di Fabrizio Lorusso
Da 52 giorni lo studente e attivista ventitreenne Jorge Mario González García sta facendo uno sciopero della fame nel penitenziario oriente di Città del Messico e le sue condizioni di salute stanno diventando drammatiche. Mario è stato catturato dalla polizia della capitale messicana lo scorso due ottobre. Quel giorno ci sono stati oltre 100 arresti, in maggioranza arbitrari, e forti scontri tra i manifestanti e la polizia in diverse zone della città durante la manifestazione commemorativa della strage di stato del 2 ottobre del ’68 in Piazza Tlatelolco. Mario è sotto processo per “attacchi alla pace pubblica” che sarebbero stati provocati durante la manifestazione del #2OctMX. Si tratta di una fattispecie giuridica piuttosto generica che si presta a interpretazioni e manipolazioni e in cui può rientrare una varietà di comportamenti: infatti, viene usata comunemente da parte delle autorità per arrestare le persone che partecipano alle manifestazioni di piazza e i dissidenti politici senza badare troppo alla forma e al rispetto dei diritti. Mario è stato arrestato insieme ad altri dieci compagni dalla polizia della capitale nel pomeriggio del 2 ottobre, prima che cominciasse la manifestazione, quando il gruppo si trovava su un bus. E’ stato sicuramente un arresto preventivo, al di fuori di qualunque idea di “stato di diritto”.
In una retata della polizia, i ragazzi sono stati catturati e identificati e poi sottomessi a vessazioni e torture. Sono stati picchiati e aggrediti anche con scariche di pistole elettriche, nonostante non abbiano opposto resistenza all’arresto. Più tardi, solo varie ore dopo, Mario è stato presentato in questura ed è stato messo a conoscenza delle accuse contro di lui. Mario è perseguitato dalle autorità ormai da tempo perché è anarchico e ha preso parte a vari movimenti e atti di contestazione in passato: ha partecipato alla riforma dei piani di studio delle scuole superiori CCH (Colegios Ciencias y Humanidades) dipendenti dalla UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México), al movimento studentesco che negli ultimi anni s’è inimicato le autorità universitarie e ha ricevuto una denuncia, poi lasciata cadere perché era stata fabbricata, per aver presumibilmente danneggiato un negozio nel contesto di una manifestazione studentesca. Ha anche partecipato nel 2013 all’occupazione del rettorato della UNAM che ha scatenato un conflitto tra l’università e gli studenti delle scuole secondarie, anche se alla fine tutte le “questioni” legate alla sua militanze sono state risolte a livello giudiziario senza ulteriori problemi.
L’8 ottobre scorso, dopo il pagamento di una cauzione, tutti i prigionieri del 2 ottobre sono usciti. Anche Mario ha messo piede fuori dal penitenziario, ma è arrivata subito la beffa: appena uscito dal Reclusorio Oriente è stato di nuovo arrestato perché considerato “socialmente pericoloso”. Da allora ha cominciato uno sciopero della fame che ha deciso di mantenere fino alle ultime conseguenze. Nel frattempo le autorità e una parte dei mass media hanno declassato la protesta a un semplice “digiuno” per sminuirne la portata.
La cattura e l’imprigionamento di Mario González, come lui stesso ha scritto in un comunicato apparso il 27 novembre sul blog del suo comitato di sostegno, sono “delle cose assurde”, delle “enormi menzogne”, visto che le autorità “si rifiutano di riconoscere ciò che è ovvio: che questa non è altro che una vendetta politica”. Inoltre, denuncia González, ex alunno della scuola superiore CCH Naucalpan: “Qui e anche nel reclusorio sono stato costantemente torchiato per iniziare a mangiare, ma ho potuto continuare lo sciopero della fame comunque”. Con questa protesta Mario cerca di uscire di prigione e di affrontare in libertà il suo processo.
Nell’udienza del 26 novembre il giudice Marcel Ángeles Arrieta non ha risolto la sua situazione giuridica come ci si aspettava dato che non ha concesso all’imputato la libertà e ha rimandato la decisione al 10 dicembre anche se per quella data lo stato fisico del prigioniero potrebbe risultare compromesso permanentemente. Inoltre la giudice considera che Mario ha un profilo di “alta pericolosità sociale” per cui, malgrado i capi d’accusa siano per crimini “non gravi”, deve restare in carcere.
Il difensore di Mario, l’avvocato dell’associazione Liga Primero de Diciembre Guillermo Naranjo, ha sottolineato come durante l’udienza non si siano potute presentare le prove in difesa di Mario, non si è arrivati a nessuna conclusione e meno a una sentenza perché i poliziotti chiamati dal PM che avrebbero dovuto testimoniare contro lo studente non si sono presentati, pur essendo stati avvisati per tempo. “Nessun poliziotto si vuol prendere la responsabilità di farlo condannare. Lui semplicemente si trovava dove sono successi i fatti, lì dicono che c’erano varie persone e in seguito ricompare in questura col PM che gli appioppa accuse e responsabilità”, ha spiegato Naranjo.
Il principio della presunzione d’innocenza è stato accantonato e neutralizzato a favore di una non dimostrata “pericolosità” del prigioniero, e questo rappresenta un retrocesso evidente nella difesa dei diritti umani nel paese, soprattutto perché non ci sono elementi chiari nell’accusa e meno ce ne sono per poterlo condannare e rinchiudere. Pertanto lo stesso avvocato sospetta che il processo si stia allungando oltremodo perché Mario starebbe “sfidando” l’autorità con il suo sciopero della fame.
Naranjo spiega in questo modo la situazione: “Purtroppo, e questo prova che c’è una linea da seguire, il magistrato ha fissato una nuova udienza per il 10 dicembre, dimenticando che Mario è immerso in un processo sommario e che la data doveva essere fissata nei cinque giorni successivi per poter essere posticipata, nonostante lei sapesse che Mario sita facendo lo sciopero della fame. Se non si presentano di nuovo, i poliziotti dovranno pagare una multa, ma a noi non interessa questo, ci interessa che si porti a termine l’udienza. Che bisogno c’è di spostare due volte l’udienza di qualcuno che è accusato di un delitto sommario, non grave, perché i poliziotti non sono venuti? Sarà che non possono sostenere quanto dicono?”.
Il 27 novembre in conferenza stampa la madre di Mario González, Patricia García Catalán, ha rilasciato alcune dichiarazioni contundenti sulla battaglia di suo figlio: “La mia posizione di fronte alla decisione di mio figlio di portare avanti uno sciopero della fame è di rispetto e solidarietà totali, mio figlio è un uomo molto cosciente e autocritico. E’ un militante sociale, una persona con ideali, con progetti e davvero penso che dal momento del suo arresto, che è stato arbitrario, hanno provato a generare in lui indignazione. Perché trattarlo così se lui non fa male né colpisce nessuno? Quel che ha fatto è semplicemente alzare la voce e dire ‘adesso basta’”.
Tanto Patricia García come suo figlio hanno detto che la giudice María de los Ángeles Arrieta, responsabile del caso, ha sostenuto che per dargli la libertà sarebbero dovuti arrivare degli ordini “dall’alto”. Pertanto la famiglia di Mario, le reti social, la stampa indipendente e i cittadini si stanno mobilitando affinché “dall’alto” si proceda a rispettare i diritti umani e si correggano gli errori (probabilmente in mala fede) del sistema penale, della polizia e della sua famigerata macchina giudiziaria: la “fabbrica dei colpevoli”.
Isabel Varela, una professoressa che ha dato lezioni a Mario, ha attribuito la responsabilità di questi abusi a “Miguel Ángel Mancera, sindaco di Città del Messico; a José Narro Robles, rettore della UNAM, perché cinque giorni prima del suo arresto lo aveva minacciato tramite un documento presentato dall’avvocato generale dell’università; al procuratore di giustizia della capitale per non fare il suo lavoro come deve; alla Commissione dei Diritti Umani della capitale che ha fatto finta di niente e che nulla ha fatto per Mario; alle giudici Celia Marín Sasaki e Marcela Ángeles Arrieta e al direttore del Reclusorio Oriente, Ermilio Velázquez, che ha contribuito alla tortura più grande ai danni di Mario”.
Effettivamente lo scorso 22 novembre lo studente è stato trasferito, contro la sua volontà, dal carcere all’ospedale del quartiere di Tepepan e lì i dottori hanno cercato di farlo mangiare con la forza. Mario, invece, ha resistito, continua con la sua protesta e non ha accettato l’alimentazione artificiale. Il medico dell’attivista, Sebastián Ponce, ha descritto così le sue condizioni a 50 giorni dall’inizio dello sciopero della fame: “Mario González è debilitato fisicamente, con una pressione arteriale bassa, dolori di stomaco e nausea; diminuzione drastica del peso e sensazione di freddo per la perdita di grasso e massa muscolare; ha perso 15 kg e se continua così nei prossimi giorni presenterà un danno epatico, renale e circolatorio, il che potrebbe compromettere il suo stato emodinamico e quindi la sua vita”.
Su YouTube si sta diffondendo un video intitolato ¡Mario libre! Súmate a la exigencia per “esigere la libertà di Mario González, che è stato arrestato arbitrariamente sul trasporto pubblico il #2octMX”. Si moltiplicano anche le iniziative per le strade e i picchetti di protesta, mentre su Twitter l’hashtag #MarioLibre è il riferimento per informarsi e diffondere iniziative su questo caso che sta diventando un banco di prova e una spina nel fianco per il sistema di giustizia e per lo stesso sindaco di Città del Messico, Miguel Ángel Mancera. Blog di Mario: http://solidaridadmariogonzalez.wordpress.com/
Altri articoli in italiano: Andrea Spotti su PopOff.Globalist & Radio Onda D’Urto