad Lerner si dimise perché il suo anchorman era stato criticato per un servizio choccante sul traffico pedofilo: una denuncia civile straordinaria, che poteva fare discutere in merito ai toni e non in merito al merito. Il signor Mimun, esponente di potenti lobby, non ci pensa affatto a dimettersi: mentre dovrebbe proprio fare un passo indietro. Magari per precipitare direttamente nell’abisso incivile che il suo amico premier ci sta spalancando sotto i piedi e in Parlamento.