di Nico Macce
Un anno è passato dalla caduta del governo Yanukovich in Ucraina, da Euromaidan. Da quella che tutti i media occidentali avevano annunciato come la seconda rivoluzione arancione per la democrazia.
Un anno denso di atrocità in quei luoghi e infarcito di menzogne e censure da parte dei principali media nostrani.
Non è mia intenzione ripercorrere le tappe di questa vicenda. Ci sono siti e blog che sono già molto esaustivi. Piuttosto ritengo importante inquadrare questa sporca e irresponsabile guerra creata dai poli imperialisti USA e UE dell’Alleanza Atlantica, in un disegno più ampio che si va formando in Europa e più in generale a livello internazionale.
Se menzionerò qualche dato è per i più pigri, che non hanno voglia di andarsi a documentare, ma che rischiano così di non avere la dimensione reale di quello che ritengo essere il rischio più grande di guerra su vasta scala che il pianeta stia correndo dalla seconda guerra mondiale ad oggi.
Il golpe.
Quando l’anno scorso gli USA hanno attuato il golpe di piazza Maidan in Ucraina, con la complicità attiva dei paesi NATO e dell’UE, lo scopo era quello di iniziare l’attacco alla Russia estendendo il controllo NATO fino ai confini russi e mettendo in crisi il governo di Putin con lo scopo di rovesciarlo.
È stato così abbattuto un governo che, per quanto corrotto e dominato da oligarchi regionali, era stato regolarmente eletto dai cittadini di quel paese.
Mentre i nostri media decantavano le folle di rivoltosi a piazza Maidan, ergendola a simbolo di una sorta di rivoluzione democratica e civile, ciò che stava accadendo, in realtà, di civile non aveva nulla.
I media occidentali riprendevano giovinette con mazzi di fiori e poliziotti schierati a difesa del palazzo, mentre in quella piazza entravano in scena veri e propri gruppi paramilitari nazisti. Le tv di altri paesi hanno mostrato una violenza inaudita da parte di questi manifestanti: bombe di fuoco sulla polizia, colpi di arma da fuoco, tutte pratiche di guerriglia che se messe in opera da manifestanti a Roma o a Berlino, avrebbero legittimato le repressioni più sanguinose da parte dei paesi “democratici e civili”.
Sopra i tetti di alcuni palazzi dei cecchini sparavano un po’ agli uni e un po’ agli altri. Chi li ha organizzati? Successivamente sarebbero emerse le vere responsabilità, meno che ovviamente per le opinioni pubbliche occidentali. Oggi è evidente che la cosa fu organizzata dai servizi di intelligence statunitensi e dei suoi alleati.
Così è stato realizzato un golpe contro un governo debole e divenuto impopolare, ma che poteva benissimo essere in discussione con regolari e democratiche elezioni. Qualcuno però mirava a ben altro.
L’avvento di un vero e proprio stato nazista in Ucraina.
USA-NATO-UE si sono serviti di gruppi paramilitari nazisti, regolarizzati poi in forze militari come il Battaglione Azov, nel momento in cui il sud est dell’Ucraina a prevalenza russofona si è ribellato al golpe.
Per mesi e mesi i media occidentali hanno filmato fiori per i “martiri” a piazza Maidan, decantandoci le qualità democratiche del nuovo “governo popolare”. In realtà per il 40% della popolazione ucraina, quella russofona, iniziava un incubo: il russo veniva abolito come lingua nazionale. I golpisti riportavano sul trono della storia ucraina il peggior collaborazionista dei nazisti nella seconda guerra mondiale: Stepan Bandera. Iniziavano i pogrom contro le opposizioni, il partito comunista in particolare.
Pensate forse che da Washington e dalle cancellerie europee si siano levate voci critiche, quanto meno per riportare su un piano più civile il colpo di mano, comunque fascista a prescindere dai metodi?
Neanche per idea. Sin dall’idea iniziale il progetto era di puro terrore per creare nel paese quelle condizioni che avrebbero potuto portare a una reazione della Russia.
Le ragioni del referendum popolare della Crimea per tornare (e sottolineo tornare) nella Russia, così come le ragioni della ribellione nella Novorossia vanno lette in questo contesto. Per queste popolazioni russofone, per milioni di cittadini antifascisti, o comunque non fascisti, Euromaidan è stato molto peggio del nostro 8 settembre del 1943.
I fatti ci dicono che i pogrom e gli attacchi nazisti hanno portato, come accennavo, la Crimea, regione ucraina che era russa prima di Kruchev, a un referendum per essere annessa alla sua madre patria originaria.
Una risposta democratica e responsabile da parte di quella parte di popolazione che potremmo definire società civile, di fronte alla furia reazionaria degli squadroni paramilitari golpisti. Infatti, il referendum è stato condotto con mezzi democratici, anche se USA e alleati non ne hanno riconosciuto il valore, urlando all’annessione da parte di Mosca.
Le potenze occidentali non vedevano l’ora di iniziare con la seconda fase: quella dell’escalation, un attacco in crescendo contro la Russia.
L’escalation contro la Russia, le sanzioni, la guerra economica contro il rublo.
Inizia così la politica delle sanzioni. Col senno di poi si può sostenere che la strage di Odessa, derubricata dai media embedded occidentali, come scontro tra tifoserie, sia servita proprio per innescare una risposta da parte delle opposizioni russofone.
Questa strage fatta da gruppi paramilitari nazisti alla Casa dei sindacati di Odessa il 2 maggio di un anno fa, rappresenta uno dei peggiori episodi terroristici avvenuto in Europa dal secondo dopoguerra a oggi, paragonabile agli eccidi della guerra nella ex-Yugoslavia, voluta anche questa dagli USA del “democratico” Clinton e dalle principali potenze NATO, sostenuta dal governo D’Alema e spacciata per “missione umanitaria”.
Alla Casa dei sindacati, decine di persone vennero bruciate vive con un attacco incendiario che ha mandò a fuoco l’edificio. Chi cercava di salvarsi buttandosi all’esterno, veniva finito senza pietà con ogni mezzo, arma taglio o da fuoco, mazze. Sterminio che è proseguito all’interno sui superstiti.
Nel sito del Corriere della Sera si leggeva: “Trentotto persone sono morte in un incendio scoppiato nella città ucraina di Odessa e legato ai disordini tra manifestanti filo russi e sostenitori del governo di Kiev“. Una formulazione che sembra costruita ad hoc per non lasciare intendere ai lettori che il rogo fosse doloso, né far capire chi fossero gli aggressori e chi le vittime.
Ma molto peggio faceva l’Unità (di cui non si sente certo la mancanza), imputando addirittura la responsabilità dell’incendio alle vittime: “Un numero consistente di persone ha perso la vita nell’incendio della sede dei sindacati, messa a fuoco dai separatisti filorussi“.
(citati dall’Huffington Post)
Di questa vicenda il governo di Kiev non ha mai reso conto.
Questo crimine, così come i pogrom e il regime di terrore nazista in tutto il paese è stato occultato dai media occidentali alle proprie pubbliche opinioni. Una disinformazione che dall’altra parte riprendeva le veline di Kiev per proseguire l’attacco alla Russia.
Questo è il contesto nel quale è iniziata la Resistenza nella Novorossia con la creazione delle Repubbliche di Lugansk e di Donetsk.
Mentre con lo sviluppo di una legittima risposta armata nelle regioni a prevalenza russofona, il territorio ucraino si riempiva di contractors occidentali, Putin in realtà ha mantenuto una posizione di estremo equilibrio.
La partecipazione russa al conflitto ucraino è a tutt’oggi nella misura di alcune migliaia di volontari dalla Russia, come logica risposta dei cittadini di quel paese alla carneficina nei confronti del popolo fratello.
L’escalation per destabilizzare la Russia di Putin, si è servita di due tools essenziali: le sanzioni, in un crescendo di settori e personalità politiche e dell’economia russa colpite, e successivamente dell’attacco economico e monetario mirato nei confronti del rublo (iniziato con l’operazione di abbassamento del prezzo del greggio) con lo scopo di creare malcontento e instabilità verso il governo di Putin.
Il resto è storia di queste settimane: una guerra nell’est Ucraina che sta costando oltre 50 mila morti, in gran parte civili. Una responsabilità di una gravità inaudita per l’Occidente, la Casa Bianca e i governi dell’Unione Europea.
Aver dato il Nobel per la pace a Obama è come aver dato quello per la medicina a Mengele.
Perché tutto questo?
Arriviamo al cuore della questione. Perché se c’è un’incongruenza in tutta questa vicenda, è nell’atteggiamento dei paesi europei. Infatti, la cessazione dei rapporti con la Russia ha chiuso di fatto lo sbocco per l’UE a un mercato essenziale, le sanzioni hanno fatto perdere miliardi di euro all’Europa. D’altra parte, questo clima di guerra che chiamarla fredda è un eufemismo, ha costretto la Russia a rivolgere la sua strategia economica, finanziaria ed energetica verso altre aree di mercato come la Cina, la Turchia, l’Iran e l’India. Ma quel che è peggio, il conflitto ucraino ha reso concreta la possibilità di una guerra dell’Alleanza Atlantica con la Russia, una grande potenza nucleare e militare. Oltre questo: una terza guerra mondiale.
Ancora una volta i media sono i protagonisti di un’opera di falsificazione, questa volta sulla pericolosa portata di questo conflitto, trattato come una guerra regionale com’era stata quella nei Balcani. Un’operazione sulla percezione stessa del reale pericolo verso le pubbliche opinioni.
È evidente come siano stati gli USA il principale attore di questa spinta a una catastrofe bellica di dimensioni mondiali. Questa escalation è stata creata e imposta ai suoi alleati, da chi oggi vede vacillare la sua egemonia in una crisi di sistema di dimensioni planetarie, in una competizione globale sui mercati, sul controllo delle risorse primarie, sulla supremazia del dollaro messa in discussione da potenze emergenti come i BRICS.
Una scelta criminale che supera gli equilibri internazionali su cui s’è retta una pace tra potenze basata sulla deterrenza nucleare, su una miriade di guerre locali, per procura, sull’onda lunga di un keynesismo ormai tramontato e persino oltre la fine del socialismo reale.
Questo è il passaggio che apre a scenari inquietanti.
L’attacco alla Russia come strategia di contenimento dell’imperialismo europeo.
Alla crisi di egemonia gli USA rispondono portando due guerre. Infatti all’Ucraina si affianca l’Isis, il califfato nero in piena espansione dal Medio Oriente del triangolo Irak, Siria e Turchia al Nord Africa: una creatura dei servizi di intelligence della Casa Bianca dei paesi NATO e delle petromonarchie.
Due guerre: una nel continente suo alleato, il polo imperialista che poteva dare problemi sui mercati e con la moneta. L’altra guerra, si sta meglio delineando in questi giorni in Libia, con la creazione del califfato dell’Isis a Sirte. Dunque, ancora l’Europa, con il suo fronte sud. Entrambi riguardano i flussi energetici, gas e petrolio verso il vecchio continente. Curioso vero? Ancora più curioso se apprendiamo che il 75% delle infrastrutture del gas in Ucraina è stato acquistato da company statunitensi. Il che significa avere in mano i rubinetti del gas.
Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere conto di tutto questo all’alleato d’oltreoceano. E invece no. Tutto tace fino a quando la guerra contro la Russia diviene variante concreta del conflitto ucraino, ossia, quando due settimane fa l’annuncio di Kerry: noi daremo le armi a Kiev, non fa volare i premier dei due principali paesi europei, Germania e Francia (al netto di un soprammobile: la Mogherini, che la dice lunga sulla debolezza della politica estera dell’UE) a Mosca e a Kiev e poi a Minsk per portare a casa una tregua seppur fragile e rimandare quello che non hanno facoltà di procrastinare all’infinito.
Ma perché questo atteggiamento subordinato dei partner europei?
Perché in questa farsa di democrazia occidentale, i governi dei paesi europei sono dei servi organici a Washington. Ogni tanto ringhiano pretendendo a sé un po’ di protagonismo come la Francia. Ma nel complesso accettano tutto, anche il TTIP, il trattato di libero scambio tra UE e USA che legherà l’UE mani e piedi alle multinazionali statunitensi. Sono un “dio minore” di oligarchi, di élite capitaliste capaci dei peggiori massacri sociali contro le proprie classi lavoratrici e popolari, ma incapaci di costruire una reale autonomia economica e politica nei riguardi delle élite egemoni statunitensi.
Questa subordinazione ha trovato la sua massima espressione nella questione ucraina, nell’accettare l’eventualità di un conflitto su vasta scala nel proprio continente.
La guerra è già qui e ora.
Possiamo tranquillamente affermare che il golpe di un anno fa a Kiev ha rotto un tabù durato oltre 60 anni: quello della deterrenza del terrore. Chi sta conducendo questa pericolosissima partita sulla pelle di miliardi di persone e del pianeta, ovviamente non ha messo in conto un conflitto termonucleare. Gli apprendisti stregoni di questo gioco molto pericoloso hanno solo intenzione di svuotare dall’interno il potere dei loro avversari, sperando di rovesciare chi oggi siede al Cremlino esattamente come è stato fatto con Yanukovich. Ma paradossalmente la loro aggressività dà più forza al nuovo zar di Mosca. Ciò porterà i suoi avversari ad aggiungere di volta in volta un passo in più verso la guerra. Fino al punto di non ritorno.
Oggi, se c’avete fatto caso, non si parla più di “missioni umanitarie”. La guerra è una parola ben definita, accettata, persino esibita come possibilità del tutto legittima. Un lessema quotidiano che rende del tutto nomale e possibile questa eventualità.
Siamo già in un’era di barbarie.
Le future generazioni, se saranno uscite dalla realtà ribaltata dei nostri media, dove le vittime sono carnefici e viceversa, considereranno questi governanti alla stregua dei gerarchi nazisti che hanno condotto la comunità internazionale alla seconda guerra mondiale.
Ma per una seconda Norimberga, se ci sarà ancora il genere umano, dovremo pensare a ben altro che a un cambio di governo.
Questi stati criminali, queste classi dirigenti di nani irresponsabili che giocano in borsa come nei vari teatri del conflitto, vanno abbattuti con la più ferma mobilitazione popolare.