di Alessandra Daniele
Da quando ha subito la millantata accelerazione renziana, la politica italiana non è mai stata così immobile. Da settimane non succede niente di concreto, solo vacue chiacchiere su quanti senatori non eletti possano danzare sulla capocchia d’uno spillo, e su come debbano essere scelti, a simpatia, a sorte, a cazzo.
Ogni residua parvenza di dialettica democratica è stata azzerata come neanche durante gli anni del berlusconismo imperiale, l’unico ruolo ormai concesso alla cosiddetta opposizione è quello di questuante che piatisce per un’udienza del sovrano – magari in streaming – durante la quale fingere di discutere cose già decise altrove da un pezzo.
Caduta così la maschera dell’intransigenza isolazionista, il Movimento 5 Stelle è pateticamente ridotto a mendicare appuntamenti sempre più mortificanti. Quello di giovedì scorso gli è stato rifiutato. Ma tanto Di Maio aveva judo.
Per cercare d’essere ricevuti almeno oggi, i grillini avevano dovuto rispondere a un questionario dichiarando di concordare col governo otto volte su dieci. Stamattina però sono stati di nuovo respinti e umiliati con un pretesto: il questionario andava compilato per iscritto. Con la lingua.
Nonostante il coro dei media mainstream si mantenga fanaticamente renziasta (renziano entusiasta) la natura politicamente truffaldina del personaggio diventa ogni giorno più evidente, eppure il consenso popolare non cala. Renzi è l’infusione Stamina della politica, la maggior parte di quelli che ci credono lo fa per disperazione, perché lo considera l’ultima spiaggia.
Questa è la sua forza, e anche la sua debolezza.
Intanto, la data di consegna definitiva delle Riforme Strutturali si allontana nel tempo, come quella di tutte le faraoniche ”Grandi Opere” montate solo per speculare sugli appalti. I cento giorni iniziali sono diventati mille, cioè tre anni.
Farà prima ad andare in onda la quarta stagione di Sherlock.
E anche la quinta.
Il discorso col quale Renzi l’ha annunciato al Parlamento era uno sproloquio da studente paraculo che, non sapendo un cazzo della materia su cui è stato interrogato, trascina il discorso sulle poche cose che invece più o meno ha studiato, che si riassumono in una serie di luoghi comuni da dépliant turistico su Firenze, Dante Alighieri, e Lorenzo il Magnifico.
Tutti i suoi discorsi sono così. Infatti l’imbarazzante performance s’è ripetuta con poche varianti questa settimana al Parlamento Europeo.
Al netto dei vaniloqui turistico mitologici, e della piccola stizzosa sceneggiata antitedesca, Renzi ha confermato nella sostanza l’adesione a tutte le solite regole di austerità che nella forma ha finto di contestare. Gli italiani che non se ne sono ancora resi conto, perché distratti da rigori fantasma e terzini cannibali, lo capiranno quando arriverà la già prevista prossima stangata.
La televendita europea ha però segnato anche il primo vero errore d’immagine fatto finora da Renzi, che solo d’immagine consiste: la scelta dell’archetipo di riferimento più sfigato dell’Epica, Telemaco, l’inutile figlio di Ulisse che ne sposa l’ex amante Circe, e finisce suicida.
Ogni riferimento alla borghesia ex berlusconiana che Renzi ha sposato è puramente freudiano.