di Franco Ricciardiello
Appena il comitato che assegna il premio Nobel per la Letteratura comunica il vincitore, il francese Patrick Modiano, si scatena la consueta bagarre di commenti: chi è? un illustre sconosciuto, uno scrittore che solo altri scrittori leggono, quand’è che verrà riconosciuto il merito di Philip Roth/Thomas Pynchon/Murakami Haruki (chissà perché, quasi sempre uno scrittore U.S.A.).
Premesso che Pynchon è secondo me LO scrittore del secolo, credo che la notizia dell’assegnazione del Nobel andrebbe accolta con un altro atteggiamento. Dovremmo cioè domandarci: PERCHÉ non conosco Patrick Modiano dal momento che almeno 10 suoi libri sono disponibili in catalogo sul mercato italiano, tradotti e pubblicati da una prestigiosa casa editrice come Einaudi?
Il primo pregiudizio da rimuovere è quello per cui il Nobel per la Letteratura sia un premio assegnato al miglior scrittore dell’anno; falso: le regole di assegnazione fanno riferimento al testamento di Alfred Nobel, che oltre cento anni fa istituì il premio mettendo a disposizione i fondi anche per gli anni a venire. Testualmente, Nobel scrisse: “inom litteraturen har producerat det utmärktaste i idealisk rigtning”, uno scrittore che abbia prodotto un’opera di rilevante impatto ideale.
Seconda considerazione: il premio viene assegnato SOLO a persone viventi, proprio per il suo carattere di “borsa di studio” che dovrebbe mettere in condizioni il vincitore di continuare a scrivere senza preoccupazioni materiali, e leggendo tra le righe: senza che debba adattare la sua opera al gusto del pubblico. Per questa ragione non sono mai risultati vincitori autori la cui influenza si stende sui secoli, come Tolstòj o Proust.
Forse l’atteggiamento giusto è quello assunto da alcuni addetti ai lavori che negli Stati Uniti si sono domandati per quale ragione, ogni volta che il vincitore è un non-anglofono, i lettori americani scoprono di averlo sentito nominare raramente; la risposta non sorprende: nel 2013, di oltre oltre 60 mila titoli pubblicati sul mercato U.S.A., solo 524 sono titoli tradotti da lingue estere, un campione corrispondente allo 0,80% circa, apparso quasi esclusivamente presso case editrice minori. Se applicassimo un criterio di reciprocità, si potrebbe pubblicare in Italia qualche decina di autori statunitensi ogni anno…
Patrick Modiano è invece un autore facile da leggere in Italia, al contrario di quanto si potrebbe pensare; tra gli ultimi romanzi, apparsi in Francia al ritmo di uno ogni anno, o ogni biennio, almeno tre sono reperibili nelle maggiori librerie; si tratta di “Bijoux” (La petite Bijoux, 2001), “Nel caffè della gioventù perduta” (Dans le café de la jeunesse perdue, 2007) e “L’orizzonte” (L’horizon, 2010), tutti e tre nel catalogo Einaudi.
Questo autore di origine italiana (il padre era toscano, la madre fiamminga) ha fatto di Parigi il teatro di una poetica amara, esistenziale, che parte dal dettaglio di un gesto, un pensiero, un evento per arrivare a una condizione generale nella quale il lettore di qualsiasi angolo del mondo si può riconoscere.
I tre romanzi hanno in comune il tempo e il luogo di ambientazione: Parigi negli anni sessanta/settanta, con un passaggio nel presente della narrazione, ai giorni nostri. La città viene vissuta, calpestata, percorsa in ogni direzione; il lettore potrebbe seguire su una piantina i movimenti dei personaggi, il loro peregrinare tra un caffè e un altro, tra una libreria e un alberghetto, che danno alla storia un senso della dimensione fisica.
“Bijoux” è un’indagine personale e particolare, una giovane donna scopre che la madre creduta morta forse è ancora viva e abita a Parigi; è una storia di pedinamenti e appostamenti, ma soprattutto un recupero del proprio passato che si arricchisce di particolari minuti e lontani nel tempo.
“Nel caffè della gioventù perduta” è la ricostruzione di un personaggio femminile, la giovane Jacqueline, che negli anni della bohème esistenzialista, attratta dagli intellettuali che frequentano un caffè della Rive Gauche, cerca di trovare un senso alla propria vita.
“L’orizzonte” infine è la storia del transito a Parigi di una giovane di origine bretone ma nata in Germania, che arriva nella capitale francese per allontanarsi da uno stalker, diremmo oggi, e che il destino (in realtà una carica di polizia contro una manifestazione) fa incontrare con il futuro scrittore Jean Bosmans. La narrazione procede per strati di eventi, cambia direzione almeno tre volte nel corso della trama, e non solo per l’alternarsi di due punti di vista, ma perché l’elemento della persecuzione fa irruzione a vicenda già avviata.
Tutti i protagonisti di Modiano hanno in comune uno sforzo per recuperare il passato, per ricordare a distanza di tempo; questa della memoria è la principale preoccupazione dell’autore, reduce da un rapporto infelice con i genitori (a sua volta argomento di altri suoi libri precedenti): i suoi personaggi tentano di interpretare il significato di avvenimenti che risalgono a quarant’anni prima, al tempo della gioventù perduta appunto, nell’intento di trovare un senso dove non può essercene, perché a volte anche nella letteratura la vita è un accumulo casuale di fatti. I tre romanzi appaiono molto pensati e molto costruiti, con punti di vista plurimi, numerose analessi e prolessi che comunicano al lettore un sapore di ineluttabilità. Il passato è chiuso, immutabile; non così la memoria e la sua interpretazione, e forse è persino ipotizzabile (come nel finale di L’orizzonte) un tentativo di recupero. Il passato e il presente sono comunque sempre nettamente separati da un trauma che ha segnato la vita del protagonista, il vero ostacolo alla ricomposizione della sua coscienza.
Questa poetica della memoria individuale diventa collettiva nel momento in cui la trasformazione dei personaggi nel tempo è misurata su quella della città: brasserie e librerie che chiudono l’attività, macchine da scrivere che lasciano posto ai computer, inquilini che abbandonano gli appartamenti lasciando traccia solo nel ricordo del portinaio. Parigi è descritta come una città immensa, simbolo del mondo moderno, un organismo vivente abitato da protagonisti che si muovono da un capo all’altro della metropoli, dal passato al presente; lo sforzo della memoria invece procede in senso inverso finché la città, la Parigi che è la reale vincitrice del Nobel per la letteratura, emerge finalmente da questo complesso diagramma di relazioni spaziali e temporali, svelata dal lavoro amaro del pensiero.